Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Si può ripristinare la memoria perduta, riparare la neurodegenerazione?

Scienziati hanno sviluppato un modo per spegnere e accendere la memoria, letteralmente come premere un interruttore. Utilizzando un sistema elettronico che duplica il segnale neurale associato alla memoria, sono riusciti a replicare nei ratti la funzione cerebrale associata comportamento appreso a lungo termine, anche quando i topi erano stati farmacologicamente indotti a dimenticare.

"Premendo l'interruttore sull'accensione, e i topi dimenticano", ha dichiarato Theodore Berger della Viterbi School of Engineering della University of Southern California (USC), titolare della cattedra David Packard in Ingegneria e direttore del Centro Neural Engineering dell'USC.

Berger (foto a sinistra) è autore dello studio "Una protesi neurale corticale per il ripristino e il rafforzamento della memoria", che sarà pubblicato nel Journal of Neural Engineering. Il suo team ha lavorato allo studio con scienziati della Wake Forest University, basandosi sui recenti progressi nella comprensione della zona del cervello nota come ippocampo e il suo ruolo nell'apprendimento.

Nell'esperimento, i ricercatori hanno fatto imparare un lavoro ai ratti, premendo una leva piuttosto che l'altra per ricevere un premio. Utilizzando sonde elettriche collegate, il gruppo di ricerca sperimentale, guidato da Sam A. Deadwyler del Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia della Wake Forest, ha registrato i cambiamenti nell'attività cerebrale del topo nelle due principali parti interne dell'ippocampo, note come sub-regioni CA1 e CA3. Il lavoro precedente dei ricercatori ha dimostrato che durante il processo di apprendimento, l'ippocampo converte la memoria a breve termine in memoria a lungo termine.

"In mancanza di ippocampo" ha detto Berger, "non c'è memoria a lungo termine, ma c'è ancora memoria a breve termine". La ricerca precedente ha mostrato che le aree CA1 e CA3 interagiscono per creare memoria a lungo termine. In una dimostrazione d'effetto, gli sperimentatori hanno bloccato le normali interazioni neurali tra le due aree con agenti farmacologici. Come conseguenza i ratti precedentemente addestrati non hanno più evidenziato il comportamento appreso da lungo tempo. "I ratti comunque hanno dimostrato di sapere che 'quando si preme prima a sinistra, la volta successiva si preme a destra, e viceversa' ", ha detto Berger. "E sapevano ancora, in generale, che dovevano premere le leve per l'acqua, ma potevano ricordare se avevano premuto a sinistra o a destra solo per 5/10 secondi."

Utilizzando un modello creato dal gruppo di ricerca sulle protesi guidato da Berger, i teams hanno poi proseguito sviluppando un sistema artificiale dell'ippocampo che potrebbe duplicare il modello di interazione tra CA1 e CA3. La capacità di memoria a lungo termine è ritornata ai ratti bloccati farmacologicamente, quando il team ha attivato il dispositivo elettronico programmato per duplicare la funzione di codifica della memoria. Inoltre, i ricercatori hanno continuato dimostrando che se un dispositivo protesico e i suoi elettrodi associati sono impiantati in animali con un funzionamento normale dell'ippocampo, il dispositivo potrebbe effettivamente rafforzare la memoria che è generata internamente nel cervello e migliorare la capacità di memoria dei topi normali.

"Questi studi integrati di modellazione sperimentale mostrano per la prima volta che, con informazioni sufficienti circa la codifica neurale della memoria, una protesi neurale in grado di identificare e manipolare in tempo reale il processo di codifica, può ripristinare e anche migliorare i processi mnemonici cognitivi" conclude lo studio.

I prossimi passi, secondo Berger e Deadwyler, saranno i tentativi di riprodurre i risultati dei topi sulle scimmie, con l'obiettivo di creare finalmente delle protesi che possano aiutare le vittime umane di Alzheimer, ictus o lesioni a recuperare la funzionalità cognitiva. Oltre a Deadwyler e Berger, altri autori sono Vasilis Z. Marmarelis, professore di ricerca in ingegneria biomedica del USC Viterbi, l'assistente di ricerca Song Dong, Robert E. Hampson, professore associato della Wake Forest e la laureata post-dottorato Anushka Goonawardena.

 

 


Cosa pensi di questo articolo? Ti è stato utile? Hai rilievi, riserve, integrazioni? Conosci casi o ti è successo qualcosa che lo conferma? o lo smentisce?
Puoi usare il modulo dei commenti sotto per dire la tua opinione. Che è importante e unica. Non tenerla per te, non farci perdere l'occasione di conoscerla.

 

 


Fonte: "A Cortical Neural Prosthesis for Restoring and Enhancing Memory." (Berger et al 2011 J. Neural Eng. 8 046017)

Pubblicato in Alzheimer's Reading Room il 17 giugno 2011 - Traduzione di Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi, eventualmente citati nell'articolo, sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non si propone come terapia o dieta; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer Riese. I siti terzi raggiungibili dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente; in particolare si segnala la presenza frequente di una istituzione medica con base in Germania (xcell-Center) che propone la cura dell'Alzheimer con cellule staminali; la Società Tedesca di Neuroscienze ha più volte messo in guardia da questa proposta il cui effetto non è dimostrato. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

Sostieni l'Associazione, una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e a informarti:

Notizie da non perdere

L'Alzheimer inizia all'interno delle cellule nervose?

25.08.2021 | Ricerche

Uno studio sperimentale eseguito alla Lund University in Svezia ha rivelato che la prote...

Perché vivere in un mondo ‘incredibilmente tossico’ aumenta il rischio di Alzh…

6.05.2020 | Denuncia & advocacy

Sei preoccupato per la minaccia del morbo di Alzheimer (MA), e ti stai chiedendo che cos...

Come evitare che la demenza derubi i tuoi cari del loro senso di personalità, …

25.11.2025 | Esperienze & Opinioni

Ogni tre secondi, qualcuno nel mondo sviluppa la demenza; sono oltre 57 milioni di perso...

Dosi basse di radiazioni possono migliorare la qualità di vita nell'Alzhe…

6.05.2021 | Ricerche

Individui con morbo di Alzheimer (MA) grave hanno mostrato notevoli miglioramenti nel co...

Cosa rimane del sé dopo che la memoria se n'è andata?

7.04.2020 | Esperienze & Opinioni

Il morbo di Alzheimer (MA) è caratterizzato da una progressiva perdita di memoria. Nelle...

Convalidare il sentimento aiuta meglio di criticare o sminuire

30.03.2020 | Ricerche

Sostenere i tuoi amici e la famiglia può aiutarli a superare questi tempi di incertezza...

Cervello del toporagno si restringe in inverno e rinasce in estate: c'è q…

10.09.2025 | Ricerche

I toporagni comuni sono uno dei pochi mammiferi noti per restringere e far ricrescere in...

Nuovo sensore nel cervello offre risposte all'Alzheimer

12.03.2021 | Ricerche

Scienziati della Università della Virginia (UVA) hanno sviluppato uno strumento per moni...

Immagini mai viste prima delle prime fasi dell'Alzheimer

14.03.2017 | Ricerche

I ricercatori dell'Università di Lund in Svezia, hanno utilizzato il sincrotrone MAX IV ...

Che speranza hai dopo la diagnosi di Alzheimer?

25.01.2021 | Esperienze & Opinioni

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia che cambia davvero la vita, non solo per la pe...

Variante della proteina che causa l'Alzheimer protegge dalla malattia

15.02.2021 | Ricerche

Le scoperte di un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA), guidato da ricercatori dell...

Nuova terapia che distrugge i grovigli di tau si dimostra promettente

30.09.2024 | Ricerche

Degli scienziati hanno sviluppato potenziali terapie che rimuovono selettivamente le proteine ​​t...

Colpi in testa rompono i 'camion della spazzatura' del cervello acce…

5.12.2014 | Ricerche

Un nuovo studio uscito ieri sul Journal of Neuroscience dimostra che un...

Le donne possono vivere meglio con una dieta migliore

22.07.2022 | Ricerche

Mangiare frutta e verdura di colori più brillanti può aiutare i problemi di salute delle donne.

...

IFITM3: la proteina all'origine della formazione di placche nell'Alz…

4.09.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dall'accumulo...

Paesi asiatici assistono gli anziani in modo diverso: ecco cosa possiamo impar…

28.10.2020 | Esperienze & Opinioni

A differenza dei paesi occidentali, le culture tradizionali asiatiche mettono un forte a...

Studio rivela dove vengono memorizzati i frammenti di memoria

22.07.2022 | Ricerche

Un momento indimenticabile in un ristorante può non essere esclusivamente il cibo. Gli o...

Ricercatori delineano un nuovo approccio per trattare le malattie degenerative

8.05.2024 | Ricerche

Le proteine sono i cavalli da soma della vita. Gli organismi li usano come elementi costitutivi, ...

Lavati i denti, posticipa l'Alzheimer: legame diretto tra gengivite e mal…

4.06.2019 | Ricerche

Dei ricercatori hanno stabilito che la malattia gengivale (gengivite) ha un ruolo decisi...

Capire l'origine dell'Alzheimer, cercare una cura

30.05.2018 | Ricerche

Dopo un decennio di lavoro, un team guidato dal dott. Gilbert Bernier, ricercatore di Hô...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)