Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


L'influenza del reddito sul rischio di demenza

little money low incomeImage by freepik

Le persone con redditi più bassi e quelle di gruppi razziali ed etnici storicamente sotto-rappresentati negli studi clinici hanno maggiori probabilità di avere fattori di rischio modificabili per la demenza, fattori che potrebbero essere modificati per ridurre il rischio, secondo uno studio pubblicato su Neurology®. Sebbene lo studio abbia trovato associazioni tra molteplici fattori di rischio, non dimostra che il reddito, la razza o l’etnia causino un aumento dei fattori di rischio per la demenza.


"I nostri risultati danno nuove informazioni su come le persone che vivono al di sotto della soglia di povertà, e quelle appartenenti a gruppi storicamente con risorse insufficienti, possono sopportare un peso maggiore di molti fattori di rischio di demenza modificabili", ha affermato il primo autore dello studio Eric L. Stulberg MD/MPH, della Thomas Jefferson University di Filadelfia (Pennsylvania/USA). “Identificando quali fattori di rischio sono prevalenti nelle persone che hanno un rischio più elevato di demenza, possiamo puntare meglio la potenziale prevenzione, che sia migliorare l’accesso alle cure oculistiche, supportare la connessione sociale o affrontare condizioni come il diabete e l’ipertensione”.


Lo studio ha coinvolto più di 5.000 persone valutate per 13 fattori di rischio di demenza: bassa istruzione, consumo di alcol, obesità, colesterolo LDL alto, lesioni cerebrali traumatiche, perdita di udito non trattata, perdita di vista, diabete, ipertensione non trattata, fumo, depressione, inattività fisica e isolamento sociale. Le analisi hanno tenuto conto anche dell’età, del sesso, della razza e dell’etnia. Stulberg ha osservato che razza ed etnia sono costrutti socialmente basati e non variabili biologiche.


I ricercatori hanno diviso i partecipanti in 6 gruppi di reddito. Quelli del gruppo più basso avevano redditi inferiori al livello di povertà federale. Quelli del gruppo più alto avevano redditi più di 5 volte superiori al livello di povertà federale. Per ciascun gruppo di reddito, i ricercatori hanno determinato la percentuale di persone che presentavano ciascun fattore di rischio e la percentuale di casi di demenza che potrebbero teoricamente essere prevenuti o ritardati se tali fattori di rischio fossero eliminati.


I ricercatori hanno scoperto che redditi più elevati erano associati a una minore prevalenza di ciascun fattore di rischio di demenza, ad eccezione dell’obesità, del colesterolo alto e delle lesioni cerebrali traumatiche. Con ogni incremento nella categoria di reddito che rappresenta un reddito superiore del 100% al di sopra del livello di povertà, le persone avevano il 9% in meno di probabilità di avere un ulteriore fattore di rischio nella mezza età.


Nel gruppo più basso, con redditi inferiori al livello di povertà, spiccavano la perdita di vista e l’isolamento sociale. I ricercatori hanno scoperto che il 21% dei casi di demenza potrebbe essere potenzialmente mitigato se si affrontasse la perdita di vista e il 20% dei casi con l’isolamento sociale. Stulberg ha affermato:

“Sebbene i nostri risultati siano esplorativi e non mostrino causa ed effetto, il miglioramento dell’accesso alle cure oculistiche e la riduzione dell’isolamento sociale tra gli anziani potrebbero potenzialmente avere un impatto importante su coloro che vivono al di sotto del livello di povertà”.


Dopo l’aggiustamento dei dati per il reddito, diversi fattori di rischio mostravano ancora associazioni più forti tra i gruppi storicamente sotto-rappresentati negli studi clinici, come neri americani, messicani americani e ispanici americani non messicani, rispetto agli americani bianchi. Tali fattori di rischio includevano diabete, inattività fisica, obesità e perdita di vista.


"I nostri risultati suggeriscono che potrebbe esserci un'opportunità per aiutare le persone a ridurre ora i loro fattori di rischio di demenza, riducendo così i rischi tra le persone con redditi più bassi e le popolazioni storicamente sotto-rappresentate negli studi clinici, dove secondo il nostro studio sono più prevalenti molti fattori di rischio", ha detto Stulberg. "È emozionante vedere che anche i fattori di rischio in tarda età possono essere obiettivi di intervento. Ci auguriamo che studi futuri valutino se puntare questi fattori di rischio in tarda età può produrre benefici, in particolare per le persone che vivono al di sotto del livello di povertà".


Un limite dello studio era che ha fornito solo un’istantanea nel tempo e non ha seguito le persone per periodi più lunghi. Inoltre, alcune informazioni sono state riferite dai partecipanti, che potrebbero non aver ricordato o riportato le informazioni in modo accurato.

 

 

 


Fonte: American Academy of Neurology (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: EL Stulberg, [+12], ALC Schneider. Income, Race-Ethnicity, and Dementia Risk Factors in the United States. Neurology, 2025, DOI

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

L'Alzheimer inizia all'interno delle cellule nervose?

25.08.2021 | Ricerche

Uno studio sperimentale eseguito alla Lund University in Svezia ha rivelato che la prote...

Alzheimer, Parkinson e Huntington condividono una caratteristica cruciale

26.05.2017 | Ricerche

Uno studio eseguito alla Loyola University di Chicago ha scoperto che delle proteine ​​a...

I ricordi potrebbero essere conservati nelle membrane dei tuoi neuroni

18.05.2023 | Ricerche

Il cervello è responsabile del controllo della maggior parte delle attività del corpo; l...

Perché dimentichiamo? Nuova teoria propone che 'dimenticare' è in re…

17.01.2022 | Ricerche

Mentre viviamo creiamo innumerevoli ricordi, ma molti di questi li dimentichiamo. Come m...

Scoperto il punto esatto del cervello dove nasce l'Alzheimer: non è l…

17.02.2016 | Ricerche

Una regione cruciale ma vulnerabile del cervello sembra essere il primo posto colpito da...

Menopausa precoce e terapia ormonale ritardata alzano il rischio di Alzheimer

17.04.2023 | Ricerche

Le donne hanno più probabilità degli uomini di sviluppare il morbo di Alzheimer (MA), e ...

L'esercizio fisico dà benefici cognitivi ai pazienti di Alzheimer

29.06.2015 | Ricerche

Nel primo studio di questo tipo mai effettuato, dei ricercatori danesi hanno dimostrato che l'ese...

Tre modi per smettere di preoccuparti

29.07.2020 | Esperienze & Opinioni

Sai di essere una persona apprensiva se ti identifichi con Flounder in La Sirenetta o co...

Sciogliere il Nodo Gordiano: nuove speranze nella lotta alle neurodegenerazion…

28.03.2019 | Ricerche

Con un grande passo avanti verso la ricerca di un trattamento efficace per le malattie n...

Con l'età cala drasticamente la capacità del cervello di eliminare le pro…

31.07.2015 | Ricerche

Il fattore di rischio più grande per l'Alzheimer è l'avanzare degli anni. Dopo i 65, il rischio r...

LipiDiDiet trova effetti ampi e duraturi da intervento nutrizionale all'i…

9.11.2020 | Ricerche

Attualmente non esiste una cura nota per la demenza, e le terapie farmacologiche esisten...

Smontata teoria prevalente sull'Alzheimer: dipende dalla Tau, non dall�…

2.11.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca che altera drasticamente la teoria prevalente sull'or...

Scoperta inaspettata: proteine infiammatorie possono rallentare il declino cog…

5.07.2021 | Ricerche

Finora la ricerca aveva collegato l'infiammazione al morbo di Alzheimer (MA), però scien...

Nessuna cura per l'Alzheimer nel corso della mia vita

26.04.2019 | Esperienze & Opinioni

La Biogen ha annunciato di recente che sta abbandonando l'aducanumab, il suo farmaco in ...

Immagini mai viste prima delle prime fasi dell'Alzheimer

14.03.2017 | Ricerche

I ricercatori dell'Università di Lund in Svezia, hanno utilizzato il sincrotrone MAX IV ...

Ritmi cerebrali non sincronizzati nel sonno fanno dimenticare gli anziani

18.12.2017 | Ricerche

Come l'oscillazione della racchetta da tennis durante il lancio della palla per servire un ace, l...

[Domenic Praticò] Consigli pratici per diventare un super-anziano

1.12.2025 | Esperienze & Opinioni

Quando si parla di invecchiamento, sappiamo che esso non è un processo uniforme e uguale per tutt...

Relazioni personali ricche migliorano il funzionamento del cervello

22.06.2020 | Ricerche

Come interagiscono gli individui, come si percepiscono uno con l'altro, e i pensieri e i...

È lo scopo o il piacere la chiave della felicità mentre invecchiamo?

19.11.2021 | Esperienze & Opinioni

I benefici di avere un senso di scopo nella vita sono davvero incredibili. Le persone co...

Identificazione dei primi segnali dell'Alzheimer

7.03.2022 | Ricerche

Un team multidisciplinare di ricerca, composto da ricercatori del progetto ARAMIS, dell...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)