All'inizio, negare può essere una sana difesa dall'ammissione che la persona amata ha la demenza. Negare comporta non riconoscere ciò che si vede o si sente, e/o negare inconsciamente ciò che si vede o si sente. Negare aiuta a bloccare gli aspetti più dolorosi della realtà.
Tuttavia, se il rifiuto continua troppo a lungo, allora può essere pericoloso per la vita di entrambi. Ecco cosa è successo a me, psichiatra, e a mio marito morto sette mesi fa di demenza a corpi di Lewy.
Un giorno ha cercato di tagliarmi la frangia, cosa che faceva sempre tra due appuntamenti dal parrucchiere. Questo rituale piaceva ad entrambi. Anche se era avvocato di professione, era piuttosto pratico con le forbici, i coltelli, e altri attrezzi. Mi sono pettinata i capelli e mi sono seduta di fronte a lui, pronta alla sistemazione della frangia. Con la sua solita sicurezza, mi ha afferrato i capelli e ha mosso le forbici verso di me. Avevo gli miei occhi chiusi, ma per fortuna li ho aperti poco prima che cominciasse a tagliare.
Aveva un angolo di taglio completamente sbagliato. Ero scioccata, gli ho afferrato la mano e gli ho chiesto cosa stesse facendo. Ho visto uno sguardo vuoto. Mio marito era un uomo gentile e non mi ha mai fatto male, è per questo che avevo scelto di stare con lui, ma non capiva quanto era stato vicino a cavarmi gli occhi. Il suo senso della distanza, del pericolo, e di fare la cosa giusta erano spariti.
Questo incidente - avvenuto un anno dopo la diagnosi - mi ha aperto letteralmente gli occhi sui pericoli della negazione. Se ci si trova in una o più delle situazioni che seguono, si deve essere coscienti che si sta negando:
- Ignorare segni rivelatori come il proprio caro che inciampa o fa cadere le cose. Queste azioni sono più che un segno di goffaggine - sono indicazioni del fatto che il sistema nervoso è compromesso.
- Idealizzarlo al punto da pensare al proprio caro come perfetto o santo che non avrebbe potuto fare nulla di male.
- Razionalizzare il suo comportamento. Dire: "Non importa se ha appena acceso il gas e se ne è andato senza mettere la pentola sul fuoco. Tornerà tra un minuto". Non lo farà, e potrebbe esserci un incendio.
- Permettergli di camminare per la strada senza accompagnamento quando si sa che può perdersi. Perdersi e perdere l'orientamento è un sintomo di demenza.
- Aspettarsi che segua lo schema consueto. Devi essere tu ad adattarti ai cambiamenti causati dalla demenza. Non può andare a lavorare come al solito, per quanto potrebbe desiderare di farlo. Potrebbe anche non essere in grado di arrivare dal medico. Considerare l'assunzione di un aiuto professionale o adire ad un sistema di supporto che accompagni la persona cara, per quanto possibile.
- Permettere al proprio caro di continuare a guidare o di usare macchinari. OK, si vive in Florida o in California e non c'è altro modo per girare. Fallo tu, o ingaggia un autista.
- Arrabbiarsi in modo sproporzionato rispetto all'accaduto. Quando si è in negazione si stanno sopprimendo i propri sentimenti, così quando arrivano, la rabbia e molti altri sentimenti saranno molto più intensi del solito. Una volta che si smette di negare, è possibile riprendere il controllo delle proprie emozioni.
- Proiettare i propri sentimenti sulla persona cara. Potrebbe non sentire quello che pensi che stia sentendo. Prenditi il tempo di sederti e parlare a lungo con lui, cercando di scoprire quello che sta realmente provando.
Se si ha un incidente come il mio, si è costretti a smettere di negare. La chiave per la salute emotiva è evitare la negazione.
Consiglio di richiedere un aiuto dalla psicoterapia con un professionista di fiducia, e/o partecipare ad un gruppo di sostegno o auto-mutuo-aiuto. Parlare ad amici e familiari può essere utile, ma fare attenzione che potrebbero diventare complici nella negazione; potrebbero essere altrettanto tristi, confusi, turbati sulla condizione del proprio caro.
Un professionista obiettivo esterno alla propria cerchia può aiutare meglio ad identificare il proprio rifiuto e a lavorare insieme su un piano di salute emotiva a lungo termine.
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Scritto da Carol W. Berman, MD, Professore Assistente di psichiatria, NYU Medical Center
Pubblicato in The Huffington Post il 1 Febbraio 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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