Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


La musica aiuta a superare alcuni effetti dell'invecchiamento

Un numero crescente di ricerche dice che la formazione musicale offre agli studenti vantaggi di apprendimento in classe. Ora uno studio della Northwestern University scopre che della formazione musicale può beneficiare anche la nonna, compensando alcuni degli effetti deleteri dell'invecchiamento.

"La formazione musicale continua sembra conferire vantaggi ad almeno due importanti funzioni, note per diminuire con l'età: la memoria e la capacità di sentire un discorso nel rumore", spiega Nina Kraus, direttrice dell'Auditory Neuroscience Laboratory e co-autrice dello studio apparso nel numero dell'11 maggio della rivista scientifica on-line PLoS ONE.

Redatto insieme ai ricercatori della Northwestern Alexandra Parbery-Clark, Dana Strait, Samira Anderson, Emily Hittner, lo studio "Il sistema auditivo nell'invecchiamento e l'esperienza musicale" rileva che, rispetto alle loro controparti non-musicisti, i musicisti da 45 a 65 anni eccellono nella memoria uditiva e nella capacità di sentire il discorso in ambienti rumorosi. "La difficoltà di udire un discorso nel rumore è tra le lamentele più comuni degli anziani, ma la perdita di udito legata all'età è responsabile solo in parte di questo impedimento che può portare all'isolamento sociale e alla depressione", dice Kraus. "E' noto che adulti con un profilo uditivo praticamente identico possono differire notevolmente nella loro capacità di sentire un discorso nel rumore."

Per scoprire perché, i ricercatori del laboratorio 'Auditory Neuroscience' della Northwestern School of Communication diretto dalla Kraus hanno testato 18 musicisti e 19 non musicisti tra i 45 e i 65 anni nel parlato nel rumore, nella memoria di lavoro uditiva, in quella visiva e nel processo temporale uditivo. I musicisti (che hanno iniziato a suonare uno strumento all'età di 9 anni o anche prima e l'hanno fatto costantemente per tutta la vita) hanno battuto il gruppo di non-musicisti in tutti i test, escluso quello della memoria di lavoro visiva, per il quale entrambi i gruppi erano alla pari. "L'esperienza di estrarre suoni significativi da un complesso paesaggio sonoro (e di ricordarne le sequenze) favorisce lo sviluppo delle capacità uditive", dice Kraus, titolare della cattedra Hugh Knowles di Scienze della Comunicazione. "I miglioramenti neurali che vediamo nei soggetti musicalmente preparati non sono solo un amplificatore o un effetto 'manopola del volume' ", dice Kraus, che è inoltre professore di neurobiologia e fisiologia nel Collegio Weinberg delle Arti e delle Scienze. "Suonare musica impegna la loro capacità di estrarre modelli rilevanti, ivi compreso il suono del proprio strumento, armonie e ritmi".

Esercitarsi nella musica mette a punto "finemente" il sistema nervoso, secondo la Kraus, sostenitrice da lunga data della musica nel curriculum K-12 [ndt: l'intero percorso scolastico primario nei paesi anglosassoni]. "Il suono per il musicista è più o meno come per un pittore di ritratti essere profondamente in sintonia con gli attributi visivi della pittura, che trasmetterà al suo soggetto", dice Kraus. "Se i materiali con cui lavori sono suoni, allora è ragionevole supporre che tutte le facoltà coinvolte nel portarlo all'interno, tenerlo in memoria e aver a che fare con esso fisicamente, devono essere acuite. L'esperienza musicale rafforza gli elementi che combattono i problemi di comunicazione legati all'età".

 


Fonte: Materiale della Northwestern University, via EurekAlert!, un servizio di AAAS. 

Riferimento: Alexandra Parbery-Clark, Dana L. Strait, Samira Anderson, Emily Hittner, Nina Kraus. Musical Experience and the Aging Auditory System: Implications for Cognitive Abilities and Hearing Speech in Noise. PLoS ONE, 2011; 6 (5): e18082 DOI: 10.1371/journal.pone.0018082.

Pubblicato su ScienceDaily il 11 maggio 2011 Traduzione  di Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi, eventualmente citati nell'articolo, sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non si propone come terapia o dieta; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer Riese. I siti terzi raggiungibili dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente; in particolare si segnala la presenza frequente di una istituzione medica con base in Germania (xcell-Center) che propone la cura dell'Alzheimer con cellule staminali; la Società Tedesca di Neuroscienze ha più volte messo in guardia da questa proposta il cui effetto non è dimostrato. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

Sostieni l'Associazione, una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e a informarti:

 


Notizie da non perdere

Subiamo un 'lavaggio del cervello' durante il sonno?

4.11.2019 | Ricerche

Una nuova ricerca eseguita alla Boston University suggerisce che questa sera durante il ...

'Tau, disfunzione sinaptica e lesioni neuroassonali si associano di più c…

26.05.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) comporta il deperimento caratteristico di alcune regioni del ...

Trovato legame tra amiloide-beta e tau: è ora possibile una cura per l'Al…

27.04.2015 | Ricerche

Dei ricercatori hanno assodato come sono collegate delle proteine che hanno un ruolo chiave nell...

Aumentano le evidenze di origini alternative delle placche di Alzheimer

13.06.2022 | Ricerche

I risultati di uno studio potrebbero spiegare perché i farmaci progettati per rimuovere i depositi d...

Ecco perché alcune persone con marcatori cerebrali di Alzheimer non hanno deme…

17.08.2018 | Ricerche

Un nuovo studio condotto all'Università del Texas di Galveston ha scoperto perché alcune...

Identificazione dei primi segnali dell'Alzheimer

7.03.2022 | Ricerche

Un team multidisciplinare di ricerca, composto da ricercatori del progetto ARAMIS, dell...

Sciogliere il Nodo Gordiano: nuove speranze nella lotta alle neurodegenerazion…

28.03.2019 | Ricerche

Con un grande passo avanti verso la ricerca di un trattamento efficace per le malattie n...

Accumulo di proteine sulle gocce di grasso implicato nell'Alzheimer ad es…

21.02.2024 | Ricerche

In uno studio durato 5 anni, Sarah Cohen PhD, biologa cellulare della UNC e Ian Windham della Rockef...

Goccioline liquide dense come computer cellulari: nuova teoria sulla causa del…

22.09.2022 | Ricerche

Un campo emergente è capire come gruppi di molecole si condensano insieme all'interno de...

Che speranza hai dopo la diagnosi di Alzheimer?

25.01.2021 | Esperienze & Opinioni

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia che cambia davvero la vita, non solo per la pe...

Demenze: forti differenze regionali nell’assistenza, al Nord test diagnostici …

30.01.2024 | Annunci & info

In Iss il Convegno finale del Fondo per l’Alzheimer e le Demenze, presentate le prime linee guida...

Ritmi cerebrali non sincronizzati nel sonno fanno dimenticare gli anziani

18.12.2017 | Ricerche

Come l'oscillazione della racchetta da tennis durante il lancio della palla per servire un ace, l...

Nuovo farmaco previene le placche amiloidi, un segno specifico di Alzheimer

8.03.2021 | Ricerche

Le placche di amiloide sono caratteristiche patologiche del morbo di Alzheimer (MA): son...

La lunga strada verso la demenza inizia con piccoli 'semi' di aggreg…

20.11.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) si sviluppa nel corso di decenni. Inizia con una reazione a c...

Il ciclo dell'urea astrocitica nel cervello controlla la lesione della me…

30.06.2022 | Ricerche

Nuove scoperte rivelano che il ciclo dell'urea negli astrociti lega l'accumulo di amiloide-beta e la...

IFITM3: la proteina all'origine della formazione di placche nell'Alz…

4.09.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dall'accumulo...

Infezione cerebrale da funghi produce cambiamenti simili all'Alzheimer

26.10.2023 | Ricerche

Ricerche precedenti hanno implicato i funghi in condizioni neurodegenerative croniche co...

Laser a infrarossi distrugge le placche di amiloide nell'Alzheimer

7.08.2020 | Ricerche

L'aggregazione di proteine ​​in strutture chiamate 'placche amiloidi' è una caratteristi...

Chiarito il meccanismo che porta all'Alzheimer e come fermarlo

30.08.2017 | Ricerche

Nel cervello delle persone con Alzheimer ci sono depositi anomali di proteine ​​amiloide-beta e ​...

Nuova teoria sulla formazione dei ricordi nel cervello

9.03.2021 | Ricerche

Una ricerca eseguita all'Università del Kent ha portato allo sviluppo della teoria MeshC...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

We use cookies on our website. Some of them are essential for the operation of the site, while others help us to improve this site and the user experience (tracking cookies). You can decide for yourself whether you want to allow cookies or not. Please note that if you reject them, you may not be able to use all the functionalities of the site.