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Un gruppo di ricerca della Sapienza Università di Roma, in collaborazione con l’Università di Napoli “Federico II” e l’Università di Barcellona, ha descritto per la prima volta come il metabolismo monocarbonico (one-carbon metabolism, OCM) regoli la produzione di amiloide-beta (Aβ) attraverso una sorta di “dialogo epigenetico” tra DNA e microRNA.
Per anni, la ricerca si è concentrata sul tentativo di rimuovere le placche amiloidi già formate, con risultati clinici spesso insoddisfacenti. Sempre più evidenze suggeriscono invece che occorra agire prima, “a monte”, sui meccanismi che determinano la sovrapproduzione di Aβ, in particolare modulando gli enzimi BACE1 e PSEN1, le “forbici molecolari” che tagliano la proteina precursore APP.
Il gruppo romano aveva già dimostrato in precedenti lavori che PSEN1 è regolato da un meccanismo di metilazione del DNA: quando il gene è metilato, la sua espressione si riduce. Restava tuttavia oscuro come venisse controllata BACE1, un enzima cruciale nel processo amiloidogenico. Il lavoro, pubblicato su Alzheimer’s & Dementia e coordinato da Andrea Fuso, rivela invece che la metilazione del DNA non agisce solo direttamente sui geni chiave della patogenesi, ma modula anche piccoli RNA regolatori con effetto neuroprotettivo.
Al centro dello studio c’è il microRNA miR-29a, noto per inibire l’espressione di BACE1, uno degli enzimi che generano la proteina Aβ. Utilizzando modelli cellulari (neuroblastoma SK-N-BE), animali (topi TgCRND8) e campioni cerebrali umani, i ricercatori hanno dimostrato che alterare la capacità metilante cellulare modifica in modo coerente i livelli di miR-29a. L'integrazione con S-adenosilmetionina (SAM), principale donatore di gruppi metilici, aumenta la metilazione del locus di miR-29a e ne stimola l’espressione, riducendo la produzione di BACE1 e, di conseguenza, di Aβ. Al contrario, la carenza di vitamine del gruppo B determina una condizione ipometilante che abbassa i livelli di miR-29a e favorisce l’amiloidogenesi.
Il dato più innovativo è di natura epigenetica: la metilazione del gene di miR-29a non ne sopprime l’espressione, ma la potenzia, probabilmente attraverso meccanismi di metilazione non-CpG, un tipo di modifica finora poco esplorata nel tessuto nervoso. Questo meccanismo rappresenta un crosstalk (comunicazione) molecolare che consente al metabolismo monocarbonico di agire simultaneamente su due vie: una diretta (silenziamento di PSEN1) e una indiretta (attivazione del miR-29a che inibisce BACE1).
Oltre al valore teorico, la scoperta ha importanti implicazioni cliniche. Nutrienti e cofattori dell’OCM, come SAM e vitamine del gruppo B, potrebbero essere usati come modulatori epigenetici per prevenire o rallentare la malattia. Inoltre, miR-29a e i profili di metilazione associati emergono come biomarcatori candidati, misurabili anche nel sangue con biosensori di nuova generazione.
“Questa scoperta è come aver trovato la chiave di lettura di un processo di cui prima vedevamo solo il risultato finale”, ha spiegato Andrea Fuso, coordinatore dello studio. “Abbiamo capito che la cellula non usa un solo interruttore, ma un pannello di controllo integrato in cui DNA e microRNA comunicano per regolare finemente un processo vitale, la cui alterazione è associata alla malattia. Questo è fondamentale per approcciare una patologia fortemente multifattoriale. È una svolta nella comprensione dei complessi meccanismi biomolecolari dell’Alzheimer”.
Fonte: Sapienza Università
Riferimenti: T Raia, [+6], A Fuso. One-carbon metabolism modulates miR-29a–DNA methylation crosstalk in Alzheimer's disease. Alz&Dem, 2025, DOI
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