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Declino cognitivo con l'età è normale, ma non inevitabile

Se ti dimentichi dove hai messo le chiavi della macchina e non riesci a ricordare le cose come un tempo, il problema potrebbe essere nelle subunità GluN2B dei tuoi recettori NMDA.

E non essere sorpreso se entro domani non ti ricordi il nome di queste dannate subunità.


Esse aiutano a ricordare le cose, ma si perdono fin quasi dal giorno della nascita, e non potrà che peggiorare. Un'anziano può averne solo la metà di un giovane.


La ricerca su questi processi biochimici al Linus Pauling Institute della Oregon State University (OSU) sta chiarendo che il declino cognitivo con l'età è una parte naturale della vita, e gli scienziati stanno rintracciando il problema in componenti molto specifici del cervello. Al di là di alcuni problemi più gravi come la demenza e l'Alzheimer, praticamente tutti perdono la capacità di formare memoria e le capacità cognitive con l'età. Il processo parte dai 40 anni e in seguito prende velocità.

Ma questo è molto interessante: potrebbe non dover essere proprio così.


"Questi sono processi biologici, e una volta capito appieno quello che succede, potremmo essere in grado di rallentarli o prevenirli", ha detto Kathy Magnusson, neuroscienziato del Dipartimento di Scienze Biomediche, Facoltà di Medicina Veterinaria dell'OSU, e professore del Linus Pauling Institute. "Ci possono essere i modi per influenzarli con la dieta, le abitudini di salute, l'attività mentale continua o perfino i farmaci".


I processi sono complessi. In uno studio appena pubblicato sul Journal of Neuroscience, i ricercatori hanno scoperto che una proteina che stabilizza i recettori in un animale giovane - una cosa favorevole all'apprendimento e alla memoria - può avere l'effetto opposto se ce n'è troppa in un animale più vecchio.


Ma a parte la complessità, si stanno compiendo progressi. In una recente ricerca, finanziata dal National Institutes of Health, scienziati dell'OSU hanno impiegato una terapia genetica nei topi di laboratorio, per indurre un virus ad aiutare a trasportare DNA complementare in cellule appropriate e a restaurare alcune subunità GluN2B. I test hanno dimostrato che ha aiutato i topi a migliorare la memoria e le capacità cognitive.


Il recettore NMDA è noto da decenni, ha detto Magnusson. Esso ha un ruolo nella memoria e nell'apprendimento, ma non è attivo sempre - ci vuole uno stimolo di un certo tipo e abbastanza forte per accenderlo e permetterci di ricordare qualcosa. La routine di vestirsi al mattino viene ignorata e persa rapidamente nella nebbia del tempo, ma il giorno in cui si ha un incidente d'auto è inciso permanentemente nella memoria.


All'interno del recettore NMDA ci sono varie subunità, e Magnusson ha detto che la ricerca continua a puntare alla subunità GluN2B come una delle più importanti. I neonati ed i bambini ne hanno molte, e di conseguenza sono come una spugna nell'assorbire i ricordi e imparare cose nuove. Ma a poco a poco diminuiscono di numero con l'età, e sembra anche che i superstiti lavorino in modo meno efficiente. "È ancora possibile imparare cose nuove e produrre nuovi ricordi quando si è vecchi, ma non è più così facile", ha detto Magnusson. "Passano meno messaggi, sono stabilite meno connessioni, e il cervello deve lavorare di più".


Finchè non sarà disponibile un aiuto più specifico, ha detto, uno dei migliori consigli per mantenere la funzione cognitiva è continuare ad usare il cervello. Rompere le vecchie abitudini, fare le cose in modo diverso, fare esercizio fisico, mantenere una buona dieta e interazioni sociali. Tali attività contribuiscono a mantenere attive e funzionanti queste "sottounità".


La terapia genica, come quella già utilizzata nei topi, probabilmente sarebbe l'ultima scelta per gli esseri umani, piuttosto che la prima opzione, ha detto Magnusson. Vanno esplorate prima le opzioni di cibi o di farmaci. "L'unica cosa che sembra abbastanza chiara è che il declino cognitivo non è inevitabile", ha detto. "E' biologico, stiamo scoprendo perché succede, e sembra che ci siano modi per permetterci di rallentarlo o fermarlo, forse riparando i recettori NMDA. Se riusciremo a stabilire come farlo senza danno, lo faremo".

 

 

 

 

 


Fonte: Oregon State University.

Riferimento: D. R. Zamzow, V. Elias, M. Shumaker, C. Larson, K. R. Magnusson. An Increase in the Association of GluN2B Containing NMDA Receptors with Membrane Scaffolding Proteins Was Related to Memory Declines during Aging. Journal of Neuroscience, 2013; 33 (30): 12300 DOI: 10.1523/JNEUROSCI.0312-13.2013

Pubblicato in Science Daily (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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