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Mia madre era a favore della morte assistita. Ora ha la demenza, non sono sicuro di essere d'accordo

Mia madre era a favore della morte assistita. Ora ha la demenza, non sono sicuro di essere d'accordoBernard Lyall con la madre, ex giornalista e scrittrice, nel 90° compleanno.

Quindi è ufficiale. Mia madre, Katharine Whitehorn, ha il morbo di Alzheimer (MA). Lei, che è vissuta interamente del suo ingegno, ora lo ha perso. Sembra crudele? Prova a guardare una persona dignitosa e privata che perde tutto ciò che apprezza, subisce ogni umiliazione che puoi immaginare, se vuoi capire cosa significa crudeltà.


Non riesco a ricordare esattamente quando Kath ci ha detto cosa succedeva. Stavamo camminando su Hampstead Heath. Si era sottoposta a varie indagini per spiegare, oltre alla sua memoria deteriorata, alcuni episodi preoccupanti di confusione, persino di allucinazione. Ora il risultato è arrivato. Non ero molto sorpreso, ma ciò metteva la parola fine alla questione.


E' stata quasi l'ultima conversazione sincera che abbiamo avuto con lei a riguardo. Kath voleva che fossi sicuro che Fleet Street [strada di Londra, sede dei maggiori giornali britannici fino agli anni '80] non fiutasse della sua diagnosi; pensava che nessuno l'avrebbe presa sul serio se lo avessero saputo (e, per la cronaca, ho fatto come lei aveva chiesto, fino a quando tutti l'hanno capito comunque). Ma anche quando le parlavo da sola, il MA diventava subito qualcosa di innominabile, girava in tondo, si avvicinava obliquamente.


A quel punto aveva subìto diversi colpi che avrebbero potuto fare cadere la casa (perdere il marito di 45 anni, cancro intestinale, una retina distaccata) e nell'attraversarli, il baluardo che tratteneva la disperazione era il suo istinto a fare una faccia coraggiosa, cercare di ignorarlo e passare oltre, a prescindere. È stato il modo in cui la sua generazione ha affrontato le cose, è come le sta affrontando ora, e, devo ammettere, probabilmente quello che l'ha mantenuta sana. Quante menti possono contemplare la propria disintegrazione?


Ma per quelli intorno a lei, spinti nel ruolo di caregiver, quell'approccio è stato disastroso. Desidero, più di ogni altra cosa, che Kath non si sia mai ammalata. Ma, subito dopo, vorrei che noi, io, mia moglie e mio fratello, avessimo potuto parlarle di quello che stava succedendo. Abbiamo provato, in vari modi negli anni seguenti, ad avere discussioni franche. Ma ogni volta che speravamo che capisse qualche nuova limitazione, o accettasse un nuovo livello di attenzione, dovevamo scegliere tra la complicità di una finzione salva-faccia, ma alla fine inutile, e il provocare rabbia irragionevole.


Diciotto mesi fa, per la prima volta, ho assunto una caregiver durante il periodo del nuovo anno, quando nessun altro poteva stare con lei. Per risparmiarle l'imbarazzo, ho detto che era solo per smettere di preoccuparmi. Ma, senza capire, senza accettare e furiosa, mi ha sgridato per questo, addirittura dalle pagine dell'Observer (ti auguro di non vivere mai in una famiglia che lancia messaggi all'altro sulla stampa nazionale). Mesi dopo, fingendo che non avesse bisogno di aiuto, passammo un'altra giovane caregiver come 'amica che aveva bisogno di una stanza'. Kath, senza sorpresa, ha messo la sua "ospite" non invitata così a disagio che se n'è andata dopo due notti.


Il recente articolo di Polly Toynbee, che ha rivelato la difficile situazione di Kath, riguardava il business della morte assistita. Kath aveva argomentato a favore del diritto di morire, ha un testamento biologico e sarebbe stata inorridita nel vedersi così. Tre anni fa, alle prese con una polmonite, pensò che stava morendo, e fu abbastanza rilassata e commossa per tutto ciò che la vita le aveva portato. Ma ora il potere di lasciarla andare è caduto su di me, non è così semplice.


La sospensione dei farmaci non è moralmente coraggiosa più degli antichi greci che lasciavano cadere i bambini indesiderati dal fianco della collina, e non è sempre clinicamente semplice. Ma anche se ci fosse permesso di porre fine in modo proattivo alla vita di qualcuno in base alle sue istruzioni precedenti, il suo sé più giovane avrebbe il permesso di prendere tali decisioni per la persona che è ora? Polly la pensa così, e la giovane Kath avrebbe potuto essere d'accordo. Ma la giovane Kath non è qui, e quella vecchia, di solito, è piuttosto soddisfatta.


Quindi non posso fare a meno di chiedermi a proposito di questo senso vicario di vergogna, a ciò che Polly, in un altro pezzo sul diritto di morire, ha definito "collasso mentale umiliante". Chi, esattamente, viene umiliato qui? Chi si vergogna? Non Kath, posso dirtelo, non più. Dovremmo essere umiliati per lei?


In questo momento, è tutto piuttosto fuori luogo. Ciò che più conta per me non è come morire con la demenza, ma come conviverci. Quasi un terzo di coloro che raggiungono l'età di Kath può aspettarsi di avere il MA o qualcosa del genere. Se posso dire qualcosa di utile dopo aver vissuto questa esperienza, deve essere: parlane, per l'amor di Dio, mentre la conversazione è ancora possibile. Parla di come e in quale fase dovrebbero iniziare le cure di vario tipo. Fai fare quella procura, trova informazioni su caregiver e case di riposo, decidi chi avrà la tua fiducia - non solo per scrivere assegni, ma per dire le verità sgradevoli.


Qualche tempo fa, ho chiesto a Kath cosa avrebbe fatto se non avesse più potuto scrivere la sua rubrica. Non aveva proprio una risposta. Il suo lato intellettuale e pubblico era quello che contava. Era la vera lei. Non ha hobby (ha lavorato a maglia per il mio neonato più piccolo, ma ha chiarito che si trattava di un gesto unico), è stata benignamente, ma solo vagamente, interessata ai suoi nipoti, e non è in realtà molto interessata alle arti.


Mentre il MA prendeva, una per una, tutte le cose che riteneva importanti, aveva ben poco con cui sostituirle. È stata, per quanto confusa, annoiata dalla vita che sempre più ha dovuto condurre. Quindi l'altra cosa che direi, da questo lato del recinto, è: non siamo il nostro lavoro. Osserva, valuta e cerca di essere felice con le cose più semplici - un giorno potresti scoprire che sono tutto ciò che rimane.


Uno degli aspetti più tristi della negazione pubblica e privata di Kath della sua malattia è che non ne ha mai parlato. Professionalmente, lei preferiva semplicemente ritrarsi, lasciando senza dubbio molti a chiedersi cosa mai le fosse successo. Ma immagina se lei avesse usato l'intuizione, l'onestà e l'umorismo con cui parlava di tutto il resto per portarci una visione del MA dall'interno - che regalo, che ultima frecciata potrebbe essere stata.

 

 

 


Fonte: Bernard Lyall in The Guardian (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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