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Astrociti rilasciano proteine che salvano i neuroni: possibile terapia per l'Alzheimer?

proteina astrocitaria gliale fibrillare e astrocitiLa proteina astrocitaria gliale fibrillare (verde) e astrociti reattivi nelle aree della patologia, dove c'è la placca amiloide (in rosso). Fonte: Universitat de Barcelona

Ricercatori dell'Istituto di Neuroscienze dell'Università di Barcellona (UBNeuro) hanno identificato una strategia terapeutica potenziale per curare il Morbo di Alzheimer (MA), secondo uno studio pubblicato su Journal of Neuroscience.


In un topo modello della malattia, lo studio mostra che gli astrociti, un tipo di cellule nel cervello, sono in grado di rilasciare proteine ​​che favoriscono la sopravvivenza dei neuroni. Secondo i ricercatori, questi risultati rappresentano un passo avanti nella comprensione della fisiologia degli astrociti e offrono la possibilità di usare questo tipo di cellule in modo terapeutico per curare il MA. [...]

 

Una strategia promettente con sfide importanti

Il MA è la demenza più comune tra le persone. La neurodegenerazione nei pazienti con questa malattia causa danni alla memoria e ad altre capacità cognitive, a volte associate a sintomi come sbalzi d'umore e cambiamenti di personalità. Una delle terapie più promettenti contro i MA è l'uso di fattori neurotrofici, una famiglia di proteine ​​che favorisce la sopravvivenza dei neuroni, come il 'fattore neurotrofico derivato dal cervello' (BDNF).


Tuttavia, la somministrazione del BDNF presenta sfide importanti, come la mancanza di controllo del suo rilascio, che non consente di guidarlo specificamente sul tessuto malato né di rilasciare la giusta quantità, soprattutto considerando che alte dosi possono essere neurotossiche.


In questo studio, i ricercatori hanno studiato il BDNF generato dagli astrociti, un tipo di cellule gliali a forma di stella presenti nel cervello e nel midollo spinale. Gli astrociti sono colpiti da uno dei processi di neuroinfiammazione del MA, l'astrogliosi, in cui la 'proteina astrocitaria gliale fibrillare' (GFAP) e il suo gene codificante sono i più alterati.


In questo contesto, i ricercatori hanno progettato un esperimento in cui dei topi geneticamente modificati soffrono di MA e producono la proteina BDNF a seconda dei livelli di GFAP. "Con questo progetto, dal momento in cui insorgono neuroinfiammazione e patologia, gli astrociti potrebbero generare BDNF nelle aree più colpite del cervello malato. Pertanto, le reazioni endogene del cervello regolerebbero la somministrazione di BDNF a seconda della gravità della malattia", afferma Albert Giralt, autore senior dello studio, del Consolidated Research Group on Physiopathology of Neurodegenerative Diseases dell'UB.

 

Effetti della formazione di neuroni e plasticità

Lo studio mostra che, quando inizia la patologia, questo metodo ripristina la produzione e il rilascio di neurotrofina nel tessuto neuronale malato. Quindi, il BDNF generato dagli astrociti regola la formazione di neuroni in campioni di colture neuronali in vitro e ha effetti cognitivi nei topi transgenici modello.


"Questi risultati mostrano per la prima volta che gli astrociti, finora considerati di tipo neuronale, possono produrre BDNF e possiedono i meccanismi molecolari necessari per rilasciarlo nelle aree del tessuto malato che richiede un'attività per favorire la sopravvivenza neuronale", afferma Albert Giralt.


I ricercatori osservano inoltre che "la singolarità del progetto dell'esperimento ha permesso alle cellule astrogliali di 'decidere' quando, dove e quale quantità produrre e dare il BDNF ai tessuti cerebrali alterati". Pertanto, "i tratti del paziente possono contrassegnare in modo endogeno e autoregolato la dose e le altre dinamiche terapeutiche necessarie per un trattamento personalizzato".


Sebbene sia ancora lontano l'uso di questa terapia negli esseri umani, i ricercatori notano che è promettente esplorare l'uso di astrociti da cellule staminali pluripotenti indotte, come strategia terapeutica.


"Una possibilità sarebbe quella di ricavare cellule staminali indotte dalla pelle dei pazienti, e quindi modificarle geneticamente in vitro per esprimere il BDNF sotto il promotore GFAP. Infine, l'ultimo passo sarebbe differenziarle e portarle nelle regioni cerebrali più alterate dei pazienti per aumentare la sopravvivenza e il corretto funzionamento dei neuroni esistenti", osserva Albert Giralt.

 

Usabilità in altre malattie neurodegenerative

Questo studio sull'uso di processi di neuroinfiammazione consente di applicarli ad altre malattie neurodegenerative. "Il nostro obiettivo è, da un lato, rendere questo approccio terapeutico plausibile per l'uso nell'uomo e, dall'altro, presentare approcci simili per le malattie neurodegenerative in cui la neuroinfiammazione è un sintomo principale", conclude il ricercatore.

 

 

 


Fonte: Universitat de Barcelona (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Benoit de Pins, Carmen Cifuentes-Díaz, Amel Thamila Farah, Laura López-Molina, Enrica Montalban, Anna Sancho-Balsells, Ana López, Silvia Ginés, José María Delgado-García, Jordi Alberch, Agnès Gruart, Jean-Antoine Girault and Albert Giralt. Conditional BDNF delivery from astrocytes rescues memory deficits, spine density and synaptic properties in the 5xFAD mouse model of Alzheimer disease. Journal of Neuroscience, 30 Jan 2019. DOI: 10.1523/JNEUROSCI.2121-18.2019

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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