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Alzheimer, cervello avvelenato?

Sotto accusa nitriti e nitrati. Per gli esperti «solo indizi». Vogliamo mangiare fette di salame o di carne belle rosse e se non lo sono pensiamo che il cibo sia poco fresco.

Ma il rosso vivo è spesso merito dei nitriti e nitrati, che vengono aggiunti a molti alimenti per conservarli ed esaltarne appunto colore e sapore.

E che, secondo uno studio appena pubblicato sul Journal of Alzheimer Disease, potrebbero essere i responsabili dell' impennata dei casi di Alzheimer, Parkinson e diabete registrata negli ultimi 40 anni.

Suzanne de la Monte, patologa statunitense, se ne è convinta dopo aver analizzato la mortalità per malattie legate all' invecchiamento nel periodo 1968-2005: i decessi per Alzheimer sono cresciuti di 150 volte, sono in salita vertiginosa anche quelli per Parkinson e la spiegazione per un simile balzo avanti in un lasso di tempo così breve, secondo la ricercatrice, può essere solo l' esposizione a qualche tossina ambientale.

Nello specifico a nitriti e nitrati, che a dispetto della poco lodevole fama (il 90% è cancerogeno nei test sperimentali) ritroviamo un pò dappertutto nella catena alimentare, perché comunque suolo e acqua sono contaminati dai fertilizzanti che li contengono.

L' andamento dei casi di Alzheimer, Parkinson e diabete (ma non di altre malattie, come leucemie o ictus) è sovrapponibile all' aumento dell' esposizione a nitriti e nitrati, visto che ad esempio l' uso di fertilizzanti nitrogenati è raddoppiato fra il 1955 e il 2005 e il consumo di carni lavorate è cresciuto 8 volte dal 1970 a oggi.

Suzanne de la Monte ci definisce senza mezzi termini una "generazione nitrosamine": le amine presenti nei cibi iperproteici di cui ci rimpinziamo reagiscono, infatti, con nitriti e nitrati trasformandosi in nitrosamine, che attaccano il DNA cellulare. «Danneggiano anche i mitocondri, le centrali energetiche delle cellule. Perciò è ragionevole che abbiano un ruolo in Alzheimer, Parkinson e diabete, in cui il metabolismo energetico è alterato - commenta Sandro Sorbi, del Dipartimento di Scienze neurologiche e psichiatriche dell' Università di Firenze -. Questo è il primo importante studio che tira in ballo nitriti e nitrati: non bisogna allarmarsi, ma sono molto usati ed è doveroso approfondire».

Sull' associazione fra tossine ambientali e sviluppo di specifiche malattie sono più i dubbi delle certezze: siamo esposti a un mix di innumerevoli prodotti chimici, molti non sono acqua fresca (qualche tempo fa Lancet pubblicò una ista nera di poco meno di 200 sostanze di uso comune tossiche sul cervello), ma stabilire con certezza rapporti di causa-effetto è quasi sempre impossibile. «Tant' è che la sicurezza di una correlazione diretta fra esposizione ambientale e comparsa di malattie c' è solo per il particolato, che provoca patologie respiratorie, e per l' amianto, causa di tumori polmonari - osserva Carlo La Vecchia, epidemiologo dell' Istituto Mario Negri di Milano -. Gli stessi nitriti e nitrati aumentano il rischio di tumore allo stomaco, ma il contributo reale è modesto: la dieta di oggi è più sana, nonostante tutto, di quella che seguivano dei nostri padri».

Sul cervello i dati sono particolarmente incerti: l' inquinamento urbano chiamato in causa per la schizofrenia, il mercurio nel pesce per i deficit di apprendimento dei bambini... tanti indizi, poche prove certe. «Solo sull' Alzheimer ci sono poco meno di 4000 ricerche che hanno indagato il ruolo degli elementi più vari, dai solventi ai pesticidi, dall' alluminio alle onde elettromagnetiche - spiega Sorbi -. Finora però nessun legame è mai stato confermato. Gli unici fattori di rischio sicuri sono i traumi cranici, la familiarità ed elementi di rischio vascolare come ipertensione e colesterolo alti».

Però è un dato di fatto che Alzheimer, Parkinson e diabete dilaghino. Perché? «Nel caso del diabete la colpa è dell' epidemia di obesità» risponde La Vecchia. E per le malattie neurologiche? «Si fanno più diagnosi e la popolazione invecchia - dice Sorbi -. Fra 10 anni, quando i figli del baby-boom varcheranno la soglia dei 75 anni, in Italia ci ritroveremo con due milioni e mezzo di casi di demenza». Speriamo che le sostanze con cui veniamo in contatto ogni giorno non peggiorino le cose.

Articolo di Elena Meli, Corriere della Sera, 19 luglio 2009, Archivio storico.

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