Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Nuove 'immagini' cerebrali per affrontare la neuroinfiammazione

Un team di ricercatori sta cominciando a vedere esattamente com'è la risposta alle minacce nel cervello a livello cellulare e molecolare.

Queste nuove informazioni, compresa la scoperta che un modello di stress sociale può aumentare l'infiammazione tra le cellule cerebrali, dovrebbe fornire nuovi indizi su come la reazione allo stress colpisce le risposte infiammatorie e comportamentali. E può anche fornire nuovi bersagli per terapie farmacologiche nella lotta continua a ridurre la depressione e l'ansia.

Gli scienziati dell'Istituto di Ricerche di Medicina Comportamentale dell'Università di Stato dell'Ohio hanno riferito i risultati sull'ultimo numero del Journal of Neuroscience. John Sheridan, professore di biologia orale, e Jonathan Godbout, professore assistente di virologia molecolare, immunologia e genetica medica, si sono serviti di colonie di topi per le loro scoperte. Gruppi di topi che vivono insieme hanno adottato rapidamente una gerarchia dalla posizione dominante a quella subordinata. Questo sistema vagamente politico controlla l'interazione tra gli animali. Una volta che questi modelli erano stati implementati, i ricercatori hanno poi aggiunto un altro topo, molto aggressivo per il mix, per un periodo di due ore al giorno per disturbare la gerarchia sociale.

Senza un posto dove nascondersi, i topi sono stati costretti ad entrare in conflitto con il nuovo aggressore. Dopo tre soli episodi con l'aggressore, i topi originali hanno mostrato chiari segni di ciò che i ricercatori hanno chiamato "comportamenti simili all'ansia". Questo tipo di esperimento crea un "disordine sociale" all'interno del gruppo di topi ed è ampiamente utilizzato per simulare lo stress psicologico. "Questi animali non possono fuggire, quindi devono resistere e combattere", ha spiegato Sheridan. "Facendo così, sono sconfitti ripetutamente, creando una condizione chiamata 'impotenza acquisita', una condizione strettamente collegata alla depressione". Quello che hanno visto Sheridan e Godbout è stato che l'ansia persisteva negli animali per lungo tempo dopo la cessazione degli episodi stressanti di sconfitta. "Per due o più settimane dopo che abbiamo fermato l'aggressore, potemmo ancora vedere questo comportamento simile all'ansia", ha detto Sheridan.

Le scoperte vere sono arrivate quando i ricercatori hanno analizzato ciò che stava accadendo nei cervelli degli animali e nella loro risposta immunitaria. "Abbiamo scoperto che negli animali stressati, un certo tipo di cellule immunitarie (cellule progenitrici mieloidi, o MPC), prodotte nel midollo osseo, è entrato nel sistema circolatorio migrando fino al cervello", ha spiegato Godbout. "Questi MPC normalmente potrebbero trasferirsi in questo modo per affrontare un'infezione o un trauma nel cervello, ma in questo caso, si sono trasferiti per il solo fatto della risposta a un fattore stressante sociale". Gli esperimenti hanno mostrato che il numero di queste cellule è più che triplicato nel cervello in seguito alla sollecitazione.

Anche altre cellule immunitarie chiamate microglia, che risiedono normalmente nel cervello, hanno innescato una risposta infiammatoria a causa dello stress. I ricercatori hanno inoltre osservato che il fattore di stress ha causato un particolare modello di attivazione dei neuroni, o cellule nervose, all'interno del cervello. La risposta allo stress sociale ha anche provocato un aumento della quantità di alcune citochine infiammatorie nel cervello, tra cui l'interleuchina-1 (IL-1) e il fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-a) che sono legati alla infiammazione. Queste risposte delle citochine sono correlate alla insensibilità dei MPC ai glucocorticoidi, gli ormoni che normalmente inibiscono l'infiammazione nel corpo.

Quindi il team di ricerca ha visto questi e altri cambiamenti cellulari che si verificano nel cervello in seguito alla sollecitazione, allo stesso tempo che vedevano i cambiamenti comportamentali - il comportamento simile all'ansia. Sheridan ha detto che i risultati sono la prova di una comunicazione a due vie che esiste tra il corpo e il cervello in momenti di stress. Per verificare questa connessione apparente, hanno effettuato delle iniezioni nei topi di propranololo (un farmaco cosiddetto "beta-bloccante", usato spesso per patologie cardiache) prima che incontrassero il topo più aggressivo. In questo caso, i ricercatori non hanno visto alcun aumento di IL-1 o TNF-a, nessuna insensibilità dei glucocorticoidi, e nessun comportamento ansiogeno di lunga durata negli animali da esperimento. "Quando abbiamo trattato l'animale con un beta-bloccante ogni sera, prima di mettere dentro l'intruso, il segnale veniva completamente bloccato. Il comportamento ansiogeno non veniva mai sviluppato", ha detto Godbout.

"Quello che prova tutto questo fondamentalmente è che ora possiamo avere un nuovo bersaglio per le persone con un grave comportamento ansiogeno", dice Sheridan. "Possiamo avere una nuova cellula bersaglio a cui pensare in termini di nuove terapie. E dal momento che quella cella (i MPC che viaggiano dal midollo osseo) arriva dalla periferia del corpo, potrebbe non essere necessario ricorrere a farmaci psicoattivi che possono avere effetti negativi sul cervello". Per dimostrarlo, comunque, richiederà maggiori studi su animali e successivi studi con gli esseri umani prima che questo approccio possa essere utilizzato clinicamente, ha detto.

La ricerca è stata sostenuta in parte dal National Institute of Mental Health, dal National Institute on Aging e dal National Institute of Dental and Craniofacial Research. Hanno collaborato Eric Wohleb, Mark Hanke, Angela Corona, Nicole Powell, LaTonia Stiner, Michael Bailey e Randy Nelson, tutti della Ohio State.

 


Fonte: Materiale della Ohio State University. L'articolo originale è stato scritto da Earle Holland.

Riferimento: ES Wohleb, ML Hanke, AW Corona, ND Powell, LM Stiner, MT Bailey, RJ Nelson, JP Godbout, JF Sheridan. -Adrenergic Receptor Antagonism Prevents Anxiety-Like Behavior and Microglial Reactivity Induced by Repeated Social Defeat. Journal of Neuroscience, 2011; 31 (17): 6277 DOI: 10.1523/JNEUROSCI.0450-11.2011.

Pubblicato su ScienceDaily il 3 maggio 2011 Traduzione di Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi, eventualmente citati nell'articolo, sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non si propone come terapia o dieta; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer Riese. I siti terzi raggiungibili dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente; in particolare si segnala la presenza frequente di una istituzione medica con base in Germania (xcell-Center) che propone la cura dell'Alzheimer con cellule staminali; la Società Tedesca di Neuroscienze ha più volte messo in guardia da questa proposta il cui effetto non è dimostrato. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

Sostieni l'Associazione, una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e a informarti:


Notizie da non perdere

'Ingorgo' di proteine nei neuroni legato alla neurodegenerazione

12.09.2022 | Ricerche

Un nuovo studio condotto da ricercatori dell'EPFL rivela che un complesso proteico malfunzionante pu...

Nuova terapia che distrugge i grovigli di tau si dimostra promettente

30.09.2024 | Ricerche

Degli scienziati hanno sviluppato potenziali terapie che rimuovono selettivamente le proteine ​​t...

Studio rafforza il legame tra vaccino contro l'herpes zoster e minore ris…

10.04.2025 | Ricerche

La nuova analisi di un programma di vaccinazione in Galles ha scoperto che il vaccino contro l'he...

10 Consigli dei neurologi per ridurre il tuo rischio di demenza

28.02.2023 | Esperienze & Opinioni

La demenza colpisce milioni di persone in tutto il mondo, quasi un over-65 su 10. Nonost...

Variante della proteina che causa l'Alzheimer protegge dalla malattia

15.02.2021 | Ricerche

Le scoperte di un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA), guidato da ricercatori dell...

Come vivere in modo sicuro con la demenza a casa tua

12.11.2020 | Esperienze & Opinioni

C'è un malinteso comune che la persona con una diagnosi di demenza perde la sua indipend...

Scoperta nuova causa di Alzheimer e di demenza vascolare

21.09.2023 | Ricerche

Uno studio evidenzia la degenerazione delle microglia nel cervello causata dalla tossicità del ferro...

Un nuovo modello per l'Alzheimer: fenotipi di minaccia, stati di difesa e…

23.04.2021 | Esperienze & Opinioni

Che dire se avessimo concettualizzato erroneamente, o almeno in modo incompleto, il morb...

IFITM3: la proteina all'origine della formazione di placche nell'Alz…

4.09.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dall'accumulo...

Il Protocollo Bredesen: si può invertire la perdita di memoria dell'Alzhe…

16.06.2016 | Annunci & info

I risultati della risonanza magnetica quantitativa e i test neuropsicologici hanno dimostrato dei...

Pensaci: tenere attivo il cervello può ritardare l'Alzheimer di 5 anni

21.07.2021 | Ricerche

Mantenere il cervello attivo in vecchiaia è sempre stata un'idea intelligente, ma un nuo...

La nostra identità è definita dal nostro carattere morale

24.06.2019 | Esperienze & Opinioni

Ti sei mai chiesto cos'è che ti rende te stesso? Se tutti i tuoi ricordi dovessero svani...

A 18 come a 80 anni, lo stile di vita è più importante dell'età per il ri…

22.07.2022 | Ricerche

Gli individui senza fattori di rischio per la demenza, come fumo, diabete o perdita dell...

Ricercatori delineano un nuovo approccio per trattare le malattie degenerative

8.05.2024 | Ricerche

Le proteine sono i cavalli da soma della vita. Gli organismi li usano come elementi costitutivi, ...

5 tipi di ricerca, sottostudiati al momento, potrebbero darci trattamenti per …

27.04.2020 | Esperienze & Opinioni

Nessun ostacolo fondamentale ci impedisce di sviluppare un trattamento efficace per il m...

Identificata nuova forma di Alzheimer ad esordio molto precoce

16.06.2020 | Ricerche

Ricercatori della Mayo Clinic hanno definito una forma di morbo di Alzheimer (MA) che co...

Demenze: forti differenze regionali nell’assistenza, al Nord test diagnostici …

30.01.2024 | Annunci & info

In Iss il Convegno finale del Fondo per l’Alzheimer e le Demenze, presentate le prime linee guida...

Curare l'Alzheimer: singolo proiettile magico o sparo di doppietta?

20.03.2025 | Esperienze & Opinioni

Perché i ricercatori stanno ancora annaspando nella ricerca di una cura per quella che è...

Gas xeno potrebbe proteggere dall'Alzheimer, almeno nei topi; previsti te…

30.01.2025 | Ricerche

Molti dei trattamenti perseguiti oggi per proteggere dal morbo di Alzheimer (MA) sono co...

Smontata teoria prevalente sull'Alzheimer: dipende dalla Tau, non dall�…

2.11.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca che altera drasticamente la teoria prevalente sull'or...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

Seguici su

 
enfrdeites

We use cookies

We use cookies on our website. Some of them are essential for the operation of the site, while others help us to improve this site and the user experience (tracking cookies). You can decide for yourself whether you want to allow cookies or not. Please note that if you reject them, you may not be able to use all the functionalities of the site.