Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Featured

Cerca il tuo sonno ideale: troppo e troppo poco legati al declino cognitivo

Come tante altre cose buone della vita, il sonno fa meglio se è moderato. Uno studio pluriennale su anziani ha rilevato che chi dorme sia troppo che troppo poco ha avuto un maggiore declino cognitivo rispetto alle persone che hanno dormito un tempo medio, anche quando sono stati presi in considerazione gli effetti del morbo di Alzheimer (MA) iniziale.


Lo studio, i cui risultati sono pubblicati dal 20 ottobre su Brain, è stato guidato da ricercatori della Washington University di St. Louis.


Sonno scadente e MA sono entrambi associati al declino cognitivo e si è finora dimostrato impegnativo separare gli effetti di uno dall'altro. Tracciando la funzione cognitiva in un grande gruppo di anziani per diversi anni e analizzandolo nei livelli di proteine legate al MA ​​e nei valori di attività cerebrale durante il sonno, i ricercatori hanno generato dati cruciali che aiutano a districare la relazione complicata tra sonno, MA e  funzione cognitiva. I risultati potrebbero aiutare gli sforzi per aiutare a mantenere acuta la mente delle persone mentre invecchiano.


Il primo autore Brendan Lucey MD, professore associato di neurologia e direttore del Centro Medicina del Sonno all'Università di Washington, ha detto:

"È stato finora difficile determinare la correlazione tra sonno e diverse fasi del MA, ma questo è quello che devi sapere per iniziare a progettare interventi. Il nostro studio suggerisce che esiste un intervallo centrale o 'punto migliore', del tempo di sonno totale, in cui le prestazioni cognitive erano stabili nel tempo.

"I tempi corti e lunghi di sonno erano associati a prestazioni cognitive peggiori, magari a causa di sonno insufficiente o di scarsa qualità. Una domanda senza risposta è: se potessimo intervenire per migliorare il sonno, come aumentare il tempo di un'ora circa per chi dorme poco, ci sarebbe un effetto positivo sulla prestazione cognitiva, potendo evitare un ulteriore declino? Abbiamo bisogno di più dati longitudinali (ndt: = per la stessa persona in diversi punti del tempo) per rispondere a questa domanda".


Il MA è la causa principale del declino cognitivo negli anziani, contribuendo a circa il 70% dei casi di demenza. Il sonno povero è un sintomo comune della malattia e una forza trainante che può accelerare la sua progressione. Gli studi hanno dimostrato che chi riferisce di dormire sia poco che tanto ha più probabilità di andare male nei test cognitivi, ma tali studi sul sonno in genere non includono le valutazioni del MA.


Per individuare gli effetti separati del sonno e del MA sulla cognizione, Lucey e colleghi si sono rivolti a volontari che partecipavano agli studi sul MA nel Centro Ricerca sul MA dell'università. Tali volontari ricevono annualmente valutazioni cliniche e cognitive e forniscono un campione di sangue da testare per la variante genetica APO4 ad alto rischio di MA. Per questo studio, i partecipanti hanno inoltre fornito campioni di fluido cerebrospinale per misurare i livelli delle proteine ​​di MA, e ognuno ha dormito per 4/6 notti con un piccolo monitor di elettroencefalogramma (EEG) fissato alla fronte, per misurare l'attività cerebrale durante il sonno.


In totale, i ricercatori hanno ottenuto i dati del sonno e del MA di 100 partecipanti la cui funzione cognitiva è stata monitorata per una media di 4,5 anni. La maggior parte (88) non aveva deterioramento cognitivo, 11 erano compromessi molto modestamente, e uno aveva una lieve compromissione cognitiva. L'età media era di 75 anni al momento dello studio del sonno.


I ricercatori hanno trovato una relazione a forma di U tra il sonno e il declino cognitivo. Complessivamente, i punteggi cognitivi sono diminuiti per i gruppi che hanno dormito meno di 4,5 o più di 6,5 ore a notte - tempo misurato dall'EEG - mentre i punteggi sono stati stabili per quelli nel mezzo della gamma. L'EEG tende a produrre stime del tempo di sonno che sono circa un'ora in meno del tempo di sonno auto-riferito, quindi i risultati corrispondono a 5,5 e 7,5 ore di sonno auto-riferito, ha detto Lucey.


La relazione a forma di U si è confermata anche per fasi specifiche del sonno, compreso il sonno REM (movimento rapido degli occhi, il tempo dei sogni), e il sonno non-REM (sonno profondo). Inoltre, la relazione è rimasta anche dopo che i ricercatori hanno aggiustato i dati per considerare i fattori che possono influenzare sia il sonno che la cognizione, come l'età, il sesso, i livelli delle proteine ​​di MA e la presenza di ApoE4.


"È stato particolarmente interessante vedere che non solo quelli con tempi più brevi di sonno, ma anche quelli con tempi più lunghi avevano più declino cognitivo", ha detto il coautore senior David Holtzman MD, professore di neurologia. "Ciò suggerisce che la qualità del sonno potrebbe essere la chiave, al contrario del semplice tempo di sonno".


Le esigenze del sonno di ogni persona sono uniche, e le persone che si svegliano sentendosi riposate con poche o tante ore di sonno non dovrebbero sentirsi costrette a cambiare abitudini, ha detto Lucey. Ma coloro che non dormono bene dovrebbero essere consapevoli del fatto che i problemi di sonno spesso possono essere trattati.


Il coautore senior Beau M. Ances MD/PhD, professore di neurologia, che tratta pazienti con demenza e altre condizioni neurodegenerative all'ospedale Barnes-Jewish, ha detto:

"Chiedo a molti dei miei pazienti «come va il tuo sonno?», e molte volte rispondono di non dormire bene. Spesso, una volta trattati i loro problemi di sonno, possono avere miglioramenti nella cognizione. I medici che vedono pazienti con disturbi cognitivi dovrebbero chiedere loro della loro qualità del sonno. Questo è potenzialmente un fattore modificabile".

 

 

 


Fonte: Tamara Bhandari in Washington University (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Brendan Lucey, Julie Wisch, Anna Boerwinkle, Eric Landsness, Cristina Toedebusch, Jennifer Mcleland, Omar Butt, Jason Hassenstab, John Morris, Beau Ances, David Holtzman. Sleep and longitudinal cognitive performance in preclinical and early symptomatic Alzheimer's disease. Brain, 2021, DOI

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Aumentano le evidenze di origini alternative delle placche di Alzheimer

13.06.2022 | Ricerche

I risultati di uno studio potrebbero spiegare perché i farmaci progettati per rimuovere i depositi d...

Cibo per pensare: come la dieta influenza il cervello per tutta la vita

7.10.2024 | Esperienze & Opinioni

Una quantità di ricerche mostra che ciò che mangiamo influenza la capacità del corpo di ...

Come una collana di perle: la vera forma e funzionamento dell'assone dei …

30.12.2024 | Ricerche

Con un nuovo studio provocatorio, degli scienziati sfidano un principio fondamentale nel...

Qualità della vita peggiora quando l'Alzheimer è complicato dal cancro

28.04.2023 | Esperienze & Opinioni

Che considerazioni si possono fare per una persona con Alzheimer che riceve anche la diagnosi di can...

Lavati i denti, posticipa l'Alzheimer: legame diretto tra gengivite e mal…

4.06.2019 | Ricerche

Dei ricercatori hanno stabilito che la malattia gengivale (gengivite) ha un ruolo decisi...

La scoperta del punto di svolta nell'Alzheimer può migliorare i test di n…

20.05.2022 | Ricerche

 Intervista al neurologo William Seeley della Università della California di San Francisco

...

Perché le cadute sono così comuni nell'Alzheimer e nelle altre demenze?

4.09.2020 | Esperienze & Opinioni

Le cadute hanno cause mediche o ambientali

Una volta che si considerano tutte le divers...

Fruttosio prodotto nel cervello può essere un meccanismo che guida l'Alzh…

29.09.2020 | Ricerche

Una nuova ricerca rilasciata dalla University of Colorado propone che il morbo di Alzhei...

Relazioni personali ricche migliorano il funzionamento del cervello

22.06.2020 | Ricerche

Come interagiscono gli individui, come si percepiscono uno con l'altro, e i pensieri e i...

Scoperto il punto esatto del cervello dove nasce l'Alzheimer: non è l…

17.02.2016 | Ricerche

Una regione cruciale ma vulnerabile del cervello sembra essere il primo posto colpito da...

Tre modi per smettere di preoccuparti

29.07.2020 | Esperienze & Opinioni

Sai di essere una persona apprensiva se ti identifichi con Flounder in La Sirenetta o co...

Scoperto nuovo colpevole del declino cognitivo nell'Alzheimer

7.02.2019 | Ricerche

È noto da tempo che i pazienti con morbo di Alzheimer (MA) hanno anomalie nella vasta re...

Demenza: mantenere vive le amicizie quando i ricordi svaniscono

16.01.2018 | Esperienze & Opinioni

C'è una parola che si sente spesso quando si parla con le famiglie di persone con demenz...

Con l'età cala drasticamente la capacità del cervello di eliminare le pro…

31.07.2015 | Ricerche

Il fattore di rischio più grande per l'Alzheimer è l'avanzare degli anni. Dopo i 65, il rischio r...

Alzheimer e le sue proteine: bisogna essere in due per ballare il tango

21.04.2016 | Ricerche

Per anni, i neuroscienziati si sono chiesti come fanno le due proteine ​​anomale amiloid...

LATE: demenza con sintomi simili all'Alzheimer ma con cause diverse

3.05.2019 | Ricerche

È stato definito un disturbo cerebrale che imita i sintomi del morbo di Alzheimer (MA), ...

Scoperta importante sull'Alzheimer: neuroni che inducono rumore 'cop…

11.06.2020 | Ricerche

I neuroni che sono responsabili di nuove esperienze interferiscono con i segnali dei neu...

L'Alzheimer è in realtà un disturbo del sonno? Cosa sappiamo del legame t…

28.02.2020 | Esperienze & Opinioni

Il morbo di Alzheimer (MA) è una forma di demenza che insorge quando c'è un accumulo di ...

Rivelato nuovo percorso che contribuisce all'Alzheimer ... oppure al canc…

21.09.2014 | Ricerche

Ricercatori del campus di Jacksonville della Mayo Clinic hanno scoperto...

Molecola 'anticongelante' può impedire all'amiloide di formare …

27.06.2018 | Ricerche

La chiave per migliorare i trattamenti per le lesioni e le malattie cerebrali può essere nelle mo...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

We use cookies on our website. Some of them are essential for the operation of the site, while others help us to improve this site and the user experience (tracking cookies). You can decide for yourself whether you want to allow cookies or not. Please note that if you reject them, you may not be able to use all the functionalities of the site.