Comunicato stampa dell'Australian and New Zealand College of Anaesthetists.
Nonostante che, in ultima analisi, il cervello sia il bene più prezioso di un paziente, c'è una grave mancanza di fondi disponibili per la ricerca sull'effetto degli anestetici e della chirurgia sull'invecchiamento del cervello, ha detto in una conferenza sull'anestesia ad Auckland il Professore Associato David A Scott, Direttore del Dipartimento di Anestesia dell'Ospedale St Vincent di Melbourne.
La conferenza ha unito la NZ Anaesthesia Annual Scientific Meeting 2012 e il 13th International Congress of Cardiothoracic and Vascular Anesthesia. E' stata ospitata congiuntamente dal Collegio degli Anestesisti di Australia e Nuova Zelanda e dalla New Zealand Society of Anaethetists in collaborazione con la Società di Anestesia Cardiovascolare degli USA.
Il professore Associato Scott e il suo gruppo dell'ospedale St Vincent stanno ricercando l'effetto degli anestetici e della chirurgia la funzione cognitiva degli adulti, in particolare degli anziani, sul lungo termine. Ha detto che, dato che le sostanze come i solventi e l'alcool possono causare danni permanenti al cervello, non dovremmo presumere che gli agenti anestetici siano completamente reversibili e che il loro effetto sia trascurabile. Né si deve pensare che lo stress da un intervento chirurgico sia temporaneo e innocuo.
Piuttosto ci sono prove che dopo l'intervento chirurgico e l'anestesia, alcune persone non hanno ripreso il loro livello di funzionalità cognitiva pre-operatoria. Di particolare preoccupazione sono coloro con demenza precoce. Il Professore Associato Scott ha detto che i dati prelimari dalla sua ricerca indicano che i pazienti più anziani che hanno già avuto un certo deterioramento cognitivo lieve hanno più probabilità di altri di soffrire di un peggioramento della funzione cognitiva dopo un intervento chirurgico.
"I pazienti con disfunzione cognitiva post-operatoria che restano più a lungo in ospedale, hanno una monore qualità di vita e hanno anche un aumento della mortalità. Dobbiamo essere in grado di identificare i pazienti a rischio di disfunzione cognitiva post-operatoria e modificare il modo in cui li trattiamo. Abbiamo bisogno di individuare la compromissione cognitiva lieve pre-esistente. Abbiamo anche bisogno di fare ricerca sugli anestetici che usiamo per vedere se possono esacerbare la demenza e ciò che va modificato di conseguenza. Questo è un problema serio e urgente.
Già circa il 13 per cento della nostra popolazione ha più di 65 anni e un terzo di tutti gli anestetici sono dati proprio a questo gruppo. Con questi numeri in rapido aumento, si tratta di un problema enorme, se non capiamo la probabilità di una parte considerevole di questi pazienti di soffrire di deterioramento cognitivo duraturo. Dobbiamo davvero esplorare di più tutto questo. Abbiamo bisogno di ricerca sul tipo di agenti anestetici e sulle tecniche utilizzate, sulla durata dell'esposizione e su ciò che probabilmente è suscettibile. Abbiamo bisogno di strumenti migliori per misurare la funzione cognitiva, e ne abbiamo bisogno ora. Questo è un grosso problema per la nostra società che invecchia e viene trascurata", ha detto il Professore Associato Scott, chiedendo agli organismi di finanziamento per la salute di riconoscere il problema e sostenere la ricerca in questo settore.
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Pubblicato in nzDoctor.co.nz il 19 Novembre 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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