Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Declino cognitivo di Alzheimer rallenta con l'avanzare dell'età

Il maggiore fattore di rischio per l'Alzheimer (AD) è l'avanzare dell'età. A 85 anni, la probabilità di sviluppare la malattia neurologica temuta è di circa il 50 per cento.

Ma i ricercatori della School of Medicine della University of California, San Diego dicono che l'AD si sviluppa di più tra gli "anziani giovani" (le persone tra 60 e 80 anni) che mostrano tassi di perdita di tessuto cerebrale più alti e declino cognitivo maggiore rispetto ai pazienti con AD di 80 anni e oltre.


I risultati, riportati online sul numero del 2 agosto 2012 della rivista PLoS One, hanno profonde implicazioni sia per la diagnosi di AD - che affligge attualmente circa 5,6 milioni di americani, un numero destinato a triplicarsi entro il 2050 - e per gli sforzi per trovare nuove trattamenti. Non c'è alcuna cura per l'AD e le terapie esistenti non rallentano nè arrestano la progressione della malattia.


"Una delle caratteristiche fondamentali per la determinazione clinica dell'AD è il suo corso progressivo inesorabile", ha detto Dominic Holland, PhD, ricercatore del Dipartimento di Neuroscienze alla UC San Diego e primo autore dello studio. "I pazienti in genere mostrano un marcato deterioramento da un anno all'anno. Se i pazienti più anziani non mostrano lo stesso deterioramento da un anno all'altro, i medici possono essere riluttanti a diagnosticare l'AD e quindi questi pazienti potrebbero non ricevere cure adeguate, che sono molto importanti per la loro qualità di vita".


Holland e colleghi hanno utilizzato dati di scansioni e biomarcatori dei partecipanti alla Alzheimer's Disease Neuroimaging Initiative, un sforzo multi-istituzione coordinato dalla UC San Diego. Hanno esaminato 723 persone di età compresa tra 65 e 90 anni, che erano classificati cognitivamente normali, o con decadimento cognitivo lieve (una fase intermedia tra il declino cognitivo normale correlato all'età e la demenza) o affetti da vera e propria AD. "Abbiamo scoperto che gli anziani più giovani mostrano tassi più alti di declino cognitivo e tassi più rapidi di perdita di tessuto nelle regioni cerebrali che sono vulnerabili durante le prime fasi di AD", ha detto Holland. "Inoltre i livelli dei biomarcatori del fluido cerebrospinale indicano un carico di malattia maggiore nei più "giovani" rispetto agli individui più anziani".


Holland ha detto che non è chiaro il motivo per cui l'AD è più aggressivo tra gli anziani più giovani. "Potrebbe essere che i pazienti che mostrano insorgenza di demenza in età avanzata, e stanno declinando lentamente, hanno declinato a quella velocità per molto tempo", ha detto il co-autore Linda McEvoy, PhD, professore associato di radiologia. "Ma per merito della riserva cognitiva o di altri fattori ancora sconosciuti che 'resistono' ai danni al cervello, i sintomi clinici non si manifestano [con la stessa intensità] fino a un'età più avanzata". Un'altra possibilità, secondo Holland, è che i pazienti più anziani possano essere affetti da demenza mista - una combinazione di patologia AD e altre malattie neurologiche. Questi pazienti potrebbero sopportare gli effetti dell'AD fino a quando intervengono altri fattori negativi, come le lesioni cerebrali causate da malattia cerebrovascolare. Al momento, l'AD può essere diagnosticato solo in via definitiva da una autopsia. "Quindi non conosciamo ancora la neuropatologia sottostante dei partecipanti a questo studio", ha detto Holland.


Gli studi clinici per trovare nuovi trattamenti per AD possono essere influenzati da tassi di sviluppo diversi, hanno detto i ricercatori. "I nostri risultati mostrano che, se le sperimentazioni cliniche di terapie candidate arruolano prevalentemente i più anziani, che mostrano tassi più lenti di variazione nel tempo, la capacità di una terapia di rallentare con successo la progressione della malattia non può essere riconosciuta, portando al fallimento della sperimentazione clinica", ha detto Holland. "Quindi è fondamentale prendere in considerazione l'età come fattore quando si arruolano soggetti per le sperimentazioni cliniche di AD".


L'ovvio lato negativo della scoperta è che i pazienti più giovani con Alzheimer perdono più anni produttivi a causa della malattia, osserva Holland. "La buona notizia in tutto questo è che i nostri risultati indicano che coloro che sopravvivono più anni prima di mostrare sintomi di AD, sperimenteranno una forma meno aggressiva della malattia".


Co-autori sono Rahul S. Desikan, Dipartimento di Radiologia UCSD e Anders M. Dale, Dipartimenti di Neuroscienze e Radiologia dell'UCSD. Il finanziamento per questa ricerca è venuto, in parte, dal National Institutes of Health (assegnazione R01AG031224 R01AG22381, U54NS056883, P50NS22343 e P50MH08755), dal National Institute on Aging (sovvenzione K01AG029218) e dal National Institute of Biomedical Imaging and Bioengineering (sovvenzione T32EB005970) .

 

 

 

 

***********************
Cosa pensi di questo articolo? Ti è stato utile? Hai rilievi, riserve, integrazioni? Conosci casi o ti è successo qualcosa che lo conferma? o lo smentisce? Puoi usare il modulo dei commenti qui sotto per dire la tua opinione. Che è importante e unica.

 

***********************
Fonte: Materiale della University of California, San Diego Health Sciences.

Riferimento:
Dominic Holland, Rahul S. Desikan, Anders M. Dale, Linda K. McEvoy. Rates of Decline in Alzheimer Disease Decrease with Age. PLoS ONE, 2012; 7 (8): e42325 DOI: 10.1371/journal.pone.0042325.

Pubblicato in ScienceDaily il 2 Agosto 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare ad informarti. Clicca qui a destra:



Notizie da non perdere

Meccanismo neuroprotettivo alterato dai geni di rischio dell'Alzheimer

11.01.2022 | Ricerche

Il cervello ha un meccanismo naturale di protezione contro il morbo di Alzheimer (MA), e...

La nostra identità è definita dal nostro carattere morale

24.06.2019 | Esperienze & Opinioni

Ti sei mai chiesto cos'è che ti rende te stesso? Se tutti i tuoi ricordi dovessero svani...

Ricercatori del MIT recuperano con la luce i ricordi 'persi'

29.05.2015 | Ricerche

I ricordi che sono stati "persi" a causa di un'amnesia possono essere richiamati attivando le cel...

Immagini mai viste prima delle prime fasi dell'Alzheimer

14.03.2017 | Ricerche

I ricercatori dell'Università di Lund in Svezia, hanno utilizzato il sincrotrone MAX IV ...

Scoperta importante sull'Alzheimer: neuroni che inducono rumore 'cop…

11.06.2020 | Ricerche

I neuroni che sono responsabili di nuove esperienze interferiscono con i segnali dei neu...

Gli interventi non farmacologici per l'Alzheimer sono sia efficaci che co…

19.04.2023 | Ricerche

Un team guidato da ricercatori della Brown University ha usato una simulazione al computer per di...

Districare la tau: ricercatori trovano 'obiettivo maneggiabile' per …

30.01.2019 | Ricerche

L'accumulo di placche di amiloide beta (Aβ) e grovigli di una proteina chiamata tau nel ...

Alzheimer, Parkinson e Huntington condividono una caratteristica cruciale

26.05.2017 | Ricerche

Uno studio eseguito alla Loyola University di Chicago ha scoperto che delle proteine ​​a...

Cosa rimane del sé dopo che la memoria se n'è andata?

7.04.2020 | Esperienze & Opinioni

Il morbo di Alzheimer (MA) è caratterizzato da una progressiva perdita di memoria. Nelle...

Ritmi cerebrali non sincronizzati nel sonno fanno dimenticare gli anziani

18.12.2017 | Ricerche

Come l'oscillazione della racchetta da tennis durante il lancio della palla per servire un ace, l...

Microglia: ‘cellule immunitarie’ che proteggono il cervello dalle malattie, ma…

28.05.2020 | Esperienze & Opinioni

Sappiamo che il sistema immunitario del corpo è importante per tenere tutto sotto controllo e per...

L'impatto del sonno su cognizione, memoria e demenza

2.03.2023 | Ricerche

Riduci i disturbi del sonno per aiutare a prevenire il deterioramento del pensiero.

"Ci...

Infezione cerebrale da funghi produce cambiamenti simili all'Alzheimer

26.10.2023 | Ricerche

Ricerche precedenti hanno implicato i funghi in condizioni neurodegenerative croniche co...

Fruttosio prodotto nel cervello può essere un meccanismo che guida l'Alzh…

29.09.2020 | Ricerche

Una nuova ricerca rilasciata dalla University of Colorado propone che il morbo di Alzhei...

Dosi basse di radiazioni possono migliorare la qualità di vita nell'Alzhe…

6.05.2021 | Ricerche

Individui con morbo di Alzheimer (MA) grave hanno mostrato notevoli miglioramenti nel co...

IFITM3: la proteina all'origine della formazione di placche nell'Alz…

4.09.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dall'accumulo...

Il Protocollo Bredesen: si può invertire la perdita di memoria dell'Alzhe…

16.06.2016 | Annunci & info

I risultati della risonanza magnetica quantitativa e i test neuropsicologici hanno dimostrato dei...

Sciogliere il Nodo Gordiano: nuove speranze nella lotta alle neurodegenerazion…

28.03.2019 | Ricerche

Con un grande passo avanti verso la ricerca di un trattamento efficace per le malattie n...

Smontata teoria prevalente sull'Alzheimer: dipende dalla Tau, non dall�…

2.11.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca che altera drasticamente la teoria prevalente sull'or...

L'Alzheimer inizia all'interno delle cellule nervose?

25.08.2021 | Ricerche

Uno studio sperimentale eseguito alla Lund University in Svezia ha rivelato che la prote...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

Seguici su

 
enfrdeites

We use cookies

We use cookies on our website. Some of them are essential for the operation of the site, while others help us to improve this site and the user experience (tracking cookies). You can decide for yourself whether you want to allow cookies or not. Please note that if you reject them, you may not be able to use all the functionalities of the site.