A ogni divisione cellulare i telomeri (i cappucci alle estremità dei cromosomi) si accorciano e, quando mancano, cessa la suddivisione cellulare .Come ho scritto nel mio libro di testo di medicina sull'invecchiamento, "Se l'età è un ladro, allora il tesoro più grande che perdiamo è noi stessi".
Noi temiamo l'Alzheimer non solo perché ci toglie la salute, ma perché ci ruba l'anima.
Una volta si pensava che fosse semplicemente la 'vecchiaia' che poco a poco uccide le cellule che portano le informazioni e la memoria.
Sono quelle cellule cerebrali che ci rendono ciò che siamo e definiscono la nostra coscienza.
Solo negli ultimi vent'anni ci siamo gradualmente resi conto che non sono i neuroni (che sono semplicemente gli astanti innocenti della tragedia), ma le cellule microgliali a causare la malattia. Sono le nostre microglia, non i nostri neuroni che ci rubano l'anima.
L'Alzheimer comincia nelle cellule gliali. Queste cellule costituiscono insieme il 90% del cervello, mentre i neuroni sono solo una piccola minoranza del sistema nervoso. Una serie di queste cellule gliali, le microglia, hanno il compito fondamentale di proteggere i neuroni e di supportarli metabolicamente. Queste sono le cellule che, tra decine di altre funzioni, sono responsabili dell'eliminazione delle scorie metaboliche e del riciclaggio delle proteine extracellulari che circondano i neuroni.
Purtroppo, con l'età, le cellule microgliali, non solo diventano incapaci di dividersi, ma a poco a poco perdono la lunghezza dei telomeri. Di per sé, la perdita dei telomeri non è importante, ma questa perdita inizia una cascata di cambiamenti cruciali nelle nostre cellule.
Accorciandosi, questi telomeri scatenano un graduale cambiamento di espressione genica in tutte le cellule microgliali. Anche se i geni rimangono invariati, la "melodia che suonano", vale a dire il modello epigenetico dell'espressione genica, diventa una canzone sinistra.
Le proteine che sono cruciali per la riparazione del DNA, che permettono ai mitocondri di lavorare, che tengono al minimo i danni dei radicali liberi, cominciano a diventare scarse. Mentre una volta una cellula microgliale giovane avrebbe riciclato le proteine in modo rapido e efficiente (comprese le proteine di amiloide-beta) con l'invecchiamento delle cellule il tasso di sostituzione viene portato quasi a zero.
Il problema è simile a molte altre cose della vita. Se i cellulari non sono sostituiti ogni due anni, ma ogni venti anni, ne funzionerebbero ben pochi. Se un giardino non è ripulito dalle erbacce ogni settimana, ma una volta ogni due anni, verrebbe sommerso dalle erbacce. Se non facessimo la doccia una volta al giorno, ma una volta ogni anno, pochi di noi avrebbero amici.
Le cellule non sono da meno: se si riciclano le proteine in fretta, c'è poco danno, ma se si riciclano lentamente, allora il danno comincia a diventare evidente. Le nostre cellule non invecchiano perché sono danneggiate; al contrario le nostre cellule permettono ai danni di accumularsi perché invecchiano. Dei telomeri più corti causano cambiamenti nell'espressione genica e rallentano il riciclaggio cellulare, con il risultato finale di avere cellule vecchie e danneggiate.
Nell'Alzheimer, la microglia è il primo cambiamento, il cambiamento chiave che inizia l'intera cascata di patologia verso la demenza. Con il rallentamento, le cellule microgliali non possono più tenere il passo con i danni attorno e il risultato è un progressivo accumulo di proteine danneggiate e denaturate.
Il disastro ha inizio ...
In un primo momento, cominciano ad accumularsi solo quantità insignificanti di amiloide-beta in piccoli aggregati, ma poi diventano più grandi, raccogliendosi in enormi placche amiloidi. Quelle che una volta erano a malapena visibili, ora si vedono bene al microscopio.
Ma il problema non è semplicemente in queste placche in sè stesse, ma nel loro effetto sui neuroni. La proteina amiloide-beta è fondamentale per la funzione delle cellule, ma solo in piccole quantità, non nelle grandi placche che ora circondano il neurone assediato. Queste placche crescenti sono tossiche per i neuroni, il che rende più difficile a queste cellule di sopravvivere, non parliamo nemmeno di funzionare normalmente.
Pure le proteine tau cominciano a formare grovigli e i neuroni non possono più mantenersi. In un primo momento, iniziano a perdere la capacità di trasmettere impulsi nervosi, poi diventano sempre più danneggiati internamente, fino a quando i neuroni muoiono, prima solo pochi, poi in grandi popolazioni, lasciando solo cicatrici, infiammazione e spazi vuoti.
Uno per uno i nostri neuroni si spengono, sommersi sotto gli effetti crescenti delle proteine amiloide-beta e tau, e tutto questo (le placche, i grovigli e i neuroni morenti, le caratteristiche dell'Alzheimer) può essere fatto risalire al fallimento delle cellule microgliali.
Mentre scrivo questo articolo, ci sono stati più di 1.300 studi clinici di Alzheimer che hanno esaminato i potenziali interventi. Molti trattano solo l'assistenza infermieristica, ma di quelli che cercano di intervenire sulla patologia vera e propria, la maggior parte hanno avuto l'amiloide come obiettivo, e alcuni puntavano le proteine tau.
Non c'è da meravigliarsi allora, che nessuno di questi studi sia mai stato in grado di rallentare, e tanto meno di arrestare, o addirittura di invertire la malattia. Ognuno di loro cerca il bersaglio sbagliato. Invece di cercare di invertire il problema principale (i cambiamenti all'interno delle cellule microgliali che invecchiano), essi mirano a ciò che sono solo sintomi e risultati piuttosto che cause.
Immaginate cosa accadrebbe se cercassimo di curare le infezioni batteriche puntando semplicemente la febbre, piuttosto che mirare ai batteri stessi. I test clinici in corso sono molto simili: invece di mirare alla causa, mirano al risultato.
Possiamo fare di meglio?
Quasi certamente, sì. Sappiamo che i cambiamenti nell'espressione genica che definiscono l'invecchiamento delle nostre cellule sono controllati dalla lunghezza mutevole dei telomeri mentre queste cellule si dividono.
Sappiamo anche che se riportiamo il telomero alla lunghezza originale, non solo ripristiniamo l'espressione genica, ma finiamo con una cellula che sembra, e si comporta, come una cellula giovane.
L'abbiamo già fatto non solo nei tessuti umani, in laboratorio, ma negli animali come topi e ratti. Quando noi ripristiniamo la lunghezza dei telomeri nel cervello di roditori invecchiati, gli animali cominciano ad agire di nuovo normalmente e vediamo il cervello tornare al volume e alla funzione normale.
Possiamo fare lo stesso per i pazienti umani? Possiamo curare l'Alzheimer? Quasi certamente possiamo farlo. Ora non solo capiamo come funziona la malattia, e non solo siamo in grado di mostrare che possiamo intervenire negli animali, ma abbiamo già gli strumenti necessari per curare l'Alzheimer e coloro che amiamo.
I telomeri possono essere ripristinati utilizzando le telomerasi e gli enzimi come hTERT (acronimo di telomerasi umana trascrittasi inversa) e hTERC (sta per componente umano telomerasi RNA). Entrambi questi enzimi che estendono la lunghezza dei telomeri possono essere inviati al cervello umano, usando sia liposomi che vettori virali, così come è già stato fatto negli studi sugli animali.
Una volta che siamo in grado di invertire la malattia, una volta che siamo in grado di curarlo, l'Alzheimer cambierà da malattia spaventosa a una che possiamo affrontare: prevenire facilmente, curare facilmente, e (proprio come prima cancellava i nostri ricordi personali) una cosa dimenticata del passato.
Ci sono almeno due progetti biotech che puntano attualmente alla sperimentazione umana, uno via ricerca standard sponsorizzata dalla FDA (Telocyte), l'altro con un approccio 'offshore' più veloce e meno formale (Bioviva). Sosteniamo entrambi gli approcci, con l'obiettivo di arrivare a una terapia efficace per l'Alzheimer che sia sicura e rapidamente a disposizione di tutti.
Bioviva sta cercando un finanziamento per avviare immediatamente l'uso di questi tipi di terapie microgliali di allungamento dei telomeri in cavie umane. In caso di successo, potremmo non solo sradicare l'Alzheimer, ma anche il decadimento cognitivo che colpisce tutte le persone che superano i 30 anni.
Fonte: Michael Fossel MD/PhD in Humanity+Media (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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