Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Antipertensivi anche in età avanzata correlati a rischio minore di demenza

Gli anziani, anche quelli di 80 anni, che assumono farmaci antipertensivi sono a minor rischio di demenza. Lo conferma uno studio – pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology - condotto dai ricercatori dell'Università di Milano-Bicocca Federico Rea, Giovanni Corrao e Giuseppe Mancia, secondo i quali i dati osservazionali non possono spiegare il meccanismo del collegamento ma ne rafforzano la tesi.


Le prove, incluse quelle dello studio SPRINT MIND, hanno continuato ad accumularsi, mostrando una connessione tra valori più bassi di pressione arteriosa e un minor rischio di demenza. Il meccanismo non è chiaro, anche se ricerche precedenti hanno identificato aree specifiche del cervello che sembrano essere coinvolte nel deterioramento cognitivo nel contesto dell'ipertensione.


Attualmente, l'opinione prevalente è che «in effetti il trattamento antipertensivo può offrire qualche beneficio per quanto riguarda il rischio di demenza» affermano Mancia e colleghi. «Questo, naturalmente, è in linea con il fatto che già molti anni fa epidemiologicamente è stato riscontrato che se si ha la pressione alta nella mezza età, il rischio di avere la demenza in età avanzata è maggiore». Ma nel complesso questi studi sono stati piccoli in termini numerici di pazienti considerati, con un follow-up relativamente breve e popolazioni omogenee, osservano. Questo studio, quindi, aggiunge una nuova prospettiva.


Che tipo di farmaco assumano i pazienti non è ancora stato considerato l’elemento più importante, precisano. «Ciò che conta davvero è abbassare la pressione arteriosa di per sé». Un messaggio, questo, che Mancia e colleghi fanno notare come si estenda non solo alla funzione cognitiva, ma anche a endpoint come l'infarto miocardico, l'ictus e le malattie renali.


«Questo non nega la possibilità che possano esistere alcune differenze tra i farmaci» aggiungono «ma il vero beneficio sostanziale sembra venire dalla riduzione della pressione arteriosa». Inoltre, è importante sottolineare che «non è mai troppo tardi» nell’intervenire con antipertensivi.

 

Beneficio non marginale

In questo studio caso-controllo nidificato, Rea e colleghi hanno esaminato una coorte di 215.547 pazienti lombardi, di età pari o superiore a 65 anni, che hanno iniziato ad assumere farmaci antipertensivi tra il 2009 e il 2012. Tra questi, 13.812 individui (età media 77,5 anni; 60% femmine) hanno ricevuto diagnosi di demenza o malattia di Alzheimer in un periodo medio di follow-up di 7,3 anni. Ogni caso è stato abbinato per età, sesso e stato clinico con cinque controlli che hanno ricevuto una diagnosi.


La maggior parte dei pazienti (80%) ha iniziato con un farmaco, il più delle volte un bloccante del sistema renina-angiotensina. Quando veniva aggiunto un altro farmaco, in genere si trattava di un agente diuretico. I ricercatori hanno calcolato il livello di esposizione osservando la percentuale di giorni coperti (PDC) rispetto al follow-up. I pazienti con esposizione molto bassa (PDC </= 25%) agli antipertensivi sono serviti come gruppo di riferimento. Esposizioni più elevate sono state collegate, in modo lineare, a un rischio di demenza progressivamente inferiore.


Mentre il grado di beneficio variava, gli stessi modelli complessivi sono stati osservati indipendentemente dal sesso, nei pazienti di età pari o superiore a 85 anni, così come in quelli considerati fragili e quando si analizzavano separatamente i pazienti con demenza rispetto alla malattia di Alzheimer.


I risultati mostrano che il «beneficio correlato al trattamento non era marginale» riportano i ricercatori. È anche importante evidenziare che «l'effetto favorevole dell'esposizione al trattamento antipertensivo nel ritardare l'insorgenza della demenza si è esteso a un'età considerevolmente più avanzata di quella riportata da studi precedenti».

 

Non noti i meccanismi della correlazione osservata

Sebbene i risultati siano convincenti, i modi in cui l'aumento della pressione arteriosa porta a problemi cognitivi non sono completamente noti. Per la demenza, ci sono alcune probabili cause, osservano gli autori. «Questo rischio può essere spiegato dall'effetto dannoso dell'aumento della pressione arteriosa sulla struttura del cervello (lesioni della sostanza bianca, episodi di micro-sanguinamento e infarti lacunari) attraverso il rimodellamento dei piccoli vasi cerebrali, sebbene sia probabilmente coinvolto anche un danno cerebrale più diretto causato dall'aumento della rigidità arteriosa e dall'aumento della pulsatilità del flusso sanguigno associato all'ipertensione».


Mancia e colleghi si sono posti la domanda se le associazioni potessero estendersi oltre la demenza per applicarsi anche alla malattia di Alzheimer. «Possiamo immaginare che il meccanismo alla base dell'effetto protettivo del trattamento antipertensivo sia la riduzione del rischio di avere micro-sanguinamenti e microinfarti nel cervello» che ridurrebbe così il potenziale di danno cerebrale, spiegano.


«Ma i meccanismi che portano all'Alzheimer sono molto diversi: possono avere una componente cellulare più specifica» aggiungono. La realtà è che per la maggior parte dei pazienti, l'eziologia dei problemi cognitivi è mista: con una componente vascolare e con la malattia di Alzheimer. Studi futuri dovrebbero verificare quale misura di riduzione della pressione arteriosa, e non solo l'entità dei farmaci antipertensivi assunti, offra la maggiore protezione, suggeriscono i ricercatori. La domanda è: «quali sono i valori target di pressione arteriosa ai quali è massimizzata la riduzione del rischio di demenza?».

 

Quesiti aperti

«Per quanto eccitanti appaiano questi risultati, le domande rimangono». Su questo concordano Clinton B. Wright, e Marco Egle, entrambi del National Institute of Neurological Disorders and Stroke di Bethesda, scrivendo in un editoriale di commento. Gli editorialisti sottolineano la mancanza di dettagli dello studio sulla percentuale di pazienti che hanno raggiunto gli obiettivi terapeutici previsti.

«Le informazioni sulle letture della pressione arteriosa possono essere particolarmente importanti negli anziani che mostrano più spesso variazioni posturali e di altro tipo derivanti da cambiamenti legati all'età, tra cui rigidità delle arterie di grandi dimensioni e instabilità autonomica» scrivono Wright ed Egle. «Inoltre», osservano, «non è chiaro fino a che punto i tassi di aderenza ai farmaci ipertensivi nei pazienti più anziani possano essere quantificati in modo affidabile dalla percentuale di giorni coperti dalle prescrizioni».

 

 

 


Fonte: Università di Milano-Bicocca via Pharmastar.

Riferimenti: F Rea, G Corrao, G Mancia. Risk of Dementia During Antihypertensive Drug Therapy in the Elderly. J Am Coll Cardiol, Apr 2024, DOI

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

LipiDiDiet trova effetti ampi e duraturi da intervento nutrizionale all'i…

9.11.2020 | Ricerche

Attualmente non esiste una cura nota per la demenza, e le terapie farmacologiche esisten...

Come una collana di perle: la vera forma e funzionamento dell'assone dei …

30.12.2024 | Ricerche

Con un nuovo studio provocatorio, degli scienziati sfidano un principio fondamentale nel...

36 abitudini quotidiane che riducono il rischio di Alzheimer

2.07.2018 | Esperienze & Opinioni

Sapevi che mangiare carne alla griglia potrebbe aumentare il rischio di demenza? O che s...

Il 'Big Bang' dell'Alzheimer: focus sulla tau mortale che cambi…

11.07.2018 | Ricerche

Degli scienziati hanno scoperto un "Big Bang" del morbo di Alzheimer (MA) - il punto pre...

Convalidare il sentimento aiuta meglio di criticare o sminuire

30.03.2020 | Ricerche

Sostenere i tuoi amici e la famiglia può aiutarli a superare questi tempi di incertezza...

Allenamento con i pesi protegge il cervello delle persone anziane dalla demenz…

15.04.2025 | Ricerche

Uno studio, condotto presso l'Università di Stato di Campinas (Brasile), ha scoperto che dopo sei...

Meccanismo neuroprotettivo alterato dai geni di rischio dell'Alzheimer

11.01.2022 | Ricerche

Il cervello ha un meccanismo naturale di protezione contro il morbo di Alzheimer (MA), e...

Falsi miti: perché le persone sono così pessimiste sulla vecchiaia?

4.06.2020 | Esperienze & Opinioni

Non smettiamo di giocare perché invecchiamo, ma invecchiamo perché smettiamo di giocare ...

Sempre più giovani con Alzheimer e demenza: colpa delle tossine ambientali, me…

6.05.2020 | Denuncia & advocacy

È abbastanza straziante quando le persone anziane sviluppano condizioni di perdita di me...

Le cellule immunitarie sono un alleato, non un nemico, nella lotta all'Al…

30.01.2015 | Ricerche

L'amiloide-beta è una proteina appiccicosa che si aggrega e forma picco...

Qualità della vita peggiora quando l'Alzheimer è complicato dal cancro

28.04.2023 | Esperienze & Opinioni

Che considerazioni si possono fare per una persona con Alzheimer che riceve anche la diagnosi di can...

Le donne possono vivere meglio con una dieta migliore

22.07.2022 | Ricerche

Mangiare frutta e verdura di colori più brillanti può aiutare i problemi di salute delle donne.

...

Molecola 'anticongelante' può impedire all'amiloide di formare …

27.06.2018 | Ricerche

La chiave per migliorare i trattamenti per le lesioni e le malattie cerebrali può essere nelle mo...

Dott. Perlmutter: Sì, l'Alzheimer può essere invertito!

6.12.2018 | Ricerche

Sono spesso citato affermare che non esiste un approccio farmaceutico che abbia un'effic...

Gas xeno potrebbe proteggere dall'Alzheimer, almeno nei topi; previsti te…

30.01.2025 | Ricerche

Molti dei trattamenti perseguiti oggi per proteggere dal morbo di Alzheimer (MA) sono co...

Subiamo un 'lavaggio del cervello' durante il sonno?

4.11.2019 | Ricerche

Una nuova ricerca eseguita alla Boston University suggerisce che questa sera durante il ...

IFITM3: la proteina all'origine della formazione di placche nell'Alz…

4.09.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dall'accumulo...

10 cose da non fare con i malati di Alzheimer

10.12.2015 | Esperienze & Opinioni

Mio padre aveva l'Alzheimer.

Vederlo svanire è stata una delle esperienze più difficili d...

Smontata teoria prevalente sull'Alzheimer: dipende dalla Tau, non dall�…

2.11.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca che altera drasticamente la teoria prevalente sull'or...

Dana Territo: 'La speranza può manifestarsi da molte fonti nella cerchia …

14.01.2025 | Esperienze & Opinioni

Come trovi speranza nel nuovo anno con una diagnosi di Alzheimer?

Avere speranza...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

Seguici su

 
enfrdeites

We use cookies

We use cookies on our website. Some of them are essential for the operation of the site, while others help us to improve this site and the user experience (tracking cookies). You can decide for yourself whether you want to allow cookies or not. Please note that if you reject them, you may not be able to use all the functionalities of the site.