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Studio dimostra che si possono inviare proteine oltre la barriera emato-encefalica nell'uomo

Il corpo è strutturato in modo che eventuali organismi invasori abbiano difficoltà a raggiungere il cervello, un organo ovviamente cruciale per la sopravvivenza.


La barriera emato-encefalica è formata dalle cellule che rivestono il cervello e il midollo spinale, stipate molto strettamente, che rendono difficile a qualunque cosa che non sia una molecola molto piccola di passare dal flusso sanguigno al sistema nervoso centrale. Pur essendo benefico, questo blocco è attivo anche per i farmaci destinati al trattamento di disturbi neurologici, come l'Alzheimer.


In un nuovo studio pubblicato sulla rivista Molecular Therapy, dei ricercatori della University of Pennsylvania hanno trovato un modo di attraversare la barriera emato-encefalica, così come l'ostacolo fisiologico simile negli occhi, la barriera emato-retinica.


Accoppiando un recettore che punta i neuroni, ad una molecola che degrada il componente principale delle placche di Alzheimer, i biologi hanno potuto sciogliere in modo sostanziale queste placche nel cervello di topi e nel tessuto cerebrale umano, delineando un meccanismo potenziale per il trattamento della malattia debilitante, nonché di altre condizioni che coinvolgono sia il cervello che gli occhi.


Il lavoro è stato condotto da Henry Daniell, professore nei dipartimenti di biochimica e patologia della School of Dental Medicine e direttore della ricerca traslazionale alla Penn. Il team di ricerca comprendeva Neha Kohli, Donevan R. Westerveld, Alexandra C. Ayache e Sich L. Chan, tutti della Dental Medicine alla Penn. I tessuti della retina sono stati analizzati dai co-autori del College of Medicine dell'Università della Florida, che comprendevano Amrisha Verma, Pollob Shil, Tuhina Prasad, Ping Zhu e Quihong Li.


I ricercatori hanno iniziato il loro lavoro pensando come riuscire a violare la barriera emato-encefalica. Daniell ha ipotizzato che una molecola potrebbe avere il permesso di attraversarla se è collegata ad un vettore che è in grado di passare, come una sorta di guardia di frontiera molecolare. Questo vettore è stato individuato nella proteina della tossina colerica B (CTB), un vettore non tossico attualmente approvato per l'uso negli esseri umani da parte della Food and Drug Administration.


I ricercatori hanno poi identificato una proteina che potrebbe cancellare le placche che si trovano nel cervello dei malati di Alzheimer. Queste placche, ritenute causa della demenza associata alla malattia, sono costituite da grovigli di amiloide-beta (Aβ), una proteina che si trova in forma solubile negli individui sani. Notando che la proteina basica della mielina (MBP) ha dimostrato di degradare le catene di Aβ, il team ha deciso di accoppiarla alla CTB per vedere se la MBP sarebbe riuscita a passare.


"Questi grovigli di amiloide-beta sono noti per essere il problema dell'Alzheimer", dice Daniell. "Così la nostra idea era tagliare la proteina di nuovo alle dimensioni normali in modo da non formare questi grovigli". Per verificare questa idea, il team guidato dalla Penn ha inizialmente esposto dei topi sani al composto CTB-MBP somministrando loro capsule di foglie liofilizzate, modificate geneticamente per esprimere le proteine ​​fuse, un metodo sviluppato e perfezionato da Daniell nel corso di molti anni come mezzo di somministrazione per via orale di vari farmaci e vaccini.


Aggiungendo una proteina verde fluorescente al vettore CTB, i ricercatori hanno monitorato il "bagliore" per vedere dove i topi assorbivano la proteina. Hanno trovato lo scintillio della proteina sia nel cervello che nella retina. "Quando abbiamo scoperto la proteina incandescente nel cervello e nella retina eravamo abbastanza elettrizzati", ha detto Daniell. "Se la proteina è riuscita ad attraversare la barriera nei topi sani, abbiamo pensato, era probabile che sarebbe riuscita ad attraversarla nel cervello dei pazienti di Alzheimer, perché la loro barriera è un po' compromessa".


Quando la CTB non faceva parte della proteina fusa, non si vedeva questa espressione; questo suggerisce che la proteina trasportatrice, la guardia di frontiera, ha un ruolo essenziale nel trasferire la proteina interessata. Per vedere poi cosa avrebbe fatto la MBP una volta arrivata al cervello, Daniell e colleghi hanno esposto la proteina CTB-MBP nel cervello di topi allevati per avere l'Alzheimer. Hanno usato un colorante che si lega alle placche cerebrali e hanno scoperto che l'esposizione al composto CTB-MBP genera riduzioni di colorazione fino al 60 per cento, indicando che le placche si stavano dissolvendo.


Fiduciosi che il loro composto attacca le placche, i ricercatori hanno lavorato assieme al National Institutes of Health per ottenere tessuto cerebrale di persone morte di Alzheimer e hanno eseguito lo stesso tipo di colorazione. I loro risultati hanno mostrato una riduzione del 47 per cento nella colorazione della corteccia parietale inferiore, una porzione del cervello con un ruolo importante nello sviluppo della demenza associata all'Alzheimer.


Come passo finale, i ricercatori hanno dato le capsule contenenti CTB-MBP a dei topi di 15 mesi di età (equivalente a 80 o più anni umani) allevati per sviluppare l'Alzheimer. Dopo tre mesi di alimentazione, i topi avevano delle placche di Aβ ridotte fino al 70 per cento nell'ippocampo e fino al 40 per cento nella corteccia, mentre i topi alimentati con capsule contenenti foglie di lattuga senza CTB-MBP, e i topi che nutriti senza alcuna capsula, non avevano alcuna riduzione evidente delle placche cerebrali.


Poiché i malati di Alzheimer sono dimostrato anche di avere placche nell'occhio, i ricercatori hanno esaminato gli occhi dei topi alimentati con la proteina. Essi hanno scoperto che, in effetti, i topi di Alzheimer avevano placche nella retina, ma quelli alimentati con il composto CBP-MBP non avevano placche Aβ rilevabili nella retina. "Nessuno sa in realtà se i problemi di memoria che sperimentano le persone con Alzheimer siano dovuti alla demenza o a problemi con i loro occhi", ha detto Daniell. "Qui mostriamo che possono essere entrambe le cose, e che possiamo sciogliere le placche attraverso un percorso orale".


Daniell spera che questa tecnica di invio delle proteine ​​attraverso le barriere emato-encefalica e emato-retinica possa servire per trattare una varietà di malattie, oltre all'Alzheimer. Diversi studi clinici attuali hanno fallito a causa dell'incapacità di portare i farmaci al cervello. Attualmente, i trattamenti di alcune patologie oculari devono penetrare fisicamente la retina con una iniezione, un approccio che richiede anestesia e rischio di stacco della retina. Il trattamento con una capsula ingeribile sarebbe più sicuro, più facile e più conveniente.


Come passo successivo, Daniell spera di collaborare con gli esperti di Alzheimer della Penn per portare avanti questi studi e aggiungere una componente comportamentale per determinare se il composto CBP-MBP non solo rimuove le placche, ma migliora anche la memoria e il funzionamento dei topi con Alzheimer.


Lo studio è stato finanziato dal National Institutes of Health, dalla Bill and Melinda Gates Foundation, dalla Juvenile Diabetes Research Foundation, dall'American Diabetes Association, dall'American Heart Association, e dalla Research to Prevent Blindness.

 

 

 

 

 


Fonte: University of Pennsylvania.

Riferimenti: Neha Kohli, Donevan R Westerveld, Alexandra C Ayache, Amrisha Verma, Pollob Shil, Tuhina Prasad, Ping Zhu, Sic L Chan, Qiuhong Li, Henry Daniell. Oral delivery of bioencapsulated proteins across blood-brain and retinal barriers. Molecular Therapy, 2013; DOI: 10.1038/mt.2013.273

Pubblicato in upenn.edu (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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