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Allucinazioni di pazienti con demenza possono essere trattate meglio con la terapia

Nuove ricerche suggeriscono che il principale metodo di trattamento utilizzato oggi per le allucinazioni provate dalle persone con demenza (farmaci da prescrizione) può fare più male che bene.

La demenza è caratterizzata da una perdita acuta di capacità cognitiva ed è spesso associata a perdita di memoria, attenzione diminuita e disorientamento.


In un nuovo studio, i ricercatori studiano la pratica di prescrivere psicofarmaci per attenuare i sintomi come deliri e allucinazioni. Secondo Jiska Cohen-Mansfield (foto), Ph.D., molte delle allucinazioni provate dai pazienti con demenza possono avere una base razionale e potrebbero essere trattate più efficacemente attraverso la terapia comportamentale piuttosto che con i farmaci. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Psychiatry Research.


I ricercatori hanno esaminato sei categorie comuni di allucinazione, compresi i timori di abbandono, i sospetti che i beni dei pazienti fossero rubati e il sentire di non essere "a casa". I partecipanti allo studio sono stati 74 adulti di nove case di riposo in Israele, che avevano ricevuto una diagnosi di demenza. Il team di ricerca ha interrogato i caregivers, compresi infermieri professionali e personale delle strutture, che avevano rapporti quotidiani con i pazienti. Hanno valutato elementi tra cui lo stato mentale del paziente, la patologia comportamentale, e gli incidenti di trauma precedenti. Ai caretakers è stato chiesto di descrivere non solo i deliri del paziente, ma di spiegare le circostanze in cui sono emersi.


Dalle informazioni raccolte, i ricercatori hanno scoperto che una grande percentuale delle allucinazioni descritte dai caregivers sembravano avere spiegazioni logiche. Alcune erano anche il risultato del rivivere traumi subiti in precedenza nella loro vita. "Se si comincia a pensare a queste allucinazioni dal punto di vista del paziente affetto da demenza, si comincia a capire che i loro deliri sono riflessi spiegabili della realtà in cui vivono", ha detto la Cohen-Mansfield. Ad esempio, per i pazienti che ritengono di non essere a "casa", la casa di cura non ha soddisfatto la loro definizione di casa. L'ansia spesso accompagna la separazione dall'ambiente esterno o dai loro cari - una risposta razionale.


Capire queste percezioni 'logiche' può influire sul modo in cui gli operatori sanitari e i familiari rispondono ai pazienti con demenza, ha detto la Cohen-Mansfield. Considerare i loro deliri come "psicotici" li mette nella categoria delle gravi malattie mentali, cosa spesso impropria. Al contrario i caretakers, per lavorare con i pazienti, potrebbero escogitare metodi che prendono in considerazione il contesto.


La Cohen-Mansfield ha inoltre osservato che i partecipanti allo studio avevano una alta somministrazione di farmaci, il 47 per cento con antidepressivi, un terzo con sedativi / ipnotici e il 13,5 per cento con antipsicotici. "Se si potesse accertare perché il paziente sta vivendo questi 'deliri', si potrebbe creare un altro piano di trattamento che risolve i problemi di orientamento", ha detto.


In sintesi, etichettare una persona con demenza come affetta da delirio potrebbe non essere corretto o infondato. Una analisi più approfondita dei comportamenti è in grado di favorire l'empatia, la comprensione, e infine un trattamento più umano e compassionevole.

 

 

 

 

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Fonte: American Friends at Tel Aviv University

Scritto da Rick Nauert PhD (Senior News Editor), controllato da John M. Grohol, Psy.D.

Pubblicato in PsychCentral il 28 Marzo 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.

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