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Prima prova che l'ippocampo umano è necessario per la pianificazione

Un gruppo di scienziati riferisce di aver trovato la prima prova che l'ippocampo umano è necessario per la pianificazione futura. La scoperta, pubblicata sulla rivista Neuron, collega il suo ruolo consolidato nella memoria con la nostra capacità di usare le conoscenze per tracciare gli effetti futuri delle nostre azioni.


I risultati hanno implicazioni sul modo in cui pensiamo alle afflizioni che colpiscono l'ippocampo, come il morbo di Alzheimer (MA), in quanto non solo hanno un impatto sulla memoria ma anche sul processo decisionale.


Il lavoro è incentrato sulla 'mappa cognitiva' ippocampale, il sistema di localizzazione spaziale del cervello scoperto dal John O'Keefe della University College di Londra, che ha ricevuto il Premio Nobel del 2014 in Fisiologia o Medicina.


La mappa cognitiva dell'ippocampo è ritenuta da tempo utile per 'simulare mentalmente' i risultati futuri delle nostre azioni, mentre pianifichiamo il futuro. Tuttavia, in precedenza non esistevano prove dirette negli esseri umani che l'ippocampo fosse effettivamente necessario per la pianificazione.


"I nostri risultati mostrano che sia la pianificazione orientata all'obiettivo che il ricordo di luoghi nello spazio dipendono dall'ippocampo umano", dice Oliver Vikbladh, dottorando della New York University e primo autore della ricerca. "Chiarendo la portata dei contributi ippocampali al comportamento, lo studio potrebbe avere implicazioni per le malattie che colpiscono l'ippocampo, come l'epilessia e il MA".


"Per capire meglio il contributo dell'ippocampo alla pianificazione, abbiamo testato pazienti con epilessia, una condizione nota per danneggiare questa regione del cervello, e che a volte viene trattata con la rimozione chirurgica del tessuto cerebrale ippocampale danneggiato", spiega Orrin Devinsky, direttore del Comprehensive Epilepsy Center della NYU e coautore dello studio.


I ricercatori hanno confrontato pazienti con epilessia con adulti sani, visto che entrambi i gruppi hanno effettuato test basati su computer per valutare la memoria spaziale e la capacità di pianificare il futuro.


Ai partecipanti è stato chiesto di ricordare le posizioni degli oggetti in un'arena di realtà virtuale e di svolgere un altro compito che implicava apprendere la relazione tra le azioni e gli effetti e di pianificare l'utilizzo di tale conoscenza. "Questi compiti mirano a catturare le funzioni che ci permettono di trovare la nostra auto in un parcheggio, o pianificare in anticipo le mosse di una partita a scacchi, immaginando come si svolgerà il gioco", spiega Vikbladh.


I risultati hanno rivelato che, rispetto ai partecipanti non epilettici, i pazienti con epilessia mostravano una memoria spaziale inferiore e mostravano anche una tendenza relativa a pianificare meno. In effetti, quelli con epilessia sono più propensi a formare abitudini, a ripetere azioni che sono state premiate in passato senza considerare i loro esiti.


Gli scienziati sono stati anche in grado di collegare il deficit di pianificazione all'entità del danno ippocampale nei pazienti con epilessia. Vikbladh osserva:

"Questi risultati sono coerenti con l'ipotesi di lunga data che l'ippocampo fornisce una 'mappa cognitiva', non solo per la localizzazione spaziale ma anche per pianificare il futuro.

"Più in generale, quando parliamo di malattie che colpiscono l'ippocampo, come il MA, spesso ci concentriamo sui deficit della memoria, come dimenticare dove sei.

"Ma potrebbero esserci ulteriori problemi, come l'incapacità di pianificare correttamente. Dato che circa 50 milioni di persone [nel mondo] soffrono di MA o di demenze relative, è fondamentale che capiamo in che modo il danno all'ippocampo influisce sul modo in cui prendiamo le decisioni".

 

 

 


Fonte: New York University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Oliver M. Vikbladh, Michael R. Meager, John King, Karen Blackmon, Orrin Devinsky, Daphna Shohamy, Neil Burgess, Nathaniel D. Daw. Hippocampal Contributions to Model-Based Planning and Spatial Memory. Neuron, 11 Mar 2019, DOI: 10.1016/j.neuron.2019.02.014

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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