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I rancori possono far ammalare?

L'amarezza costante può rendere una persona malata, secondo ai ricercatori della Concordia University che hanno esaminato la relazione tra il fallimento, l'amarezza e la qualità della vita.

"L'amarezza persistente può provocare sentimenti globali di rabbia e ostilità che, se abbastanza forti, possono incidere sulla salute fisica di una persona", dice Carsten Wrosch, professore del Dipartimento di Psicologia e membro del Centro per la Ricerca in Sviluppo Umano dell'Università Concordia di Montreal, Canada.

Wrosch è particolarmente interessato al perché alcune persone evitano l'amarezza nelle diverse fasi della vita e perché altri non lo fanno.

Ha incorporato le sue considerazioni teoriche relative all'amarezza in "Autodisciplina dell'amarezza nel corso della vita," un capitolo del libro recentemente pubblicato, "Amarezza: prospettive della società, psicologiche e cliniche" (Springer 2011).

Nel corso degli ultimi 15 anni, Wrosch ha studiato come le emozioni negative, come rimpianto o tristezza, colpiscono le persone. Più di recente, ha concentrato la sua attenzione sugli effetti del rancore. Con il co-autore Jesse Renaud, allieva della Concordia, hanno individuato il fallimento come una delle cause più frequenti dell'amarezza. Rabbia e recriminazioni sono i suoi assistenti tipici.

A differenza del rammarico, che ha a che fare col senso di colpa ed è una forma di "vorrei, potrei, dovrei", l'acrimonia punta il dito altrove, assegnando la responsabilità di un fallimento a cause esterne. "Quando nutrita per lungo tempo", dice Wrosch, "l'amarezza può prevedere modelli di alterazioni biologiche (una menomazione fisiologica che può influenzare il metabolismo, la risposta immunitaria e la funzione degli organi) e la malattia fisica".

L'amarezza come disturbo medico?

Una cosa è suggerire che l'amarezza può causare malattia, un'altra è proporre che venga riconosciuta come una malattia mentale. Tale è la proposta che è stata fatta la prima volta da Michael Linden, direttore della clinica psichiatrica dell'Università libera di Berlino nel 2003. Linden sostiene che l'amarezza è in realtà un disturbo medico e deve essere classificata come disturbo post-traumatico da amarezza (PTED). Egli stima che tra l'uno e il due per cento della popolazione è amareggiato e, dotando la patologia di un nome proprio, le persone con PTED riceveranno l'attenzione terapeutica che meritano.

La giuria è ancora al lavoro su questa proposta. Wrosch e Renaud dicono che l'amarezza può essere evitata, se le persone che subiscono un fallimento possono trovare altri modi per soddisfare i loro obiettivi. Se non ci riescono, sottolineano i ricercatori, è essenziale svincolarsi dal tentativo infruttuoso (per esempio essere promosso, salvare un matrimonio) e rilanciare con qualcosa che sia non meno significativo (per esempio, un nuovo lavoro o una passione).

Chiamati processi di autoregolamentazione, il disimpegno e il re-impegno possono essere necessari a una persona per evitare le emozioni amare. "Ogni intervento terapeutico efficace", spiega Renaud, "dipende dal modo di auto-regolamentarsi trovato dalla persona interessata".

In alcuni casi, il superamento dell'amarezza richiede più che una autoregolamentazione. Quando il rancore nasce dall'incolpare altre persone, il recupero può richiedere il coinvolgimento di altri. "Gestire le emozioni amare potrebbe richiedere qualcos'altro per consentire alla persona di superare l'emozione negativa - quella cosa è il perdono", dice Wrosch.

Questo lavoro è stato finanziato dal Canadian Institutes of Health Research and the Social Sciences and Humanities Research Council of Canada.

 

 


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Fonte: Materiale della Concordia University.

Pubblicato in ScienceDaily il 11 agosto 2011 - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi, eventualmente citati nell'articolo, sono riservati ai rispettivi proprietari.

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

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