l Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza fa il punto sull’attuazione della riforma. Non c'è solo un ritardo generale, ma perfino alcuni passi indietro: tra questi, la complicazione delle procedure di accertamento della non autosufficienza, che la riforma si proponeva di semplificare. Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, assicura attenzione per il raggiungimento degli obiettivi. E promette un incontro per affrontare i nodi più caldi: nuova assistenza domiciliare, residenzialità e compartecipazione alle rette per gli ospiti con Alzheimer

Sulla riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienza (contenuta nella Legge Delega 33/2023) siamo all’anno zero, o quasi. In alcuni casi, non solo non si è fatto alcun passo avanti, ma addirittura si è fatto qualche significativo passo indietro. È quanto emerso ieri dall’incontro promosso presso il ministero della Salute dal Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza.
Qualche segno di speranza si è però portato a casa, grazie soprattutto agli impegni assunti nel corso dell’incontro dal ministro Orazio Schillaci, che ha assicurato la massima attenzione da parte dei ministeri coinvolti, affinché la riforma proceda secondo quanto previsto e atteso. Il ministro ha inoltre promesso un prossimo incontro con i rappresentanti del Patto e la tempestiva verifica di alcuni nodi segnalati dalle stesse organizzazioni: tra questi, la complicazione e la moltiplicazione delle procedure di accertamento e i ricorsi per la compartecipazione alle spese relative agli anziani con Alzheimer in Rsa, che stanno letteralmente paralizzando il sistema.
Ma vediamo più nel dettaglio quanto emerso durante il pomeriggio di lavori, moderato dal giornalista e presidente di Vidas Ferruccio de Bortoli.
Riforma, i tre obiettivi sono ancora lontani
A fare il punto sullo stato di attuazione della riforma è stato Cristiano Gori, coordinatore del Patto, il quale ha indicato lo stato dell’arte relativo ai tre obiettivi principali della Riforma: costruzione di un sistema unitario, definizione di nuovi modelli d’intervento e ampliamento dell’offerta e quindi dei finanziamenti.
Rispetto al primo obiettivo, "la Legge 33/2023 ha introdotto lo Snaa (Sistema Nazionale per la Popolazione Anziana Non Autosufficiente), che però con il successivo decreto 29/2024 è stato smontato nella sostanza. La realizzazione di un settore integrato, cioè guidato il più possibile da logiche e modelli di interventi unitari – punto di riferimento nelle esperienze internazionali – almeno per ora è uscita dal radar della riforma".
Soprattutto, per quanto riguarda la semplificazione delle procedure, obiettivo fondante della riforma, "nonostante le promesse scritte nella Legge 33, la bozza del decreto attuativo – ancora in elaborazione presso il ministero della Salute – determina procedure più complicate rispetto all’oggi, aumentando per anziani e famiglie il numero di passaggi da compiere. In sintesi, un provvedimento legislativo nato per rendere le cose più semplici a chi necessita di assistenza rischia di conseguire l’effetto opposto, ingarbugliandole ulteriormente".
Per quanto riguarda il secondo obiettivo, ovvero i nuovi modelli d’intervento, "la legge 33/2023 introduceva la tanto attesa nuova assistenza domiciliare, che però, con il Decreto 29/2024, è stata rinviata. Dei temi previsti, rimane in vigore unicamente il coordinamento tra gli interventi sociali e sanitari. I ministeri stanno lavorando a questo aspetto e il risultato potrà certamente essere utile, ma di fatto, l’Italia continua a essere priva di un servizio domiciliare per la non autosufficienza", osserva Gori.
Riguardo le strutture residenziali, il decreto attuativo del ministero della Salute, emanato ad aprile scorso, "presenta alcuni punti positivi a livello organizzativo, ma questi sono isolati, di portata limitata e non collegati tra loro. Vengono invece eluse le questioni fondamentali, a partire dalla più importante: la dotazione di personale", aggiunge Gori. "Manca, in altre parole, la necessaria strategia nazionale capace di definire una visione di medio-lungo periodo per l’assistenza residenziale, un punto di riferimento che servirebbe a tutte le Regioni. Lo Stato dovrebbe fissare pochi ma cruciali punti chiave ed assicurare i finanziamenti per realizzarli. Al contrario, lo schema evidenzia chiaramente l’intenzione dello Stato di non intervenire in questo settore".
Riguardo il terzo obiettivo, ovvero l’ampliamento dell’offerta e quindi delle risorse, "per garantire l’efficacia della riforma, si stima che a regime siano necessari tra i 5 e i 7 miliardi aggiuntivi annui di spesa pubblica", ha ricordato Gori. "Questo è un obiettivo da raggiungere gradualmente, attraverso un piano pluriennale. Tuttavia, sarebbe miope concentrarsi unicamente sui fondi senza considerarne l’utilizzo. Ad oggi, la riforma non ha portato a definire alcun concreto percorso di sviluppo al quale destinare le eventuali maggiori risorse. Vi è bisogno, dunque, di nuovi finanziamenti collegati ad una maggiore progettualità".
Long term care, una "infrastruttura strategica"
Ludovico Carrino, docente di Politica economica all’Università di Trieste ed esperto di economia dell’invecchiamento, ha messo in luce come "investire nelle long term care è fondamentale per sostenere il benessere della comunità. Fornire più servizi sblocca infatti non solo la vita degli anziani e delle loro famiglie, ma fornisce benefici a tutta la società, in termini di crescita economica, sistema sanitario, benessere sociale. Inoltre, riduce il rischio di povertà delle famiglie dovuta ai costi dell’assistenza".
Ha quindi parlato della "tassa implicita pagata dai caregiver familiari, soprattutto donne, per il peso dell’assistenza che oggi grava su di loro, con conseguenze negative sia sulla loro famiglia sia sulla crescita economica del Paese. Il Long term care, insomma, è un’infrastruttura strategica ed è ciò di cui c’è bisogno per la resilienza economica del nostro Paese nell’era dell’invecchiamento".
Il "caregiver diffuso"
A proposito di caregiver, Eleonora Vanni, coordinatrice del Patto, ha proposto il concetto di "caregiver diffuso, perché dobbiamo sentirci tutti coinvolti nel compito collettivo dell’assistenza, che deve essere una responsabilità condivisa. Prendersi cura non può essere lasciato solo alle famiglie e ai professionisti, ma è un dovere sociale ed etico che chiama in causa la politica e la società tutta nelle sue diverse articolazioni. Con queste prospettive di invecchiamento occorre pensare oggi ad un welfare del futuro in grado di farvi fronte senza sacrificare i diritti e la qualità della vita degli anziani e dei familiari nonché dei professionisti che, peraltro, già oggi non rispondono numericamente ai fabbisogni attuali. Se siamo tutti caregiver, nessuno potrà essere solo"", ha concluso.
Gli impegni del ministro Schillaci: "Prevenire è la priorità"
Oltre alla responsabilità collettiva, la soluzione strategica per affrontare l’invecchiamento della popolazione e il correlato aumento del bisogno assistenziale della popolazione non autosufficiente è la prevenzione. È quanto messo in luce dal ministro Orazio Schillaci: "Siamo la seconda nazione più longeva al mondo dopo il Giappone e questa longevità porta con sé un alto tasso di malattie croniche o metaboliche, che incide sulla qualità di vita delle persone e anche sulla sostenibilità del Ssn. Per questo, dobbiamo puntare sulla prevenzione".
Alla domanda di de Bortoli su come si possa immaginare la domiciliarità del futuro, il ministro ha risposto che "medicina territoriale e digitale sono i due fronti di investimento più importanti. L’Adi (assistenza domiciliare integrata) è il tema di cui ci siamo occupati subito, passando dal 5% di beneficiari all’attuale 10%, grazie all’incremento di 250 milioni del Pnrr destinati a questo capitolo, per un totale di quasi 1,5 milioni". All’obiezione di Gori relativa al fatto che l’Adi, per quanto utile, "fornisce singole prestazioni per una media di 12 accessi l’anno, quindi non è l’ideale per la non autosufficienza", il ministro ha replicato promettendo che "andremo nella direzione di una domiciliarità specifica per la non autosufficienza".
Ha quindi confermato la propria disponibilità per un prossimo incontro con i rappresentanti del Patto e ha promesso attenzione rispetto alla questione della compartecipazione alle spese per gli anziani con Alzheimer in Rsa. Come Gori aveva denunciato, infatti, "il gran numero di ricorsi sta paralizzando il sistema e creando un problema di equità sociale".
Anche Franco Pesaresi, direttore dell’Aap Ambito 9 di Jesi (An) e componente della cabina di regia del 'Patto per la non autosufficienza', aveva osservato che "la compartecipazione alla spesa per l’assistenza è un tema non presente nella riforma, ma di cruciale importanza. È quindi urgente una revisione complessiva del sistema di ripartizione dei costi tra Stato e famiglie".
A tal proposito, il ministro Schillaci ha assicurato: "Accolgo ogni sollecitazione, verificheremo ed eviteremo che la pezza sia peggio del buco. Io, per quello che mi compete, vi assicuro che farò la mia parte", ha concluso il ministro.
Fonte: Chiara Ludovisi su Vita.it
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