Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Studio della rete cerebrale rivela indizi sui cambiamenti del comportamento in demenza

L'accumulo di proteine ​​tau nel cervello interrompe la 'rete di salienza' che collega più regioni cerebrali per aiutarti a reagire al mondo esterno e ai tuoi stessi pensieri

locations of salience network in the brainUn cervello 'standard' (da scansioni di centinaia di persone estranee a questo studio) con sfere viola che indicano le posizioni collegate alla rete di salienza. (Fonte: Iordan et al / University of Michigan)

Quando la maggior parte delle persone pensa alla demenza, incluso il morbo di Alzheimer (MA), probabilmente pensa subito alla perdita di memoria. Ma la demenza cambia anche il modo in cui una persona si comporta, se si arrabbia o diventa angosciata rapidamente, se la rende depressa, ansiosa o apatica, o addirittura se cambia tutta la sua personalità. Nel tempo, questi cambiamenti comportamentali possono sconvolgere la vita tanto quanto perdere la capacità di pensare o ricordare chiaramente.


Ora, un team di ricercatori dell'Università del Michigan riferisce nuovi indizi su ciò che potrebbe accadere nel cervello delle persone che hanno i primi segni di cambiamenti comportamentali relativi alla demenza. Usando due tipi di scansione medica avanzati per studiare il cervello di 128 persone nelle prime fasi della demenza, mostrano collegamenti tra una delle reti di comunicazione più cruciali del cervello, la proteina tau e il livello di sintomi comportamentali.


Questo va oltre l'azione della tau che gli scienziati conoscono già nelle persone con demenza più avanzata: crea fibre nervose aggrovigliate nelle regioni cerebrali coinvolte nel pensiero e nella memoria. Lo studio suggerisce che la tau interrompe l'integrità della 'rete di salienza' del cervello. Questa autostrada di connessioni tra regioni cerebrali specifiche è la chiave della nostra capacità di comprendere e decidere come reagire a quanto sta accadendo intorno a noi. Ci aiuta anche a elaborare pensieri ed emozioni.


I ricercatori, nella pubblicazione su Alzheimer's & Dementia, hanno dimostrato che più era interrotta la rete di salienza di una persona in presenza di tau, più erano i cambiamenti comportamentali sperimentati. Sebbene le scansioni una tantum di questi 128 volontari di ricerca non potessero mostrare causa ed effetto, la forte associazione tra tau, interruzione della rete di salienza e cambiamento di comportamento è intrigante, afferma il team.


Chiedono ulteriori studi sulla connessione potenziale in altre popolazioni e valutare il cambiamento nel tempo per esplorare ciò che potrebbe accadere all'interno dei percorsi delle cellule cerebrali connesse, che compongono la rete di salienza, ed esplorare come si relaziona con l'accumulo di tau e con i cambiamenti comportamentali nel corso degli anni.


Sperano anche di verificare se è possibile rallentare il cambiamento comportamentale nelle persone con demenza in fase iniziale puntando la rete di salienza con corrente elettrica lieve o campi magnetici applicati dall'esterno del cranio e guidati da scansioni precise. I ricercatori sono guidati da Alexandru D. Iordan PhD e da Benjamin Hampstead PhD/ABPP/CN, entrambi docenti nel dipartimento di psichiatria della U-M. Iordan, neuroscienziato e primo autore dello studio, ha dichiarato:

“Quello che vediamo è che la presenza di patologia tau è collegata a sintomi comportamentali; non in una relazione diretta, ma piuttosto attraverso la disfunzione di una rete specifica nel cervello, la rete di salienza. Più colpita è questa rete, più gravi sono i sintomi comportamentali. Questo è il primo studio che collega lo stato del biomarcatore di un individuo con la disfunzione di questa rete e i sintomi comportamentali, nelle persone sullo spettro del MA".

 

Due tipi di scansioni cerebrali

Il team ha usato la risonanza magnetica funzionale (fMRI) per studiare il cervello di ciascun volontario e tracciare tre diverse reti che collegano ciascuna delle aree remote del cervello. Hanno usato una misura chiamata 'indice di segregazione della rete', per calcolare quanto fosse funzionalmente indipendente ciascuna rete dalle altre.


Hanno combinato i risultati delle fMRI con i risultati di una batteria di test neuropsicologici e questionari comportamentali eseguiti dai volontari. Hanno anche esaminato i risultati della tomografia a emissione di positroni (PET) che mostra se il cervello della persona contiene un eccesso di tau e amiloide-beta, un'altra proteina legata al MA.


La rete di salienza era l'unica delle tre reti il ​​cui livello di integrità era correlato alla presenza di tau e alla gravità dei cambiamenti comportamentali legati alla demenza. La rete in modalità predefinita sembra essere coinvolta come giocatore di supporto. La terza rete studiata, la rete frontoparietale, non era correlata ai sintomi comportamentali.


Lo studio ha dimostrato che, a differenza della tau, la presenza solo di amiloide nel cervello di alcuni volontari non era correlata a problemi con la rete di salienza o legata al livello di sintomi comportamentali di quella persona. Iordan osserva che la rete di salienza è coinvolta anche in alcuni disturbi psichiatrici e nella demenza frontotemporale, un tipo di demenza a insorgenza precoce e a progresso rapido contrassegnata principalmente da cambiamenti comportamentali e di personalità.

 

Potenziale come biomarcatore e neuromodulatore

Iordan osserva che le scansioni PET per tau e amiloide sono ora usate clinicamente nella diagnosi della demenza e nella gestione del trattamento, con i nuovi farmaci che mirano a ridurre l'accumulo di amiloide per rallentare il declino cognitivo.


Ma abbiamo iniziato a usare anche esami del sangue per rilevare la presenza di tau e amiloide, come biomarcatori del rischio di demenza. Dal momento che sono molto meno costosi delle scansioni PET, potrebbero anche essere utili negli studi futuri sul ruolo della tau nei cambiamenti comportamentali.


Ulteriori ricerche potrebbero aiutare a spiegare e persino prevedere la variazione nell'inizio dei cambiamenti comportamentali nelle persone con demenza e il ritmo del declino. Potremmo anche arrivare a identificare le persone i cui cambiamenti di comportamento sono i primi segni rilevabili del rischio di demenza, anche prima che cambino le capacità cognitive.


Ma quale è la cosa più interessante per Iordan e i suoi colleghi?

"I nostri risultati ci forniscono un obiettivo funzionale per un potenziale intervento. Saremo presto in grado di vedere se la stimolazione cerebrale cambia queste relazioni, grazie a uno studio più ampio guidato dal dott. Hampstead che valuta gli effetti di dosi diverse di corrente elettrica debole applicate al cervello. Questo studio è in fase di completamento e a breve vedremo i risultati”.

 

 

 


Fonte: Materials provided by University of Michigan (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: AD Iordan, [+7], BM Hampstead. Salience network segregation mediates the effect of tau pathology on mild behavioral impairment. Alz&Dem, 2024, DOI

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Interleuchina3: la molecola di segnalazione che può prevenire l'Alzheimer…

20.07.2021 | Ricerche

Una nuova ricerca su esseri umani e topi ha identificato una particolare molecola di seg...

Laser a infrarossi distrugge le placche di amiloide nell'Alzheimer

7.08.2020 | Ricerche

L'aggregazione di proteine ​​in strutture chiamate 'placche amiloidi' è una caratteristi...

Le cellule immunitarie sono un alleato, non un nemico, nella lotta all'Al…

30.01.2015 | Ricerche

L'amiloide-beta è una proteina appiccicosa che si aggrega e forma picco...

'Scioccante': dopo un danno, i neuroni si auto-riparano ripartendo d…

17.04.2020 | Ricerche

Quando le cellule cerebrali adulte sono ferite, ritornano ad uno stato embrionale, secon...

Diagnosi di Alzheimer: prenditi del tempo per elaborarla, poi vai avanti con m…

4.12.2023 | Esperienze & Opinioni

Come posso accettare la diagnosi di Alzheimer?

Nathaniel Branden, compianto psicoterape...

'Ingorgo' di proteine nei neuroni legato alla neurodegenerazione

12.09.2022 | Ricerche

Un nuovo studio condotto da ricercatori dell'EPFL rivela che un complesso proteico malfunzionante pu...

Scoperta inaspettata: proteine infiammatorie possono rallentare il declino cog…

5.07.2021 | Ricerche

Finora la ricerca aveva collegato l'infiammazione al morbo di Alzheimer (MA), però scien...

Alzheimer e le sue proteine: bisogna essere in due per ballare il tango

21.04.2016 | Ricerche

Per anni, i neuroscienziati si sono chiesti come fanno le due proteine ​​anomale amiloid...

Studio rafforza il legame tra vaccino contro l'herpes zoster e minore ris…

10.04.2025 | Ricerche

La nuova analisi di un programma di vaccinazione in Galles ha scoperto che il vaccino contro l'he...

Sciogliere il Nodo Gordiano: nuove speranze nella lotta alle neurodegenerazion…

28.03.2019 | Ricerche

Con un grande passo avanti verso la ricerca di un trattamento efficace per le malattie n...

10 cose da non fare con i malati di Alzheimer

10.12.2015 | Esperienze & Opinioni

Mio padre aveva l'Alzheimer.

Vederlo svanire è stata una delle esperienze più difficili d...

Un nuovo modello per l'Alzheimer: fenotipi di minaccia, stati di difesa e…

23.04.2021 | Esperienze & Opinioni

Che dire se avessimo concettualizzato erroneamente, o almeno in modo incompleto, il morb...

Livelli di ossigeno nel sangue potrebbero spiegare perché la perdita di memori…

9.06.2021 | Ricerche

Per la prima volta al mondo, scienziati dell'Università del Sussex hanno registrato i li...

La lunga strada verso la demenza inizia con piccoli 'semi' di aggreg…

20.11.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) si sviluppa nel corso di decenni. Inizia con una reazione a c...

Flusso del fluido cerebrale può essere manipolato dalla stimolazione sensorial…

11.04.2023 | Ricerche

Ricercatori della Boston University, negli Stati Uniti, riferiscono che il flusso di liq...

Perché la tua visione può prevedere la demenza 12 anni prima della diagnosi

24.04.2024 | Ricerche

 

Gli occhi possono rivelare molto sulla salute del nostro cervello: in effetti, i p...

5 tipi di ricerca, sottostudiati al momento, potrebbero darci trattamenti per …

27.04.2020 | Esperienze & Opinioni

Nessun ostacolo fondamentale ci impedisce di sviluppare un trattamento efficace per il m...

I possibili collegamenti tra sonno e demenza evidenziati dagli studi

24.11.2017 | Ricerche

Caro Dottore: leggo che non dormire abbastanza può aumentare il rischio di Alzheimer. Ho avuto pr...

IFITM3: la proteina all'origine della formazione di placche nell'Alz…

4.09.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dall'accumulo...

Allenamento con i pesi protegge il cervello delle persone anziane dalla demenz…

15.04.2025 | Ricerche

Uno studio, condotto presso l'Università di Stato di Campinas (Brasile), ha scoperto che dopo sei...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)