Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


La plasticità può rendere i neuroni vulnerabili all'Alzheimer

ec2 neuronsI principali neuroni nello strato della corteccia entorinale assistono la memoria e la navigazione e sono tra i più vulnerabili all'Alzheimer. I neuroni ECII (in verde enll'immagine) hanno un rischio così alto perché si rimodellano spesso, diventando inclini a disfunzioni fatali. (Fonte: Roussarie et al./Neuron 2020)

I neuroni che si rimodellano continuamente sono più inclini al morbo di Alzheimer (MA) e a morire quando quel rimodellamento va storto, secondo un nuovo studio, il primo a monitorare la progressione del MA a livello genetico e molecolare tra i neuroni vulnerabili alla malattia.


“Identificare le caratteristiche molecolari dei neuroni che sono particolarmente vulnerabili alla neurodegenerazione è importante sia per capire il MA che per sviluppare in futuro delle opzioni diagnostiche e terapeutiche migliori”, spiega la coautrice dello studio Olga Troyanskaya, vice direttrice di genomica al Centro Biologia Computazionale del Flatiron Institute di New York e professoressa alla Princeton University.


Usando un quadro di apprendimento automatico che integra esperimenti su topi modello di tipi specifici di neuroni con studi umani, i ricercatori hanno confrontato due tipi di neuroni sensibili al MA con cinque tipi resistenti. La differenza più significativa è che i neuroni vulnerabili sono stati arricchiti con processi relativi al rimodellamento delle connessioni con i neuroni adiacenti.


I risultati suggeriscono che l'invecchiamento e l'accumulo di un frammento di proteina chiamata amiloide-beta (Aβ) può indurre il processo di rimodellamento ad impazzire, creando grovigli di proteine ​​tau che portano alla morte dei neuroni. Il lavoro è il primo a collegare le proteine Aβ e tau (già proposte come primi sospetti della progressione del MA) a livello genetico e molecolare.


“Comprendendo ciò che rende questi neuroni più vulnerabili, possiamo capire che cosa induce il MA ad iniziare a uccidere i neuroni”, dice la prima coautrice Vicky Yao, assistente professoressa di informatica della Rice University di Houston, che ha avviato il progetto mentre lavorava nel gruppo della Troyanskaya a Princeton. “La domanda ora è se possiamo in qualche modo rendere più resistenti questi neuroni”.


La Yao ha guidato il lavoro insieme a Jean-Pierre Roussarie, ricercatore senior del Centro Fisher per la Ricerca di Alzheimer alla Rockefeller University di New York City. I ricercatori hanno pubblicato i risultati il 29 giugno su Neuron.


Il MA è una malattia progressiva che causa perdita e morte delle cellule cerebrali. Inizialmente punta i neuroni legati alla memoria e alla navigazione, ma nel tempo si diffonde ad altri neuroni. Negli USA, il MA è la 6a causa di morte e la 5a per gli over-65. La causa della malattia rimane poco chiara. Studi precedenti avevano identificato i geni che alzano il suo rischio, ma gli scienziati ancora non sanno perché la malattia inizia ad attaccare i neuroni. Una sfida per studiare la malattia è che il cervello si deteriora rapidamente dopo la morte, distorcendo eventuali reperti autoptici.


Per il nuovo studio, Roussarie ed i suoi colleghi hanno generato linee genetiche di topi su misura per studiare i neuroni. Ogni linea si concentra su un unico tipo di neurone, con cambiamenti genetici per rendere più facile tracciare la trascrizione genica nei neuroni (compresa l'aggiunta di una proteina fluorescente verde). I ricercatori hanno sviluppato linee di topi che puntano neuroni resilienti al MA e altre dirette ai neuroni vulnerabili alla malattia.


Nel nuovo documento, i ricercatori dimostrano che i neuroni umani e di topo erano quasi identici a livello molecolare, rendendo i roditori modelli superbi per studiare il MA. I ricercatori hanno combinato i dati sperimentali dei topi di Roussarie con modelli computazionali della genetica umana della Yao, che mostrano quando e dove sono espressi i geni legati ai processi del MA nel cervello e come quei geni interagiscono con altri geni. Insieme, le due fonti di dati hanno prodotto un profilo delle caratteristiche che rendono i neuroni vulnerabili al MA.


Il profilo ha evidenziato due dei soliti noti del MA: Aβ e tau. L'Aβ è un frammento di proteina che può aggregarsi, formando placche che riempiono gli spazi tra le cellule nervose. La proteina ​​tau - il primo candidato nel profilo - stabilizza i microtubuli, le barre molecolari che danno ai neuroni la loro forma e formano l'ossatura delle connessioni con i neuroni vicini. Quando le proteine ​​tau sono mal ripiegate, possono creare filamenti aggrovigliati che bloccano il sistema di trasporto del neurone, impedendogli di funzionare correttamente.


“Quando ho fatto le previsioni, sono tornata indietro e ho controllato due volte perché ho pensato che questo era troppo bello per essere vero”, dice la Yao. “Queste cose sapevamo già che erano legate al MA, e siamo riusciti a collegarle tra loro. È stata la conferma che eravamo sulla strada giusta”.


Gli scienziati stanno da tempo discutendo quale processo (Aβ o tau) è responsabile dell'insorgenza del MA, ma i nuovi risultati suggeriscono che i due sono collegati. Il lavoro ha legato con forza il PTB, un gene che regola la formazione delle varianti di proteina tau al MA. Se il PTB è disregolato, il rapporto tra le proteine ​​tau è rovinato. Questo squilibrio induce le proteine ​​tau a iniziare ad aggregarsi, formando i fili aggrovigliati. I ricercatori propongono che l'età e l'accumulo di Aβ aumentano il rischio di questa disregolazione.


I ricercatori hanno in programma di continuare la loro ricerca esaminando altre caratteristiche che rendono i neuroni più vulnerabili alla malattia. Raccogliendo ulteriori informazioni sull'insorgenza del MA aiuteranno lo sviluppo di potenziali trattamenti che impediscono alla malattia di attecchire fin dall'inizio, dice la Yao.

 

 

 


Fonte: Thomas Sumner in Simon Foundation (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Jean-Pierre Roussarie, Vicky Yao, Patricia Rodriguez-Rodriguez, Rose Oughtred, Jennifer Rust, Zakary Plautz, Shirin Kasturia, Christian Albornoz, Wei Wang, Eric Schmidt, Ruth Dannenfelser, Alicja Tadych, Lars Brichta, Alona Barnea-Cramer, Nathaniel Heintz, Patrick Hof, Myriam Heiman, Kara Dolinski, Marc Flajolet, Olga Troyanskaya, Paul Greengard. Selective Neuronal Vulnerability in Alzheimer’s Disease: A Network-Based Analysis. Neuron, 29 June 2020, DOI

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

L'invecchiamento è guidato da geni sbilanciati

21.12.2022 | Ricerche

Il meccanismo appena scoperto è presente in vari tipi di animali, compresi gli esseri umani.

Proteine grumose induriscono i capillari del cervello: nuovo fattore di rischi…

11.09.2020 | Ricerche

I depositi di una proteina chiamata 'Medin', che è presente in quasi tutti gli anziani, ...

Piccola area del cervello ci aiuta a formare ricordi specifici: nuove strade p…

6.08.2025 | Ricerche

La vita può dipanarsi come un flusso continuo, ma i nostri ricordi raccontano una storia...

I possibili collegamenti tra sonno e demenza evidenziati dagli studi

24.11.2017 | Ricerche

Caro Dottore: leggo che non dormire abbastanza può aumentare il rischio di Alzheimer. Ho avuto pr...

Cosa accade nel cervello che invecchia

11.03.2020 | Esperienze & Opinioni

Il deterioramento del cervello si insinua sulla maggior parte di noi. Il primo indizio p...

Chiarito il meccanismo che porta all'Alzheimer e come fermarlo

30.08.2017 | Ricerche

Nel cervello delle persone con Alzheimer ci sono depositi anomali di proteine ​​amiloide-beta e ​...

Scienziati dicono che si possono recuperare i 'ricordi persi' per l…

4.08.2017 | Ricerche

Dei ricordi dimenticati sono stati risvegliati nei topi con Alzheimer, suggerendo che la...

10 Consigli dei neurologi per ridurre il tuo rischio di demenza

28.02.2023 | Esperienze & Opinioni

La demenza colpisce milioni di persone in tutto il mondo, quasi un over-65 su 10. Nonost...

Ritmi cerebrali non sincronizzati nel sonno fanno dimenticare gli anziani

18.12.2017 | Ricerche

Come l'oscillazione della racchetta da tennis durante il lancio della palla per servire un ace, l...

Perché la tua visione può prevedere la demenza 12 anni prima della diagnosi

24.04.2024 | Ricerche

 

Gli occhi possono rivelare molto sulla salute del nostro cervello: in effetti, i p...

IFITM3: la proteina all'origine della formazione di placche nell'Alz…

4.09.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dall'accumulo...

Nuovo sensore nel cervello offre risposte all'Alzheimer

12.03.2021 | Ricerche

Scienziati della Università della Virginia (UVA) hanno sviluppato uno strumento per moni...

Riprogrammare «cellule di supporto» in neuroni per riparare il cervello adulto…

21.11.2014 | Ricerche

La porzione del cervello adulto responsabile del pensiero complesso, la corteccia cerebrale, non ...

Dott. Perlmutter: Sì, l'Alzheimer può essere invertito!

6.12.2018 | Ricerche

Sono spesso citato affermare che non esiste un approccio farmaceutico che abbia un'effic...

Il litio potrebbe spiegare, e trattare, l'Alzheimer?

19.08.2025 | Ricerche

Qual è la prima scintilla che innesca la marcia ruba-memoria del morbo di Alzheimer (MA)...

Pensaci: tenere attivo il cervello può ritardare l'Alzheimer di 5 anni

21.07.2021 | Ricerche

Mantenere il cervello attivo in vecchiaia è sempre stata un'idea intelligente, ma un nuo...

Malato di Alzheimer: la casa di cura la paga lo Stato?

25.05.2023 | Normativa

Chi si fa carico delle spese per un malato di Alzheimer ricoverato in una casa di riposo? Scopriamo ...

LATE: demenza con sintomi simili all'Alzheimer ma con cause diverse

3.05.2019 | Ricerche

È stato definito un disturbo cerebrale che imita i sintomi del morbo di Alzheimer (MA), ...

Età degli organi biologici prevede il rischio di malattia con decenni di antic…

11.03.2025 | Ricerche

I nostri organi invecchiano a ritmi diversi e un esame del sangue che determina quanto ciascuno è...

Sintomi visivi bizzarri potrebbero essere segni rivelatori dell'Alzheimer…

1.02.2024 | Ricerche

Un team di ricercatori internazionali, guidato dall'Università della California di San F...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)