Fattori di rischio modificabili per la demenza (Fonte: FR Farina et al. / The Lancet)
Si stima che oltre 60 milioni di persone abbiano la demenza, che provoca oltre 1,5 milioni di morti all'anno e un costo annuale per l'economia sanitaria globale di circa 1,3 trilioni di dollari. Nonostante decenni di ricerca scientifica e notevoli investimenti, la demenza non ha ancora una cura. Ma che dire del vecchio detto che «prevenire è meglio che curare»? È possibile prevenire la demenza? E se è così, a che età dovremmo cominciare a farlo?
Nonostante ciò che molti credono, la demenza non è semplicemente una conseguenza inevitabile dell'invecchiamento o della genetica. Si stima che fino al 45% dei casi di demenza potrebbero essere potenzialmente prevenuti riducendo l'esposizione a 14 fattori di rischio modificabili comuni in tutto il mondo. Molti di questi fattori di rischio - che includono obesità, mancanza di esercizio fisico e fumo - sono in genere studiati dalla mezza età (circa 40-60 anni) in poi. Di conseguenza, molti dei principali organi sanitari e organizzazioni benefiche per la demenza del mondo ora raccomandano di puntare idealmente a questa età le strategie volte a ridurre il rischio di demenza, per cogliere i maggiori benefici.
Noi sosteniamo, tuttavia, che puntare età più precoci probabilmente offrirà ancora maggiori benefici. Ma di quale età stiamo parlando? E perché sembra importante l'esposizione ai fattori di rischio molti decenni prima che i sintomi della demenza appaiano in genere? Per spiegarlo, torniamo indietro dalla mezza età, partiamo dai tre decenni che coprono l'adolescenza e la giovane età adulta (dai dieci ai 40 anni).
Molti fattori di rischio di demenza legati allo stile di vita emergono durante l'adolescenza, quindi persistono nell'età adulta. Ad esempio, l'80% degli adolescenti obesi rimarrà così quando sono adulti. Lo stesso vale per l'ipertensione e la mancanza di esercizio fisico. Allo stesso modo, praticamente tutti gli adulti che fumano o bevono hanno iniziato queste abitudini malsane attorno all'adolescenza.
Ciò pone due potenziali problemi se si considera la mezza età come il miglior punto di partenza per le strategie di prevenzione della demenza. Primo, alterare il comportamento sanitario già consolidato è notoriamente difficile. E secondo, la maggior parte delle persone ad alto rischio puntate nella mezza età è quasi certamente esposta agli effetti dannosi di questi fattori di rischio già da molti decenni.
Pertanto, è probabile che le azioni più efficaci siano quelle volte a impedire che i comportamenti malsani inizino, piuttosto che tentare di cambiare le abitudini che perdurano da decenni.
Le radici della demenza
Ma che dire anche di prima ancora nella vita delle persone? Le radici della demenza potrebbero estendersi fino alla fanciullezza o all'infanzia? Prove crescenti suggeriscono di sì e che le esposizioni ai fattori di rischio nel primo decennio di vita (o anche nell'utero) possono avere implicazioni per tutta la vita nel rischio di demenza. Per capire il motivo di ciò, è importante ricordare che il nostro cervello attraversa tre periodi principali durante la vita: sviluppo all'inizio della vita, relativa stabilità nella vita adulta, e declino (in alcune funzioni) nella vecchiaia.
La maggior parte della ricerca sulla demenza si concentra comprensibilmente sui cambiamenti associati a quel declino in tarda età. Ma vi sono prove crescenti che molte delle differenze nella struttura cerebrale e nella funzione associate alla demenza negli anziani potrebbero essere almeno in parte esistite fin dall'infanzia. Ad esempio, negli studi a lungo termine che tracciano la capacità cognitiva delle persone in tutta la vita, uno dei fattori più importanti che spiegano l'abilità cognitiva a 70 anni è la capacità cognitiva di quando avevano 11 anni.
Cioè, gli anziani con capacità cognitive più scadenti hanno spesso avuto queste abilità più basse fin dall'infanzia, piuttosto che aver subito un declino drastico esclusivamente in tarda età. Modelli simili si osservano anche quando si cercano prove di danni correlati alla demenza nelle scansioni cerebrali, dove alcuni cambiamenti sembrano essere correlati più strettamente alle esposizioni ai fattori di rischio nella prima infanzia rispetto agli stili di vita malsani attuali.
Tutto considerato, forse è giunto il momento di considerare la prevenzione della demenza un obiettivo di tutta la vita, piuttosto che semplicemente un punto focale nella vecchiaia.
Un piano di prevenzione per tutta la vita
Ma come possiamo raggiungere questo obiettivo in termini pratici? Problemi complessi richiedono soluzioni complesse e non esiste una soluzione rapida per affrontare questa sfida. Molti fattori contribuiscono ad aumentare o ridurre il rischio di demenza di un individuo: non esiste un approccio 'taglia unica per tutti'.
Ma una cosa su cui generalmente si concorda è che i farmaci di massa dei giovani non sono la risposta. Al contrario, insieme ad altri 33 importanti ricercatori internazionali nel campo della demenza - abbiamo recentemente pubblicato una serie di raccomandazioni per azioni che possono essere intraprese a livello individuale, di comunità e nazionale per migliorare la salute del cervello fin dalla tenera età.
La nostra dichiarazione di consenso e le raccomandazioni forniscono due messaggi chiari. Il primo è che riduzioni significative del rischio di demenza per quante più persone possibili saranno realizzabili solo attraverso un approccio coordinato che mette insieme ambienti più sani, migliore istruzione e politiche pubbliche più intelligenti. Il secondo, e forse il più importante, sebbene non sia mai troppo tardi per prendere provvedimenti per ridurre il rischio di demenza, non è mai troppo presto per iniziare.
Fonte: Scott Chiesa (ricercatore senior, UCL), Francesca Farina (assistente prof.ssa, Chicago University) e Laura Booi (ricercatrice senior, Leeds Beckett University)
Pubblicato su The Conversation (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: FR Farina, [+34], L Booi. Next generation brain health: transforming global research and public health to promote prevention of dementia and reduce its risk in young adult populations. The Lancet Healthy Longevity, 2024, DOI
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