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Perdere la mamma per l'Alzheimer, e poi ritrovarla: la bellezza alla fine del viaggio

Grace J Kim x NewYorkTimesGrace J. Kim / The New York Times

Ho perso mia madre in questo periodo l'anno scorso, dopo la sua lotta di 10 anni con il morbo di Alzheimer (MA). Nel corso di questo anno passato, amici gentili si sono fatti vivi alle feste e ai compleanni, assumendo comprensibilmente che queste prime occasioni sarebbero state difficili senza la mamma.


La verità è che in un primo momento mi vergognavo ad ammetterlo, e tanto più a parlarne: addolorarsi per lei ora, quando la perdita è completa, non è per niente come mi aspettavo. Mi sento sollevata.


Il MA viene chiamato “Il lungo addio”, ma è ancora più indecente di così. È un addio rubato, un addio mancato, un addio mistificato, poiché la persona che ami si dissolve in pezzi invisibili fino a quando non sono completamente scomparsi.


È impossibile fissare, anche l'anno, quando è stato l'ultimo colloquio che hai avuto con la persona. La capacità di dire addio a qualcuno sul letto di morte sembra improvvisamente come ricevere un pony per il tuo compleanno, in confronto a questa lenta deriva nella nebbia.


Ma il pony arriva. Quasi subito - certamente entro poche ore dalla scomparsa - mia madre è emersa da quella nebbia. Piuttosto che la persona che era così sottilmente e completamente scivolata via, la mamma che è balzata di nuovo a vita nella mia mente era simpatica, spiritosa, capace, sottilmente divertente e gentile senza limiti.


I ricordi felici di lei che mi hanno inondato di nuovo mi hanno fatto sorridere senza senso di colpa, inadeguatezza, rabbia e tutte le altre cose che avevo sentito per tanti anni. Sì, ero triste, ma era tristezza pura, semplice e senza complicazioni, di perdita. Proprio al mio fianco, calmandomi mentre provavo a dormire, mi ricorda nei momenti più duri che sì, questo è il momento di ridere, è stata la madre che era sempre vissuta nel mio cuore.


Sento la stessa rivelazione da altre persone i cui genitori hanno subito una malattia lunga e debilitante, e ogni volta mi viene in mente che avrei voluto sapere di questo ristoro e avere qualche conforto da esso lungo la strada.


Ci sono così tante cose che nessuno vi dice del MA. Questo è probabilmente perché quando hai finito con l'esperienza di perdere una persona cara a questa malattia, ti senti come essere stata tirata attraverso un buco della serratura. L'ultima cosa che voglio fare è tornare indietro attraverso il buco della serratura e rivivere tutto. Eppure, mi trovo a voler dire moltissimo alla gente di questo regalo inaspettato, questo recupero totale della persona che temevi di aver perso per sempre.


Nella mia coazione a far conoscere questa e altre cose che vorrei aver saputo, ho anche compilato una lista breve nella mia testa - una sorta di 'Guida tascabile al MA per principianti' - composta da piccole intuizioni da condividere con le persone che stanno entrando in questo regno con i loro genitori e si sentono paurosi, disorientati e in navigazione.


La guida inizia con l'avvertenza che si tratta di un viaggio di sola andata. Ci sono i segni che portano al MA, come domande silenziose che circolano nella mente di amici e familiari; poi la paura di sentire la diagnosi, ma anche, in qualche modo, il sollievo iniziale di dare un nome alla scivolosità del tutto. Poi vengono la battaglia per cercare di ottenere aiuto e lo stress quando un genitore cerca di prendersi cura dell'altro. Sono astuti, questi coniugi che si accoppiano per la vita. Si coprono l'un l'altro, così non sai mai come sono le loro capacità, le carenze e le vulnerabilità particolari. Sai solo il loro punteggio cumulato.


Poi, troppo spesso, arrivano decisioni agonizzanti di spostare un genitore in una struttura, l'inevitabile tensione tra fratelli e il limbo protratto di un declino inarrestabile che, anche se inesorabile, ha un orizzonte atrocemente immutabile. Al centro c'è un genitore che si sente irrimediabilmente alla deriva, ma poi si connette con uno sguardo o una parola o un gesto per ricordare che sì, lei è ancora lì. E lei lo sa. E conta tutto ciò che puoi fare, anche solo pensare a lei tutti i giorni dall'altra parte del paese.


Il problema con tale guida è che per quanto siano veri i consigli, non sarebbero né accolti, né gentili. Essa punterebbe a questioni che sono difficili da comprendere o perfino da definire quando hai appena iniziato a navigare in questo oceano agitato e solitario. All'inizio del viaggio, quando ti trovi senza volerlo coinvolto nella sua corrente, semplicemente non sei pronto ad affrontare le inevitabili verità e praticità utili. Alla fine sarai risucchiato nel margine duro dell'orizzonte del MA e passerai attraverso quel surreale buco della serratura.


Fino a che non arriva quel momento, qui c'è qualcosa di confortante da sapere. Dall'altra parte, in quel luogo di profonda stanchezza avviluppata di dolore, c'è più che una semplice scogliera di tristezza e di perdita. C'è questo regalo bellissimo e inaspettato: una spiaggia opposta, in cui la persona che hai amato così tanto, per così tanto tempo, ti saluta agitando la mano, esattamente come speravi di ricordarla.


L'altro giorno sono andata a fare una passeggiata con una cara amica, che aveva incontrato la mamma solo un paio di volte nei rispettivi viaggi est-ovest, ma aveva subito legato con lei. Indossava una camicia che le avevo dato, una camicia che avevo dato prima alla mia mamma, del colore della lavanda che piaceva ad entrambe.


Ho pensato che avrebbe potuto essere strano dare alla mia amica la camicia di qualcuno che era morto, ma lei l'ha presa con gratitudine e gioia. In questo giorno, la mia amica mi ha spiegato il suo panico quando di recente pensava di aver perso la camicia. “La indosso quando voglio essere più come Nina”, ha spiegato. “Era così gentile e dava incondizionatamente. Devo essere più simile a quello, e questa camicia me lo ricorda“.


Subito sono sgorgate lacrime, inaspettatamente, come non uscivano da mesi. Mi sono resa conto di tutte le piccole cose come queste della mia vita - oggetti, routine, gesti, frasi - che mi ricordano di essere un po' più come Nina. Mi fanno sorridere e tenerla viva nel momento.


Mi manca la mia mamma, ogni singolo giorno, e soprattutto nei momenti come questi, quando tutto quello che vuoi sentire è il suono rassicurante della voce di tua mamma, da ogni dove. Ma ho una cosa migliore. La mamma mi manca esattamente nel modo in cui lei vorrebbe mancarmi.

 

 

 


Fonte: Edie Thys Morgan in The New York Times (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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