Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Ipotesi: potrebbe essere il sistema immunitario a scatenare l'Alzheimer?

Negli ultimi decenni l'ipotesi amiloide è stata centrale nella ricerca di Alzheimer. Essa postula che il morbo deriva dall'accumulo del peptide amiloide-beta (A-beta), che porta alla deposizione di grovigli neurofibrillari, costituiti dalla proteina tau che è associata ai microtubuli.


Ma l'Alzheimer è anche caratterizzato da una risposta infiammatoria, guidata principalmente dalle microglia del cervello. Le cellule microgliali sono i macrofagi del sistema nervoso centrale, essendo il primo punto di controllo delle difese immunitarie nel cervello e nel midollo spinale. Poiché questa risposta infiammatoria aumenta con la progressione della malattia, di solito è considerata una conseguenza degli eventi fisiopatologici che portano alla progressione dell'Alzheimer.


Ma questa visuale potrebbe essere in fase di cambiamento. Negli ultimi anni, dati emergenti dagli studi sperimentali e clinici hanno suggerito la possibilità che la neuroinfiammazione non sia una semplice conseguenza della progressione dell'Alzheimer, ma una causa reale che contribuisce alla sua patogenesi.


In questo cambiamento un passo fondamentale è stata l'identificazione dei legami tra l'Alzheimer e le mutazioni nei geni associati alle risposte immunitarie innate. All'Alzheimer è stata collegata una miriade di molecole del sistema immunitario, e molte di loro sono state identificate nel tessuto cerebrale dei pazienti di Alzheimer. L'ipotesi «cascata amiloide» considera questi cambiamenti come conseguenza della deposizione di A-beta, ma sta diventando evidente che queste reazioni infiammatorie possono essere associate ai sintomi iniziali che precedono l'Alzheimer.


Ma affermare che l'Alzheimer è una malattia neuroinfiammatoria è come entrare nelle sabbie mobili. Sebbene la neuroinfiammazione, per definizione, sia una infiammazione del tessuto nervoso, questo termine è di solito associato con l'infiammazione cronica, piuttosto che con una risposta acuta. Inoltre, non c'è probabilmente nessun disturbo del sistema nervoso centrale (o qualsiasi altro sistema) in cui il sistema immunitario non sia coinvolto in qualche modo, anche se in minima parte.


Le malattie neuroinfiammatorie, come la sclerosi multipla, sono tradizionalmente distinte dalle malattie neurodegenerative in base al ruolo dell'infiammazione e al tipo di risposta infiammatoria. La visione classica è che le risposte delle cellule gliali nelle malattie neurodegenerative fanno parte dei meccanismi di progressione della malattia, mentre l'attivazione immunitaria nelle malattie neuroinfiammatorie tradizionali fa parte dei meccanismi di insorgenza della malattia.


Le malattie neuroinfiammatorie comportano l'invasione dei tessuti da parte di cellule del sistema immunitario adattativo portate dal sangue, cioè linfociti T e B; dall'altra parte, l'infiammazione nelle malattie neurodegenerative come l'Alzheimer è guidata principalmente da cellule immunitarie innate che risiedono nel sistema nervoso centrale, cioè le microglia.


Le cellule microgliali sorvegliano il cervello per la presenza di agenti patogeni o altre minacce e mantengono la stabilità del sistema nervoso centrale. Nel contesto dell'Alzheimer, le cellule microgliali possono rilevare la presenza di aggregati proteici e rispondere ad essi.


Si ipotizza che un contributo allo sviluppo dell'Alzheimer possa venire da una perdita della capacità delle microglia di rispondere all'aggregazione dell'A-beta, permettendo quindi a tale aggregazione e deposizione di procedere. Questo punto di vista è supportato da studi genetici in pazienti con Alzheimer che descrivono le mutazioni nelle molecole immunitarie innate che possono compromettere la reattività delle microglia.


Al di là delle evidenze genetiche, ci sono altri segni che indicano un coinvolgimento del sistema immunitario nelle prime fasi del processo della malattia. Questi includono, per esempio, alcuni mediatori immunologici presenti nel liquido cerebrospinale dei malati di Alzheimer all'inizio, o le prove epidemiologiche che indicano che il trattamento prolungato con farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS) riduce il rischio di sviluppo dell'Alzheimer.


Alcuni studi sperimentali si sono spinti fino a proporre che in realtà una sfida immunitaria può essere sufficiente a causare l'Alzheimer, almeno in certi contesti. Per esempio, le risposte neuroinfiammatorie indotte localmente dopo i traumi cerebrali, o l'infiammazione sistemica derivante da condizioni croniche esterne al sistema nervoso centrale (tipo obesità o diabete di tipo 2), possono scatenare le condizioni neurodegenerative. Uno studio recente ha anche legato le infezioni orali allo sviluppo dell'Alzheimer.


Inoltre, studi sul cervello che invecchia hanno dimostrato una vasta sovra-regolazione dei geni associati alla risposta innata del sistema immunitario. E' possibile che nelle malattie neurodegenerative come l'Alzheimer, il processo di sovra-regolazione sia esacerbato, contribuendo all'insorgenza della malattia.


Anche se tutto questo è ancora in gran parte ipotetico, il fatto è che ci sono sempre più prove che suggeriscono che nell'Alzheimer ci può essere un contributo rilevante dei meccanismi immunologici. E questa prova non può essere trascurata.

 

 

Referenze:

  • Chan G, White CC, Winn PA, Cimpean M, Replogle JM, Glick LR, Cuerdon NE, Ryan KJ, Johnson KA, Schneider JA, Bennett DA, Chibnik LB, Sperling RA, Bradshaw EM, & De Jager PL (2015). CD33 modulates TREM2: convergence of Alzheimer loci. Nature neuroscience, 18 (11), 1556-8 PMID: 26414614
  • Heneka MT, Carson MJ, El Khoury J, Landreth GE, Brosseron F, Feinstein DL, Jacobs AH, Wyss-Coray T, Vitorica J, Ransohoff RM, Herrup K, Frautschy SA, Finsen B, Brown GC, Verkhratsky A, Yamanaka K, Koistinaho J, Latz E, Halle A, Petzold GC, Town T, Morgan D, Shinohara ML, Perry VH, Holmes C, Bazan NG, Brooks DJ, Hunot S, Joseph B, Deigendesch N, Garaschuk O, Boddeke E, Dinarello CA, Breitner JC, Cole GM, Golenbock DT, & Kummer MP (2015). Neuroinflammation in Alzheimer’s disease. The Lancet. Neurology, 14 (4), 388-405 PMID: 25792098
  • Heneka MT, Golenbock DT, & Latz E (2015). Innate immunity in Alzheimer’s disease. Nature immunology, 16 (3), 229-36 PMID: 25689443
  • Heppner FL, Ransohoff RM, & Becher B (2015). Immune attack: the role of inflammation in Alzheimer disease. Nature reviews. Neuroscience, 16 (6), 358-72 PMID: 25991443
  • Olsen I, & Singhrao SK (2015). Can oral infection be a risk factor for Alzheimer’s disease? Journal of oral microbiology, 7 PMID: 26385886
  • Song F, Qian Y, Peng X, Han G, Wang J, Bai Z, Crack PJ, & Lei H (2015). Perturbation of the transcriptome: implications of the innate immune system in Alzheimer’s disease. Current opinion in pharmacology, 26, 47-53 PMID: 26480202

 

 


Fonte: Sara Adaes PhD/Università di Porto, in Brainblogger.com (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Riprogrammare «cellule di supporto» in neuroni per riparare il cervello adulto…

21.11.2014 | Ricerche

La porzione del cervello adulto responsabile del pensiero complesso, la corteccia cerebrale, non ...

I possibili collegamenti tra sonno e demenza evidenziati dagli studi

24.11.2017 | Ricerche

Caro Dottore: leggo che non dormire abbastanza può aumentare il rischio di Alzheimer. Ho avuto pr...

Cervello del toporagno si restringe in inverno e rinasce in estate: c'è q…

10.09.2025 | Ricerche

I toporagni comuni sono uno dei pochi mammiferi noti per restringere e far ricrescere in...

Studio dimostra il ruolo dei batteri intestinali nelle neurodegenerazioni

7.10.2016 | Ricerche

L'Alzheimer (AD), il Parkinson (PD) e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) sono tutte ...

Perché la tua visione può prevedere la demenza 12 anni prima della diagnosi

24.04.2024 | Ricerche

 

Gli occhi possono rivelare molto sulla salute del nostro cervello: in effetti, i p...

Cosa rimane del sé dopo che la memoria se n'è andata?

7.04.2020 | Esperienze & Opinioni

Il morbo di Alzheimer (MA) è caratterizzato da una progressiva perdita di memoria. Nelle...

I dieci psicobiotici di cui hai bisogno per un cervello felice

9.09.2019 | Esperienze & Opinioni

Psicobiotici? Cosa sono gli psicobiotici?? Bene, cosa penseresti se io dicessi che la tu...

Un segnale precoce di Alzheimer potrebbe salvarti la mente

9.01.2018 | Esperienze & Opinioni

L'Alzheimer è una malattia che ruba più dei tuoi ricordi ... ruba la tua capacità di ese...

La lunga strada verso la demenza inizia con piccoli 'semi' di aggreg…

20.11.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) si sviluppa nel corso di decenni. Inizia con una reazione a c...

36 abitudini quotidiane che riducono il rischio di Alzheimer

2.07.2018 | Esperienze & Opinioni

Sapevi che mangiare carne alla griglia potrebbe aumentare il rischio di demenza? O che s...

10 Consigli dei neurologi per ridurre il tuo rischio di demenza

28.02.2023 | Esperienze & Opinioni

La demenza colpisce milioni di persone in tutto il mondo, quasi un over-65 su 10. Nonost...

'Ingorgo' di proteine nei neuroni legato alla neurodegenerazione

12.09.2022 | Ricerche

Un nuovo studio condotto da ricercatori dell'EPFL rivela che un complesso proteico malfunzionante pu...

Sintomi visivi bizzarri potrebbero essere segni rivelatori dell'Alzheimer…

1.02.2024 | Ricerche

Un team di ricercatori internazionali, guidato dall'Università della California di San F...

LATE: demenza con sintomi simili all'Alzheimer ma con cause diverse

3.05.2019 | Ricerche

È stato definito un disturbo cerebrale che imita i sintomi del morbo di Alzheimer (MA), ...

Vecchio farmaco per l'artrite reumatoide suscita speranze come cura per l…

22.09.2015 | Ricerche

Scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto che il salsalato, un farmaco usato per trattar...

Il caregiving non fa male alla salute come si pensava, dice uno studio

11.04.2019 | Ricerche

Per decenni, gli studi nelle riviste di ricerca e la stampa popolare hanno riferito che ...

5 tipi di ricerca, sottostudiati al momento, potrebbero darci trattamenti per …

27.04.2020 | Esperienze & Opinioni

Nessun ostacolo fondamentale ci impedisce di sviluppare un trattamento efficace per il m...

Svelati nuovi percorsi per la formazione di memoria a lungo termine

31.12.2024 | Ricerche

Ricercatori del Max Planck Florida Institute for Neuroscience hanno scoperto un nuovo percorso pe...

Demenze: forti differenze regionali nell’assistenza, al Nord test diagnostici …

30.01.2024 | Annunci & info

In Iss il Convegno finale del Fondo per l’Alzheimer e le Demenze, presentate le prime linee guida...

10 cose da non fare con i malati di Alzheimer

10.12.2015 | Esperienze & Opinioni

Mio padre aveva l'Alzheimer.

Vederlo svanire è stata una delle esperienze più difficili d...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)