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La scelta dI occuparsi di una persona cara è personale

La mamma diceva "non mettermi mai in un posto come questo". Lo diceva mentre passavamo una soglia ed entravamo da una porta alta e imponente in una casa di cura, una volta una casa maestosa, ora una struttura per prendersi cura di coloro che sono in uno stato di decrepitudine.


La prima cosa che notavi era l'odore; ti assaliva mentre chiudevi la porta, igienizzavi le mani sino a che era richiesto il disinfettante. L'aria era satura dell'odore di tutto ciò che veniva servito a pranzo. Ciò coinvolgeva sempre verdura bollita, abbastanza morbida da essere masticata tra le gengive, il che significa che era così morbida da impedire di capire quale vegetale era all'inizio. Quindi aggiungi l'odore del disinfettante, che mascherava lo svenevole odore di pipì.


Anni dopo, qualcuno ha osservato: "Non potrei mai vivere con una persona anziana, vecchia e incontinente: la mia casa sarebbe cosparsa per sempre della puzza di Old Lady Pee (come se fosse un profumo economico). Non potrei mai toglierlo dal tappeto".


Gli occupanti più infermi vivevano al piano terra; porte che davano sulle stanze in cui giacevano proni, inespressivi, a volte con la bocca aperta, che rifletteva l'ampia O degli occhi fissi. A volte erano seduti, accasciati, su una sedia a rotelle, in fila, parcheggiati di fronte a un televisore rauco con programmi diurni, tutta comunicazione aumentativa, e fingendo di essere ospiti pacifici.


Capivano una qualsiasi parola, mi chiedevo, mentre camminavo, sorridendo a chiunque mi guardasse, non importa quanto vacuamente? "Non mettermi mai in un posto come questo", sibilò di nuovo la mamma mentre salivamo le scale al primo piano dove dalle stanze senza-sole fuoriuscivano rumori e voci nel corridoio.


La persona che eravamo andate a visitare aveva tutte le sue facoltà, era impegnata e coinvolta. Gentile. Era solo vecchia. Vecchia e rotta e per lo più immobile. La mamma si era proposta di visitarla il più spesso possibile. Di restare insieme per circa un'ora. Per portare un po' di mondo esterno. L'ora si trascinava. Se era con lei, lanciavo sguardi di nascosto all'orologio, sperando che la lancetta dei minuti andasse avanti.


E poi, quando siamo partite, abbiamo chiuso con cura la grande porta dietro di noi, proprio come chiedeva l'avviso accanto. "Deve essere per il caso in cui uno dei pazienti voglia farsi una vacanza. che dici?" ho chiesto a mamma una volta e lei ha riso. "Forse". E dice di nuovo: "Per favore, non mettermi mai in un posto come questo".


Eppure, a conti fatti, il posto era comodo e carino, il personale cordiale e gentile, il cibo (verdure a parte) apparentemente ragionevole, i giardini accessibili e ben curati, e il cameratismo tra gli occupanti evidente, almeno tra quelli che potevano comunicare tra loro. Era un luogo bucolico e delicato.


La mamma lo ha detto perché pensava che potessimo metterla in una casa di riposo? Lo ha detto perché pensava che, anticipando l'eventualità, poteva scongiurarla? O lei intendeva, per favore non lasciarmi mai così: dipendente, decrepita, demente?


Alla fine ha vissuto con me, fino all'ultimo minuto. Eppure, eppure, è stata la cosa migliore? Per lei? Ho fatto del mio meglio, ma non è sempre stato il meglio e spesso non era nemmeno abbastanza buono. La gente mi diceva spesso: "Non potrei mai fare quello che fai". Intendevano, prendersi cura di una persona anziana il cui cervello era devastato dalla demenza.


E se tu non avessi un'opzione migliore? Noi l'avevamo? O consideravamo questa la migliore sistemazione per la mamma, quella giusta per la nostra famiglia? Questo è il punto. Devi fare ciò che è giusto per la tua situazione. Devi elaborare un elenco di pro, contro e aspetti pratici. E qualunque cosa tu decida, quella decisione non sarà mai quella giusta per ogni momento. Ma saprai sempre di averlo presa per le ragioni giuste in quel momento.


Questo ho imparato. Ho imparato che non era facile. Non imparato a non giudicare mai le scelte di assistenza di un'altra persona, indipendentemente dalla scelta, per testimoniare che prendersi cura di una persona cara è difficile, non importa dove si fa o chi lo fa. Questa è una malattia difficile, non esiste una cura, nessuna risposta e certamente nessuna cosa giusta o sbagliata.

 

 

 


Fonte: Anthea Rowan in Psychology Today (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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