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Il momento giusto per una diagnosi di demenza

Preoccupato per la tua memoria? O la memoria di un genitore? E' il momento di fare un test per l'Alzheimer e confermare o smentire le tue paure?


Dato lo stigma, la mancanza di medicine utili, l'assenza di una cura, mi sono fatta delle domande sul momento per fare una diagnosi precoce. Quando è troppo presto per sapere? La prima volta che si mette il bollitore in frigo? La prima volta non si riesce a trovare la strada di casa? Sicuramente una volta che una persona è marcata dalla malattia cambia il modo in cui è vista e trattata dalla famiglia, dagli amici e dal resto del mondo. Sicuramente è meglio brancolare il più a lungo possibile senza una etichetta.


Non tutti condividono questo punto di vista. Sono piena di ammirazione per le persone della campagna Alzheimer's Australia, lanciata la scorsa settimana, tesa a far terminare lo stigma intorno alla demenza. Si deve davvero vedere questo video (in Inglese): mostra tre persone tra 60 e 70 anni (Glenda, Graeme e Keith) che hanno una diagnosi di demenza e sono felici di rivelarlo. Si esprimono chiaramente; soffrono per l'esclusione che hanno sofferto, ma sono impegnati a vivere. Cantano in un coro, giocano a bowling, fanno volontariato. Essi dimostrano che la demenza non arriva in pieno subito; non comincia con lo sguardo muto e vuoto del momento finale. Per molti anni le persone possono condurre una vita propositiva se gli altri mostrano comprensione e sono tolleranti.


Eppure, ricevere la diagnosi, e "dirlo", sono dotati di costi. "Mi sentivo come se volessi scappare", dice Glenda, ex preside di scuola. "Volevo quasi morire ... mi sembrava che fosse la fine della mia vita". Gli amici scompaiono; nessuno sa cosa dire ... è tutto troppo imbarazzante. Non molto è cambiato da quando Hazel Hawke, moglie dell'ex primo ministro australiano, se ne è uscita annunciandolo coraggiosamente su Australian Story della ABC nel 2003. E' ancora l'unico australiano di rilievo ad ammettere di soffrire di Alzheimer, per quanto ne so.


Nonostante la maggiore consapevolezza, non abbiamo meno paura della malattia e non siamo più vicini ad una vaccinazione, un trattamento o una cura. Non mi sorprende che secondo Alzheimer's Australia il 50 per cento delle persone con demenza muoiono senza avere ricevuto la diagnosi della malattia. Forse molte persone si chiedono perchè, ma ora c'è una grande spinta per lo screening precoce della demenza.


In Gran Bretagna sono fiorite varie cliniche della memoria; il governo si è impegnato a realizzarne "una in ogni paese e in ogni città", e i medici di base sono ricompensati per effettuare test di memoria ai pazienti più anziani. Negli Stati Uniti Medicare [l'assicurazione sanitaria] rimborsa una visita annuale di benessere se il medico esegue un test di memoria. Le scansioni PET del cervello sono l'ultimo sviluppo, pur essendo controverse nel rilevare i segni dell'Alzheimer 15 anni o più prima che si manifesti la malattia.


Specialisti australiani in medicina geriatrica, tra cui il professor David Le Couteur dell'Università di Sydney e la dott.ssa Helen Creasey ex del Concord Hospital, hanno causato scalpore con un articolo pubblicato sul British Medical Journal lo scorso anno, dove criticavano la corsa ai test precoci. Tali esami sono spesso angoscianti, costosi e imprecisi, secondo loro, e potrebbero espandere la diagnosi di demenza per includere sempre più persone.


"Anche se l'evidenza suggerisce che solo il 5-10 per cento delle persone con sintomi cognitivi lievi svilupperanno una demenza ogni anno, l'attuale politica in molti paesi è volta a favorire una diagnosi di demenza più diffusa e precoce", ha detto il professor Le Couteur. In Australia la maggior parte degli esperti ritengono che ricevere una diagnosi formale sia una buona idea e alcuni consulenti, mi si dice, stanno già usando le scansioni PET su pazienti che possono permettersi di pagarle.


Ma l'enfasi qui è più spesso su una diagnosi «tempestiva» che non su una precoce. Glen Rees l'amministratore delegato di Alzheimer's Australia mi ha detto: "Se una persona ha avuto un susseguirsi di eventi drammatici e spaventosi che le dimostra di non funzionare, in quella fase se non prima, è saggio andare dal medico. Molte persone affette da demenza dicono che è un sollievo ottenere una diagnosi. Essa conferma quello che sanno: che qualcosa non va. Consente l'accesso ai servizi e al sistema di assistenza e può essere un messaggio per mettere i propri affari in ordine".


Nel caso del trio del video, una diagnosi formale è stata probabilmente imperativa dato che i sintomi erano iniziati tra i 50 e i 60 anni. Con la demenza ad insorgenza precoce (prima dei 65 anni) le famiglie sono alla ricerca disperata di una spiegazione del comportamento bizzarro di una persona cara. La demenza potrebbe essere la cosa più lontana dalla mente di qualcuno, e quindi una diagnosi formale può risolvere un mistero.


Sono andata dal professor Le Couteur e dalla dott.ssa Creasey, i critici dello screening precoce, per chiedere se ci fosse un momento giusto per una diagnosi formale. Entrambi hanno convenuto che, come con altri problemi di salute, se i sintomi hanno un impatto significativo sulla vita di una persona, si dovrebbe vedere un medico. La Dott.ssa Creasey ha detto che sono spesso i caregiver a volere la certezza di una diagnosi.


Una volta collegati ai gruppi di sostegno, i caregiver possono trarre benefici imparando il modo migliore per rispondere a una persona cara con Alzheimer. "Ma per la persona con Alzheimer i benefici di una diagnosi non sono così chiari", ha detto. "Le persone possono deprimersi, anche suicidarsi. Sono ostracizzati, possono perdere il loro status e autonomia".


Il Professor Le Couteur l'ha girato in modo più filosofico: "E' meglio essere un anziano che essere un paziente professionista, con test da fare, pillole da prendere e medici da incontrare", ha detto, aggiungendo che "la fragilità e la demenza attendono molte persone, se non la maggior parte di esse, quando vivono abbastanza a lungo".


Quindi cerchiamo di accettare la realtà che la demenza sarà una parte importante della vita, poichè molti più di noi vivono più a lungo; pesare i pro ed i contro di una diagnosi formale; essere comprensivi, non imbarazzati dalle persone con problemi di memoria; e concentrare l'aiuto sulle persone con demenza conclamata, le cui famiglie stanno veramente lottando.

 

 

 

 

 


FonteAdele Horin  (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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