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Cellule immunitarie contro l'Alzheimer? Possibile nuovo approccio terapeutico

Microglia cyan gather around plaques red and break them downNell'immagine le microglia (azzurro) stimolate per mezzo di un anticorpo, si raccolgono attorno ai depositi di proteine chiamate placche (rosso) e li decompongono. I nuclei di microglia e neuroni sono in blu scuro. Fonte: Haass Lab

Scienziati del Centro Tedesco Malattie Neurodegenerative (DZNE), della Ludwig-Maximilians-Universität (LMU) di Monaco di Baviera e della Denali Therapeutics (South San Francisco/California) hanno sviluppato un approccio per stimolare le cellule immunitarie del cervello in modo che possano dare una migliore protezione dal morbo di Alzheimer (MA).


Questa ricerca, pubblicata sulla rivista EMBO Molecular Medicine, potrebbe in ultima analisi consentire lo sviluppo di nuove terapie per il trattamento del MA.


I ricercatori hanno identificato un anticorpo specifico che si lega alle cellule immunitarie del cervello, chiamate 'microglia', stimolandone l'attività in modo da permettere loro di vivere più a lungo, dividersi in modo più rapido e rilevare più facilmente sostanze aberranti.


Nei topi con sintomi di una malattia che assomiglia al MA, gli studi hanno rivelato che i depositi di proteine ​​(chiamate 'placche') sono stati riconosciuti e degradati in modo più rapido. Le famose placche sono tra le caratteristiche del MA, e sono sospettate di causare il danno neuronale.


Il Prof. Christian Haass, portavoce del sito di Monaco di Baviera del DZNE e capo dipartimento dell'LMU Biomedical Center di Monaco di Baviera, ha detto:

“Abbiamo scoperto che le placche non sono state rimosse interamente, ma solo nella loro periferia. Si presume che sia proprio questa zona di confine che rilascia ripetutamente proteine ​​che causano danni ai neuroni. Quindi forse abbiamo trovato un modo per rimuovere specificamente forme particolarmente nocive di amiloide, che è la proteina contenuta nelle placche“.

 

Le cellule immunitarie del cervello

Haass e i suoi colleghi sono concentrati da molto tempo sulle cellule immunitarie del cervello. La loro ricerca si concentra sul TREM2, un cosiddetto 'recettore' sulla superficie delle cellule, al quale si possono attaccare altre molecole. Il TREM2 può esistere in diverse versioni da persona a persona; alcune di queste versioni alterate aumentano drasticamente il rischio di sviluppare il MA in età avanzata.


In studi precedenti, i ricercatori di Monaco avevano scoperto che queste varianti speciali mettono le microglia in uno stato dormiente irreversibile, che impedisce alle cellule del sistema immunitario di funzionare correttamente per riconoscere, assorbire e scomporre le placche e le cellule morte.


“Al contrario, abbiamo avuto il sospetto che l'attivazione delle microglia può contribuire a eliminare le placche e quindi a combattere il MA. Il TREM2 sembra avere un ruolo importante in questo processo. Il recettore, a quanto pare, aiuta a far passare la microglia dal modo dormiente a quello attivo“, ha detto lo scienziato.


Questo è esattamente l'approccio che il gruppo di Monaco e la Denali stanno perseguendo. L'anticorpo identificato, che ora è generato usando metodi biotecnologici, si lega al TREM2, innescando processi che aumentano l'attività delle microglia.


Tuttavia, il biochimico di Monaco ha avvertito che sono necessari ulteriori studi prima di far progredire questo approccio alla sperimentazione clinica:

“Abbiamo dimostrato che le cellule immunitarie possono essere stimolate per abbattere depositi di amiloide in modo più efficace. Questo dimostra che il nostro approccio può funzionare, in linea di principio. Tuttavia, c'è ancora una lunga strada da percorrere prima che possa essere testato negli esseri umani e servono altri dati per validare questo approccio“.

 

Ricerca di nuovi approcci terapeutici

Le attuali terapie sono in grado di alleviare solo in una certa misura i sintomi del MA, ma non possono fermare la progressione della malattia. Secondo Haass,

“Finora, tutti i tentativi di trattare il MA in modo efficace non hanno avuto successo. Anche di recente, è fallito uno studio clinico con due farmaci. Anche se c'è un altro agente sperimentale che sembra avere un effetto positivo sulla memoria, resta da vedere se questo farmaco sarà approvato dalle autorità di regolamentazione. In considerazione di questa situazione, servono con urgenza approcci terapeutici innovativi. È proprio questo l'obiettivo della nostra ricerca”.

 

 

 


Fonte: DZNE-German Center for Neurodegenerative Diseases (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Kai Schlepckow, Kathryn M Monroe, ..., Christian Haass. Enhancing protective microglial activities with a dual function TREM2 antibody to the stalk region. EMBO Molecular Medicine, 10 Mar 2020, DOI

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Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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