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L'Alzheimer World Report 2014 rivela come si può ridurre il rischio di demenza

Il World Alzheimer Report 2014 («Demenza e riduzione del rischio: Analisi dei fattori protettivi e modificabili»), pubblicato ieri, raccomanda che la demenza sia integrata nei programmi di sanità pubblica, sia mondiali che nazionali, insieme alle altre principali malattie non-trasmissibili (MNT).


L'Alzheimer's Disease International (ADI) ha commissionato il rapporto ad un team di ricercatori, guidati dal professor Martin Prince del King College di Londra. L'ADI ha pubblicato il rapporto, in occasione della Giornata Mondiale dell'Alzheimer™ (21 settembre) e all'interno del Mese Mondiale dell'Alzheimer, una campagna internazionale per aumentare la sensibilizzazione e sfidare lo stigma.


Il rapporto rivela che il controllo del diabete e della pressione alta, nonché le misure volte a far smettere di fumare e a ridurre il rischio cardiovascolare, hanno il potenziale di ridurre il rischio di demenza anche nell'ultima parte della vita. La relazione ha rilevato che il diabete può aumentare il rischio di demenza del 50%. L'obesità e la mancanza di attività fisica sono fattori di rischio importanti per il diabete e l'ipertensione, e dovrebbero, quindi, essere anche affrontati.


Anche se la salute cardiovascolare migliora in molti paesi ad alto reddito, molti paesi a reddito basso e medio mostrano un modello recente di esposizione crescente ai fattori di rischio cardiovascolare, con tassi in aumento di diabete, malattie cardiache e ictus.


Smettere di fumare è legato molto al rapporto con una riduzione del rischio di demenza. Ad esempio, gli studi di incidenza della demenza tra gli over-65 mostrano che gli ex-fumatori hanno un rischio simile a quelli che non hanno mai fumato, mentre coloro che continuano a fumare hanno un rischio molto più elevato.


Inoltre, lo studio ha rivelato che coloro che hanno avuto migliori opportunità educative hanno un rischio minore di demenza nella tarda vita. L'evidenza suggerisce che l'istruzione non ha alcun impatto sui cambiamenti cerebrali che portano alla demenza, ma riduce il loro impatto sul funzionamento intellettuale. Le evidenze presentate nel rapporto suggeriscono che, se entriamo nella vecchiaia con un cervello più sviluppato e sano, è probabile che vivremo più a lungo, più felici e più indipendenti, con una probabilità molto ridotta di sviluppare la demenza. La promozione della salute del cervello è importante durante tutta la vita, ma soprattutto nella mezza età, poichè i cambiamenti nel cervello possono iniziare decenni prima della comparsa dei sintomi.


Lo studio sollecita anche i programmi di MNT ad includere più persone anziane, con il messaggio che non è mai troppo tardi per cambiare, perchè il corso futuro dell'epidemia di demenza globale rischia di dipendere in modo cruciale dal successo o dal fallimento degli sforzi per migliorare la salute pubblica globale, in tutta la popolazione. Sarà strategicamente importante, efficiente ed economico unire gli sforzi per affrontare il crescente peso globale delle malattie non trasmissibili. Condurre una vita più sana è un passo positivo verso la prevenzione di una serie di malattie a lungo termine, compreso il cancro, le malattie cardiache, l'ictus e il diabete.


Tuttavia, i dati di un sondaggio pubblicato da Bupa, dimostrano che molte persone non hanno chiare le cause e le azioni che possono intraprendere per ridurre potenzialmente il rischio di demenza. Poco più di un sesto (17%) di persone si è reso conto che l'interazione sociale con gli amici e la famiglia potrebbe avere un impatto sul rischio. Solo un quarto (25%) ha identificato il sovrappeso come un fattore possibile, e solo uno su cinque (23%) ha detto che l'attività fisica potrebbe influenzare il rischio di sviluppare demenza e di perdere i ricordi. Il sondaggio ha inoltre rivelato che più di due terzi (68%) delle persone intervistate in tutto il mondo sono preoccupate dell'insorgere della demenza in età avanzata.


Il professor Martin Prince, dell'Istituto di Psichiatria, Psicologia e Neuroscienze del King's College di Londra e autore del rapporto, ha commentato: "Ci sono già evidenze da diversi studi che l'incidenza della demenza può essere caduta nei paesi ad alto reddito, per merito dei miglioramenti dell'informazione e della salute cardiovascolare. Dobbiamo fare tutto il possibile per accentuare queste tendenze. Con un costo complessivo di oltre 600 miliardi di dollari, la posta in gioco non potrebbe essere più alta".


Marc Wortmann, direttore esecutivo di Alzheimer's Disease International, ha detto: "Dal punto di vista della sanità pubblica, è importante notare che la maggior parte dei fattori di rischio per la demenza si sovrappongono a quelli per le altre principali malattie non trasmissibili. Nei paesi ad alto reddito, c'è una maggiore attenzione agli stili di vita più sani, ma questo non è sempre il caso nei paesi a reddito medio-basso. Entro il 2050, si stima che il 71% delle persone che vivono con demenza vivranno in queste regioni, per cui, per ridurre il rischio globale, attuare campagne di salute pubblica efficaci può essere di aiuto".


Il professor Graham Stokes, direttore globale di Dementia Care alla Bupa, ha dichiarato: "Mentre l'età e la genetica fanno parte dei fattori di rischio della malattia, non fumare, mangiare meglio, fare qualche esercizio, e avere una buona istruzione, sommate alle sfide continue al cervello per assicurarsi che si mantenga attivo, possono insieme avere un ruolo nel ridurre al minimo la probabilità di sviluppare una demenza. Anche le persone che hanno già la demenza, o segni di essa, possono fare queste cose, per aiutare a rallentare la progressione della malattia".

 

Il rapporto completo in formato .pdf, e in Inglese, è disponibile qui.

 

 

 

 

 


Fonte:  King's College London via EurekAlert! (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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