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Qual'è il collegamento tra sonno e ansia?

Sono stati presentati a Neuroscience 2018, la conferenza annuale della Society for Neuroscience, tenutasi l'anno scorso a San Diego, in California, i risultati di una ricerca che suggeriscono che la perdita di sonno e l'ansia sono strettamente collegati. Le notizie non sono tutte terribili, tuttavia: l'evento dell'anno scorso ha offerto scienza incoraggiante insieme a motivi di preoccupazione.


La neuroscienza continua a concentrarsi sui misteri del sonno (e sì, è ancora molto misterioso, nonostante l'ubiquità dei media), non solo sui pericoli di non riuscire a dormire a sufficienza, ma anche sull'elenco dei ruoli vitali che ha nel nostro cervello.


La ricerca discussa durante l'evento del 2018 ha toccato una serie di risultati, dai ruoli del sonno nel consolidamento della memoria alla rimozione dei rifiuti dal tessuto cerebrale. Stiamo imparando ogni anno da più studi che il sonno, compresi i pisolini diurni ben posizionati, facilita il consolidamento delle informazioni nel cervello, spostando il carico di ricordi dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine e migliorando la sua accessibilità per il momento in cui ne abbiamo bisogno.


Senza sonno, la memoria semplicemente non c'è.


Abbiamo anche imparato che il sonno fornisce al cervello un'opportunità inestimabile di trasporto delle tossine dal tessuto neurale attraverso un complesso sistema di rimozione dei rifiuti. Operando separatamente dal sistema linfatico del corpo, l'apparato di smaltimento dei rifiuti del cervello (sistema glinfatico) sembra dipendere dal sonno per funzionare correttamente. I collegamenti tra malattie neurodegenerative, come l'Alzheimer e l'accumulo di tossine nel tessuto cerebrale, sono eccezionalmente forti e la perdita di sonno è uno dei probabili colpevoli.


Una sessione di gruppo all'evento dell'anno scorso, intitolata 'Minacce della privazione del sonno' ha messo in luce nuove scoperte sulla connessione tra la perdita di sonno e l'ansia. "La privazione del sonno non è ciò che di solito pensiamo che sia", ha detto il moderatore della sessione Clifford Saper MD/PhD, della Harvard Medical School. Di solito non è "stare svegli 40 ore di fila", ma piuttosto perdere gradualmente il sonno nel tempo.


Saper ha osservato che la maggior parte della privazione del sonno è più specificamente la privazione del sonno REM (rapid eye movement, movimento oculare rapido), riferendosi al periodo del sonno durante il quale il corpo diventa più rilassato, mentre il cervello diventa più attivo.


Durante il ciclo normale del sonno, le persone trascorrono circa il 20% del tempo in REM, ma il sonno interrotto fa deragliare il ciclo, con conseguenze per la memoria, il sistema nervoso e immunitario e altro ancora. La ricerca presentata al gruppo ha rilevato che l'attività cerebrale dopo periodi di privazione del sonno rispecchia l'attività cerebrale tipica dei disturbi d'ansia.


L'amigdala (la sede della risposta lotta-o-fuggi del cervello) è particolarmente 'stimolata' quando non abbiamo dormito abbastanza. Uno studio ha scoperto che il cervello dei partecipanti che avevano sperimentato anche brevi periodi di privazione del sonno mostrava maggiore attività in un complesso di "regioni generatrici di emozioni" del cervello e una ridotta attività in "regioni che regolano le emozioni".


Questi risultati sono collegati al motivo per cui le persone con disturbi d'ansia riportano spesso un'esplosione di ansia al mattino. Il sonno scadente sembra mettere il cervello in guardia, innescando picchi di ormoni dello stress come il cortisolo, producendo una 'fioritura di ansia' precoce, prima ancora che inizi la giornata.


Il lavoro di gruppo ha anche affrontato il 'circolo vizioso tra ansia e perdita del sonno': mentre la perdita del sonno è spesso un precursore dei disturbi d'ansia, l'ansia porta anche alla perdita del sonno. Le condizioni si alimentano a vicenda, con effetti aggravanti.


Per fortuna, la scienza offre anche buone notizie con applicazioni pratiche. Poiché il legame tra ansia e sonno è così forte, i ricercatori hanno riferito che la 'terapia del sonno' potrebbe essere un metodo efficace per trattare i disturbi d'ansia. Trovare i modi per migliorare il sonno di un paziente con ansia potrebbe essere una delle opportunità più trascurate e accessibili di trattamento.


"I risultati [della ricerca] suggeriscono che la terapia del sonno potrebbe ridurre l'ansia nelle popolazioni non cliniche, così come nelle persone che soffrono di attacchi di panico, disturbo d'ansia generalizzato, disturbo da stress post-traumatico e altre condizioni", ha detto il primo autore dello studio Eti Ben-Simon PhD, del Center for Human Sleep Science dell'Università della California di Berkeley.


E la buona notizia è che molti degli effetti negativi della perdita del sonno sembrano reversibili dopo una sola notte di sonno tranquillo: "Per le persone sane, la ricerca mostra che una notte di sonno ristoratore riporta i sistemi online e riporta i livelli di ansia alla normalità", ha aggiunto il dott. Ben-Simon.


Il che potrebbe aiutare a spiegare perché le ricerche precedenti hanno scoperto che recuperare il sonno durante il fine settimana si rivela [parzialmente] efficace: un paio di notti di sonno solido possono bilanciare molti dei lati negativi delle notti stressanti infrasettimanali. Non è una soluzione ideale (il gold standard è dormire costantemente bene), ma è certamente meglio che non riprendersi del tutto.

 

Da portare a casa:

Anche se stai lottando per dormire bene, assicurati di avere almeno una notte o due di recupero durante la settimana, per sintonizzare le parti del cervello che generano emozioni e riportare online la regolazione delle emozioni. Questo è solo uno dei tanti vantaggi di dormire bene la notte, ma è cruciale soprattutto quando si tratta di gestire l'ansia.

 

 

 


Fonte: David DiSalvo in Psychology Today (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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