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Viste per la prima volta nell'Alzheimer cellule stressate, tossiche, zombie

Un tipo di stress cellulare noto per essere coinvolto nel cancro e nell'invecchiamento è ora implicato, per la prima volta, nel morbo di Alzheimer (MA). Ricercatori della University of Texas di San Antonio hanno riferito la scoperta lunedì 20 agosto 2018 nella rivista Aging Cell.


Il team ha scoperto che lo stress, chiamato senescenza cellulare, è associato a dannosi grovigli di proteina tau che sono un segno distintivo di 20 malattie del cervello umano, tra cui l'Alzheimer e le lesioni traumatiche. E hanno identificato le cellule senescenti nel tessuto cerebrale postmortem dai malati di MA e poi le hanno trovate nel tessuto post-mortem da un'altra malattia del cervello, la paralisi sopranucleare progressiva.


La senescenza cellulare consente alla cellula stressata di sopravvivere, ma la cellula può diventare come uno zombi, che funziona in modo anormale e secerne sostanze che uccidono le cellule che le stanno attorno. "Quando le cellule entrano in questa fase, cambiano la loro programmazione genetica e diventano pro-infiammatorie e tossiche", ha detto l'autrice senior dello studio Miranda E. Orr PhD, ricercatrice sanitaria del South Texas Veterans Health Care System, membro di facoltà del Sam and Ann Barshop Institute for Longevity and Aging Studies e istruttrice di farmacologia alla UT Health San Antonio. "La loro esistenza implica la morte del tessuto circostante".

 

Miglioramenti nella struttura e nella funzione del cervello

Il team ha confermato la scoperta in quattro tipi di topi che modellano il MA. I ricercatori hanno quindi usato una combinazione di farmaci per eliminare le cellule senescenti dal cervello dei topi MA di mezza età. I farmaci sono il dasatinib, un farmaco chemioterapico approvato dalla Food and Drug Administration degli Stati Uniti per il trattamento della leucemia, e la quercetina, un composto flavonoide naturale che si trova in frutta, verdura e alcune bevande come il tè.


Dopo tre mesi di trattamento, i risultati sono stati eccitanti. "I topi avevano 20 mesi e avevano una malattia cerebrale avanzata quando abbiamo iniziato la terapia", ha detto la dott.ssa Orr. "Dopo aver eliminato le cellule senescenti, abbiamo visto miglioramenti nella struttura e nella funzione del cervello, osservati negli studi di risonanza magnetica cerebrale e di istologia postmortem della struttura cellulare. Il trattamento sembra aver fermato la malattia".


"Il fatto che siamo riusciti a trattare topi molto vecchi e a vedere miglioramenti ci fa sperare che questo trattamento possa funzionare nei pazienti umani anche dopo che presentano sintomi di una malattia del cervello", ha detto Nicolas Musi MD, primo autore dello studio, professore di Medicina e Direttore del Sam and Ann Barshop Institute della UT Health San Antonio e del Geriatric Research, Education and Clinical Center.


Di solito, nel testare un intervento nei topi di MA, la terapia funziona solo se i topi vengono trattati prima che inizi la malattia, ha detto il dott. Musi.

 

L'accumulo di proteine ​​Tau è responsabile

Nel MA, si accumulano grovigli di proteine ​​tau nel tessuto cerebrale del paziente, e placche di un'altra proteina, l'amiloide-beta. Il team ha scoperto che l'accumulo di tau era responsabile della senescenza cellulare. I ricercatori hanno confrontato i topi MA che avevano solo grovigli tau con topi che avevano solo placche di amiloide-beta. La senescenza è stata identificata solo nei topi con grovigli tau.


In altri studi di conferma, la riduzione genetica della tau ha ridotto anche la senescenza. È vero anche il contrario: l'aumento genetico della senescenza  aumenta la tau.


È importante sottolineare che la combinazione di farmaci ha ridotto non solo la senescenza cellulare ma anche i grovigli di tau nei topi MA. Questo è un trattamento farmacologico che non mira specificamente la tau, ma ha ridotto realmente la patologia dei grovigli, ha detto la dott.ssa Orr.


"Quando abbiamo esaminato il loro cervello tre mesi dopo, abbiamo scoperto che si era deteriorato meno di quello dei topi che hanno ricevuto il trattamento di controllo con placebo", ha detto. "Non pensiamo che le cellule cerebrali siano effettivamente ricresciute, ma c'è stata una minore perdita di neuroni, un minore allargamento del ventricolo cerebrale, un migliore flusso sanguigno cerebrale e una diminuzione dei grovigli tau. Questi farmaci sono riusciti a eliminare la patologia tau".

 

Terapia potenziale da testare nell'uomo

"Questo è il primo di ciò che prevediamo saranno molti studi per capire meglio questo processo", ha detto il dott. Musi. "Poiché questi farmaci sono approvati per altri usi nell'uomo, pensiamo che un passo logico successivo sarebbe quello di avviare studi pilota sulle persone".


I farmaci puntano specificamente - e quindi uccidono - le cellule senescenti. Poiché i farmaci hanno una breve emivita, vengono rapidamente eliminati dal corpo e non si osservano effetti collaterali. Il dasatinib è un farmaco orale. I topi sono stati trattati con la combinazione ogni due settimane.


"Quindi nei tre mesi di trattamento, hanno ricevuto il farmaco solo sei volte", ha detto la dott.ssa Orr. "Il farmaco entra, fa il suo lavoro e viene eliminato. Le cellule senescenti tornano nel tempo, ma ci aspettiamo che sia possibile somministrare ancora il farmaco che poi sarà eliminato ancora. Questo è un enorme vantaggio, il farmaco non dovrebbe essere preso ogni giorno". Il dosaggio e la frequenza negli esseri umani dovrebbero essere determinati negli studi clinici, ha detto.


Successivamente, i ricercatori studieranno se la senescenza cellulare è presente nella 'lesione traumatica del cervello', che sviluppa accumulo di proteine ​​tau ed è una causa significativa di disabilità in ambienti sia militari che non militari, ha detto la dott.ssa Orr.

 

 

 


Fonte: University of Texas at San Antonio via EurekAlert! (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Nicolas Musi, Joseph M. Valentine, Kathryn R. Sickora, Eric Baeuerle, Cody S. Thompson, Qiang Shen, Miranda E. Orr. Tau protein aggregation is associated with cellular senescence in the brain. Aging Cell, 2018; e12840 DOI: 10.1111/acel.12840

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Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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