Tiffany Chow, autore di The Clinic memoria, circa la cura per i pazienti che hanno la demenza, è stata fotografata a Toronto il 15 gennaio 2013. (Doiron Moe / The Globe and Mail)Molte forme di demenza non sono curabili, ma la dott.ssa Tiffany Chow (foto) ritiene che i pazienti non abbiano bisogno di funzioni cognitive perfette per sentirsi sicuri, produttivi e amati.
Come neuroscienziato e medico alla Clinica della Memoria Ross al Baycrest di Toronto, la Chow ha fatto una missione dell'aiutare le famiglie alle prese con la demenza, perchè possano vivere momenti significativi, anche quando la malattia è irreversibile.
Nel suo nuovo libro (Memory Clinic: Stories of Hope and Healing for Alzheimer's Patients and Their Families) offre consulenza ai pazienti e ai caregivers su come affrontare la situazione, dal ritardare l'insorgenza del declino cognitivo al gestire le aspettative. Tiffany condivide qui alcuni dei suoi consigli in questa intervista:
Nel libro, discuti varie difese contro la demenza, dalla stimolazione mentale al mantenere reti sociali, dalla dieta all'esercizio fisico. Ma quanto si può davvero fare per impedirla? Questo è un punto importante di una certa delicatezza. Attualmente possiamo in qualche modo rilevare le proteine anomale marcatrici della demenza. Ma non sono poche le persone tra di noi con queste proteine anomale, che comunque fanno tutto come sempre senza ulteriore aiuto e che, ad un osservatore casuale, sembra non abbiano la demenza. Credo che l'obiettivo per un maggior numero di persone dovrebbe essere di comportarsi come loro. Così anche se si hanno alcune delle proteine anormali della demenza, ci si comporta come se non ci siano i sintomi della demenza.
Come si può dire se hanno demenza o solo assenza di pensiero? Ci sono momenti nella vita in cui abbiamo alcune lacune transitorie della memoria, perché siamo distratti o siamo privati del sonno o siamo malati. Ma quando accade in modo più consistente e si sta dimenticando il tipo di cose che ritenete davvero importanti, ciò può essere uno dei sintomi principali della malattia. Per gli individui sani, qualunque sia l'intelligenza o il talento di prima, si dovrebbe essere in grado di mantenerli fino alla fine della vita.
Puoi spiegare perché l'educazione è una difesa forte contro la demenza? Esiste una correlazione tra l'avere un alto livello di istruzione formale e avere proteine anomale nel cervello senza mostrare sintomi. Ma, in realtà, costruire la riserva cognitiva è più espandere il proprio repertorio quando si invecchia. Salta fuori che leggere può essere utile nel sostenere la funzione cognitiva e non è ancora chiaro se questo è nella lettura di romanzi o altro. L'idea è introdurre nel cervello nuove storie ed episodi e avere nuove cose da discutere con gli altri.
Come beneficia il cervello la riduzione delle calorie, ridurre l'apporto di energia del 33 per cento? Ci sono organismi cellulari, i mitocondri, che aiutano ad individuare i prodotti proteici quando sono prodotti, come un team che garantisce la qualità. Man mano che invecchiamo, quel macchinario rallenta, e quindi passano sempre più rifiuti. E con il tempo, si depositano proteine anomale. Con la riduzione delle calorie, si invia un messaggio al team di controllo della qualità che dice: "Siamo in un po' in crisi qui. Non è enorme, ma per favore, tornate al lavoro e fate un po' di ore di straordinario". Quindi, in questo modo, si potrebbe aumentare la vigilanza contro le proteine anomale.
Tua nonna aveva l'Alzheimer. La tua storia familiare quanto ha influenzato il tuo punto di vista sulla malattia? In primo luogo, devo accettare i miei stessi consigli. Per Il resto si tratta di perseguire più che una vita meditativa e concentrarsi di più sulla serenità, che credo avrà un ruolo nel modo in cui reagirò se un giorno mi sentissi di perderla. Siamo tutti aperti alle piacevoli sorprese, ma è altrettanto importante rimanere aperti a qualcosa che non va nel modo sperato.
Tuttavia, la diagnosi di demenza può essere devastante. Sì. Tuttavia, nel momento in cui i pazienti arrivano da me, non è più una sorpresa. Sono preoccupati da molto tempo. Quando comunico la diagnosi, il più delle volte, non solo non c'è shock, ma si sentono in un certo senso sollevati. Il pensiero è "Ora è chiaro. Sappiamo cos'è e conosciamo la direzione dove andare".
Tu sottolinei l'importanza della compassione nell'assistenza ai pazienti. Quali sono gli errori più grandi fatti dai caregiver? L'errore n° 1 è pensare "Posso fare tutto questo da solo". Questa è una ricetta garantita per il burnout. Il caregiving deve essere fatto con alcuni alleati, che si tratti di amici personali, vicini, altri famigliari o operatori professional di assistenza. Ci sono coppie che stanno insieme per sempre e la moglie o il marito si è abituato all'idea che sono una unità: si può gestire tutto da soli. Ma ci si dimentica che l'altra metà dell'unità ora non può più contribuire. E' difficile compensare l'altra persona per i 15 o 20 anni del decorso della demenza.
Qual è il modo migliore in cui i caregiver possono far fronte a pazienti aggressivi o agitati? Questa è una delle cose più stressanti per un caregiver. Per permetterci di capire come affrontare l'aggressività o l'agitazione, dobbiamo valutare in modo coraggioso e onesto ciò che il paziente sta facendo, e ciò che può innescare quel comportamento.
Ci sono alcuni comportamenti che sono causati dalla demenza stessa. Ma a volte è l'unico modo che il paziente ha di affermare un bisogno importante non soddisfatto, come ad esempio la noia. Essi possono desiderare ardentemente stimoli o interazione. Se si riesce a creare una qualche attività (anche molto semplice, ma significativa) si può dare a quella persona la sensazione di aver realizzato qualcosa quel giorno. E quindi tutti vincono.
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Pubblicato da Wency Leung in The Globe and Mail il 21 Gennaio 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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