Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Alzheimer: diagnosi semplificata, con criteri più affidabili

Quanti pazienti ricevono una diagnosi errata di Alzheimer? La risposta è un numero sorprendentemente alto: più di un terzo! Per ridurre il numero di errori, i criteri diagnostici devono essere quanto più affidabili possibile, soprattutto nelle prime fasi della malattia.


Negli ultimi dieci anni, un team internazionale di neurologi, coordinati da Bruno Dubois (Inserm / Università Pierre e Marie Curie / AP-HP Joint Research Unit 975) ha lavorato in questa direzione. Nel numero di giugno della rivista The Lancet Neurology i ricercatori ci dicono di avere sviluppato una diagnosi semplificata sulla base di criteri più specifici della malattia. Una sfida soprattutto per la ricerca, ma anche per la pratica clinica.


L'Alzheimer è una malattia neurodegenerativa. E' la forma più comune (70%) di demenza. In Francia, il numero di persone con Alzheimer e altre forme di demenza è stimato tra 750 mila e un milione, e si prevede che raggiungerà i 1,29-1,40 milioni di pazienti entro il 2030. La malattia risulta da una perdita di neuroni. Le lesioni sono causate da un accumulo di alcune proteine ​​cerebrali. La patologia inizia con problemi di memoria, seguiti da problemi di orientamento nello spazio e nel tempo, problemi comportamentali e perdita di autonomia. Tuttavia, questi sintomi non sono esclusivi dell'Alzheimer. La vera sfida è saper distinguere questa malattia da altri tipi di demenza, e stabilire la diagnosi affidabile, il più presto possibile.


Nel 2005, un gruppo internazionale di neurologi, coordinato da Bruno Dubois all'Inserm, si è riunito per ridefinire i criteri diagnostici stabiliti nel 1984. Fino ad allora, era necessario attendere la morte di un paziente per stabilire una diagnosi di Alzheimer certa, esaminando le lesioni nel suo cervello. E nei viventi poteva essere dedotta solo una probabilità di malattia, e solo in un secondo tempo, sulla base di una certa soglia di gravità della demenza.


Nel 2007, il team internazionale ha mandato in frantumi questi concetti. I ricercatori hanno introdotto nuovi criteri diagnostici, in particolare i biomarcatori. Queste sono le firme autentiche della malattia, e sono presenti fin nei sintomi iniziali (fase prodromica).


La pubblicazione di questi risultati ha costituito una rivoluzione. I ricercatori hanno poi osservato che con questi nuovi criteri, "il 36% dei pazienti inclusi in uno studio terapeutico basato su precedenti criteri clinici non hanno l'Alzheimer", scrive Bruno Dubois. E anche se questa analisi aveva coinvolto solo un sottogruppo di pazienti, le conseguenze sono gravi. I pazienti non hanno ricevuto il trattamento e/o la cura corretta. E la selezione viziata dei pazienti potrebbe aver avuto un impatto sulla mancanza di efficacia osservata per il nuovo trattamento.


Dal 2007 sono stati pubblicati molti studi. E il gruppo internazionale ha deciso di analizzare questa letteratura per rendere più semplice e affidabile l'algoritmo diagnostico per l'Alzheimer: "Siamo giunti alla fine della strada; siamo arrivati ​​all'essenza, a qualcosa di raffinato, derivante da un consenso internazionale", indica il Prof. Dubois. La diagnosi dell'Alzheimer potrà d'ora in poi contare su "solo un paio di criteri clinici-biologici per tutte le fasi della malattia".


La maggior parte del tempo, la diagnosi di Alzheimer si basa sostanzialmente su un quadro clinico indicativo. Essa è successivamente confermata o respinta con un biomarcatore. Per quanto riguarda il quadro clinico, ci sono tre scenari:

  1. Casi tipici (80-85% di tutti i casi): deterioramento della memoria episodica a lungo termine (chiamata sindrome amnesica del tipo dell'ippocampo e corrispondente alla difficoltà di ricordare una lista a parole, anche con indizi, per esempio)
  2. Casi atipici (15-20% dei casi): atrofia della parte posteriore della corteccia cerebrale o afasia logopedica (compromissione della memoria verbale in cui il paziente inverte le sillabe di una parola quando la ripete, per esempio), o danni cerebrali frontali (che si traduce in problemi comportamentali)
  3. Stati preclinici: asintomatici a rischio (pazienti senza sintomi, ma di cui si sono scoperti fortuitamente biomarcatori positivi durante gli studi scientifici), e presintomatici (con una mutazione genetica).


E' necessario uno dei due biomarcatori seguenti:

  • Nel fluido cerebrospinale (mediante puntura lombare) - livelli anormali di proteine ​​cerebrali, con proteina beta amiloide ridotta e proteina tau aumentata;
  • Nel cervello via neuroscansioni PET (tomografia a emissione di positroni) - ritenzione elevata di tracciante dell'amiloide.


Questo algoritmo semplice e più affidabile è importante, soprattutto per la ricerca (sperimentazione terapeutica, caratterizzazione della malattia, monitoraggio di coorti di pazienti, ecc). Al di fuori della ricerca, l'uso di biomarcatori, che è costoso e/o invasivo, attualmente rimane limitato a pazienti giovani o a casi difficili o complessi nei centri specializzati.

 

 

 

 

 


FonteINSERM (Institut national de la santé et de la recherche médicale)(> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Bruno Dubois, Howard H Feldman, Claudia Jacova, Harald Hampel, José Luis Molinuevo, Kaj Blennow, Steven T DeKosky, Serge Gauthier, Dennis Selkoe, Randall Bateman, Stefano Cappa, Sebastian Crutch, Sebastiaan Engelborghs, Giovanni B Frisoni, Nick C Fox, Douglas Galasko, Marie-Odile Habert, Gregory A Jicha, Agneta Nordberg, Florence Pasquier, Gil Rabinovici, Philippe Robert, Christopher Rowe, Stephen Salloway, Marie Sarazin, Stéphane Epelbaum, Leonardo C de Souza, Bruno Vellas, Pieter J Visser, Lon Schneider, Yaakov Stern, Philip Scheltens, Jeffrey L Cummings. Advancing research diagnostic criteria for Alzheimer's disease: the IWG-2 criteria. The Lancet Neurology, 2014; 13 (6): 614 DOI: 10.1016/S1474-4422(14)70090-0

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare ad informarti. Clicca qui a destra:

 


 

 

Notizie da non perdere

Identificata nuova forma di Alzheimer ad esordio molto precoce

16.06.2020 | Ricerche

Ricercatori della Mayo Clinic hanno definito una forma di morbo di Alzheimer (MA) che co...

Trovato legame tra amiloide-beta e tau: è ora possibile una cura per l'Al…

27.04.2015 | Ricerche

Dei ricercatori hanno assodato come sono collegate delle proteine che hanno un ruolo chiave nell...

[Greg O'Brien] Scoprire la grazia dell'imperfezione: apprezzare la l…

11.11.2025 | Voci della malattia

"Scrivi in ​​modo forte e chiaro ciò che fa male" (attribuito a Ernest Hemingway)

<...

Il nuovo collegamento tra Alzheimer e inquinamento dell'aria

13.05.2020 | Esperienze & Opinioni

Il mio primo giorno a Città del Messico è stato duro. Lo smog era così fitto che, mentre...

I possibili collegamenti tra sonno e demenza evidenziati dagli studi

24.11.2017 | Ricerche

Caro Dottore: leggo che non dormire abbastanza può aumentare il rischio di Alzheimer. Ho avuto pr...

Cibo per pensare: come la dieta influenza il cervello per tutta la vita

7.10.2024 | Esperienze & Opinioni

Una quantità di ricerche mostra che ciò che mangiamo influenza la capacità del corpo di ...

Perché le cadute sono così comuni nell'Alzheimer e nelle altre demenze?

4.09.2020 | Esperienze & Opinioni

Le cadute hanno cause mediche o ambientali

Una volta che si considerano tutte le divers...

10 Consigli dei neurologi per ridurre il tuo rischio di demenza

28.02.2023 | Esperienze & Opinioni

La demenza colpisce milioni di persone in tutto il mondo, quasi un over-65 su 10. Nonost...

Scoperto perché l'APOE4 favorisce l'Alzheimer e come neutralizzarlo

10.04.2018 | Ricerche

Usando cellule di cervello umano, scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto la ...

Variante della proteina che causa l'Alzheimer protegge dalla malattia

15.02.2021 | Ricerche

Le scoperte di un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA), guidato da ricercatori dell...

Riprogrammare «cellule di supporto» in neuroni per riparare il cervello adulto…

21.11.2014 | Ricerche

La porzione del cervello adulto responsabile del pensiero complesso, la corteccia cerebrale, non ...

Dare un senso alla relazione obesità-demenza

2.08.2022 | Esperienze & Opinioni

Questo articolo farà capire al lettore perché l'obesità a volte può aumentare il rischio...

LATE: demenza con sintomi simili all'Alzheimer ma con cause diverse

3.05.2019 | Ricerche

È stato definito un disturbo cerebrale che imita i sintomi del morbo di Alzheimer (MA), ...

Un singolo trattamento genera nuovi neuroni, elimina neurodegenerazione nei to…

1.07.2020 | Ricerche

Xiang-Dong Fu PhD, non è mai stato così entusiasta di qualcosa in tutta la sua carriera...

Come evitare che la demenza derubi i tuoi cari del loro senso di personalità, …

25.11.2025 | Esperienze & Opinioni

Ogni tre secondi, qualcuno nel mondo sviluppa la demenza; sono oltre 57 milioni di perso...

Cervello del toporagno si restringe in inverno e rinasce in estate: c'è q…

10.09.2025 | Ricerche

I toporagni comuni sono uno dei pochi mammiferi noti per restringere e far ricrescere in...

Alzheimer, Parkinson e Huntington condividono una caratteristica cruciale

26.05.2017 | Ricerche

Uno studio eseguito alla Loyola University di Chicago ha scoperto che delle proteine ​​a...

Pressione bassa potrebbe essere uno dei colpevoli della demenza

2.10.2019 | Esperienze & Opinioni

Invecchiando, le persone spesso hanno un declino della funzione cerebrale e spesso si pr...

'Ingorgo' di proteine nei neuroni legato alla neurodegenerazione

12.09.2022 | Ricerche

Un nuovo studio condotto da ricercatori dell'EPFL rivela che un complesso proteico malfunzionante pu...

Il sonno resetta i neuroni per i nuovi ricordi del giorno dopo

11.09.2024 | Ricerche

Tutti sanno che una buona notte di sonno ripristina l'energia di una persona; ora un nuo...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)