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Caffeina potrebbe avere un ruolo protettivo contro l'Alzheimer

man drinking coffee Image by freepik.com

Uno studio realizzato in Francia su individui con lieve deterioramento cognitivo (MCI, mild cognitive impairment) e morbo di Alzheimer (MA) ha scoperto che i partecipanti che consumavano meno caffeina avevano una probabilità 2,49 volte più elevata di avere una MCI amnestica e livelli peggiori di biomarcatori specifici associati al MA nel fluido cerebrospinale. Lo studio faceva parte della coorte continua BALTAZAR ed è stato pubblicato su Alzheimer’s & Dementia.


Il MA è un disturbo neurodegenerativo progressivo che influisce profondamente su memoria, pensiero e comportamento. È la causa più comune di demenza, in particolare negli anziani, sebbene in rari casi possa insorgere nei giovani. Il MA è caratterizzato dall'accumulo nel cervello di gruppi anormali di frammenti di proteine ​​chiamati placche amiloide-beta (Aβ) e da fibre attorcigliate della proteina tau, note come grovigli tau. Queste proteine ​​interrompono la comunicazione tra le cellule cerebrali e alla fine portano alla loro morte, causando declino cognitivo e perdita di memoria.


I primi sintomi di MA spesso includono difficoltà a ricordare eventi recenti o conversazioni. Man mano che la malattia avanza, emergono sintomi più gravi, come disorientamento, confusione, difficoltà a parlare o scrivere e cambiamenti di personalità o di umore. Nelle fasi avanzate, le persone perdono la capacità di svolgere compiti quotidiani, come cucinare o vestirsi, e richiedono assistenza a tempo pieno. Attualmente, non esiste una cura per questa malattia, sebbene ci siano trattamenti volti ad alleviare temporaneamente i sintomi.


Il primo autore dello studio David Blum dell'Università di Lille e i suoi colleghi volevano esplorare la relazione tra l'assunzione abituale della caffeina e alcuni biomarcatori legati al MA nel liquido cerebrospinale, il liquido che circonda il cervello e il midollo spinale. Questi biomarcatori includono le proteine ​​Aβ e tau, che vengono usate per rilevare e monitorare la progressione della malattia. Il team ha anche esaminato le differenze nel consumo di caffeina tra individui con MCI, una condizione che spesso precede il MA e quelli che avevano già la diagnosi di MA.


Lo studio faceva parte della coorte BALTAZAR, un grande progetto continuo di ricerca incentrato su individui con MCI e MA. I ricercatori hanno analizzato 263 partecipanti: 147 con MCI e 116 con MA. I partecipanti con MCI sono stati ulteriormente classificati in due sottotipi: MCI amnestico (aMCI), in cui la perdita di memoria è la questione primaria e MCI non amnestico (naMCI), dove sono colpite principalmente altre funzioni cognitive.


I partecipanti allo studio hanno completato un sondaggio dettagliato sul loro consumo giornaliero di bevande contenenti caffeina, come caffè, tè, cioccolato o bibite. Questo sondaggio è stato progettato per valutare l'assunzione di caffeina di ciascun partecipante, calcolata in milligrammi al giorno. Oltre al sondaggio sulla caffeina, i partecipanti hanno anche fornito campioni di sangue e campioni di liquido cerebrospinale.


Il liquido cerebrospinale è stato analizzato per i biomarcatori chiave del MA,che includono tau totale, tau fosforilata (p-tau181), Aβ1-42 e Aβ1-40. Livelli elevati di tau e p-tau181 indicano danni alle cellule cerebrali e grovigli neurofibrillari, associati al MA. Dall'altra parte, livelli più bassi di Aβ42, in particolare in relazione all'Aβ40, sono associati all'accumulo di placche amiloidi, un altro indicatore della progressione del MA.


I partecipanti sono stati classificati in due gruppi in base al loro consumo di caffeina: 'bassa caffeina', con apporto giornaliero inferiore a 216 milligrammi e 'alta caffeina', con assunzione giornaliera superiore a tale quantità. I ricercatori hanno quindi confrontato lo stato cognitivo e i livelli di biomarcatori tra questi due gruppi.


I risultati hanno mostrato che gli individui che assumevano meno caffeina avevano probabilità significativamente più elevate di essere classificate come amnestiche, il che significa che avevano menomazioni legate alla memoria. In particolare, le probabilità di essere diagnosticati con aMCI o MA erano 2,49 volte più alte per i partecipanti con minor consumo di caffeina. Ciò suggerisce un potenziale effetto protettivo della caffeina sulla memoria, in particolare negli individui a rischio o già diagnosticati con MA.


Quando i ricercatori hanno esaminato in modo specifico i partecipanti con MCI, hanno scoperto che quelli con un'assunzione di caffeina inferiore avevano una probabilità 2,72 volte più elevata di essere classificati come amnestici. Questa scoperta suggerisce che il consumo di caffeina potrebbe essere particolarmente rilevante per i problemi relativi alla memoria.


Oltre agli esiti cognitivi, lo studio ha anche trovato differenze significative nei biomarcatori del liquido cerebrospinale tra consumatori alti e bassi di caffeina. I partecipanti che consumavano meno caffeina tendevano ad avere livelli più bassi di Aβ42 e rapporti inferiori Aβ42/Aβ40 e Aβ42/P-TAU181. Questi livelli e rapporti di Aβ42 più bassi sono in genere associati ad un aumento della formazione di placca amiloide nel cervello, un segno distintivo importante del MA. I risultati suggeriscono che una minore assunzione di caffeina potrebbe essere collegata a un maggiore carico amiloide, che è associato a una progressione più rapida della malattia.


"I nostri dati supportano un'associazione tra minor consumo di caffeina, rischio maggiore di essere amnestici e cambiamenti deleteri nei biomarcatori del liquido cerebrospinale di pazienti con MCI e MA", hanno concluso gli autori.


Lo studio fa luce sull'associazione tra il consumo di caffeina e i sintomi del MA, però va notato che la progettazione di questo studio non consente di trarre dai dati conclusioni causa-effetto. Sebbene sia possibile che la caffeina possa avere effetti protettivi contro i sintomi di MA, è anche possibile che gli individui con una migliore salute cognitiva consumino semplicemente più bevande caffeinate (ad esempio, perché sono più capaci di prendersi cura di se stessi, come ottenere e preparare le bevande preferite).

 

 

 


Fonte: Université de Lille via Psypost.org (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: D Blum, [+10], O Hanon. Association of caffeine consumption with cerebrospinal fluid biomarkers in mild cognitive impairment and Alzheimer's disease: A BALTAZAR cohort study. Alz&Dem, 2024, DOI

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Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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