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Dopo 190 tentativi, quanto manca per una cura dell'Alzheimer?

La Eli Lilly sta lavorando da quasi trent'anni sui farmaci per l'Alzheimer, ma ancora senza risultati. Quest'anno l'azienda ha iniziato i test umani con un approccio totalmente nuovo. Il suo ultimo farmaco punta una proteina aberrante chiamata tau che si diffonde nel cervello con la progressione della malattia, e si deposita in grovigli rivelatori che strangolano le cellule cerebrali.


Il farmaco per la tau della Lilly segna un cambiamento nella ricerca di Alzheimer. Le compagnie farmaceutiche si erano sempre concentrate su una proteina diversa, chiamata amiloide, che si raggruma nel cervello dei malati di Alzheimer e che si riteneva scatenasse la malattia. Le aziende hanno riversato miliardi in farmaci per bloccare l'amiloide, con scarso successo.


Nel 2010, la Eli Lilly ha fermato gli esperimenti del semagacestat dopo che i pazienti sul farmaco si sono deteriorati in modo più rapido di quelli su un placebo. Nel 2012, Pfizer e Johnson & Johnson hanno rilasciato i risultati di ampi studi che hanno dimostrato che il loro trattamento anti-amiloide non rallentava la progressione della malattia. In tutto, almeno 190 farmaci di Alzheimer non hanno superato la sperimentazione umana, secondo Bernard Munos, senior fellow presso la FasterCures, un'organizzazione no-profit sanitaria.


Big Pharma avrebbe già gettato la spugna se l'Alzheimer non fosse uno degli ultimi grandi mercati ancora da sfruttare del settore. Più di 5 milioni di americani hanno la malattia, e il numero potrebbe salire a 13,8 milioni entro il 2050, secondo l'Alzheimer's Association. I farmaci esistenti, che trattano principalmente i sintomi, oggi hanno un fatturato combinato di circa 3 miliardi di dollari. "Se uno qualsiasi di questi farmaci riuscisse realmente a rallentare il progresso della malattia, il suo potenziale di vendita sarebbe su ordini di grandezza superiore", dice Sam Fazeli, analista farmaceutico senior alla Bloomberg Intelligence.


La malattia prende il nome dallo psichiatra tedesco Alois Alzheimer, che nel 1906 ha riferito che l'autopsia di una donna con demenza grave aveva rivelato grumi e grovigli nel cervello. Più di un secolo dopo, nessuno sa per certo se l'amiloide è la causa principale del morbo o una concausa minore.


L'industria si è concentrata sull'amiloide perché la prova genetica "era così convincente", dice Roger Perlmutter, capo della ricerca della Merck. Nel 2012, i ricercatori in Islanda hanno scoperto una rara mutazione genetica che sembra proteggere contro l'Alzheimer, riducendo la produzione di amiloide. Merck prevede di completare la prima prova di stadio finale il prossimo anno di una pillola chiamata verubecestat che blocca la produzione di amiloide.


Con lo svanire di numerosi farmaci amiloidi, tuttavia, è cresciuto l'interesse di Big Pharma per le alternative. L'industria "si sta accorgendo che non basta sbarazzarsi dell'amiloide per curare la malattia", dice Virginia Man-Yee Lee, professore dell'Università della Pennsylvania. Dal 2014, gli investitori in capitali di ventura e altri, hanno messo almeno 350 milioni di dollari in start-up che perseguono nuovi approcci.


La maggior parte dei farmaci che puntano la tau sono indietro di anni, o anche di un decennio, rispetto alle terapie anti-amiloide, in termini di studi clinici. La Biogen ha due farmaci che puntano la tau in fase di sperimentazione umana. Per ora, il suo obiettivo è un farmaco di rimozione dell'amiloide chiamato aducanumab. Ma in uno studio preliminare lo scorso anno, solo alcune delle dosi testate hanno rallentato la perdita di cognizione, sollevando dubbi circa l'efficacia del farmaco.


A guidare un po' dell'interesse sulla tau è la ricerca pubblicata nel 2012 e nel 2013 che mostra che la proteina può diffondersi tra le cellule cerebrali, il che rende più facile per le aziende farmaceutiche sviluppare farmaci per combatterla. "I cultori dell'amiloide stanno ancora combattendo. Essi non sono disposti a vedere i fatti di fronte a loro", dice Jie Shen, professore della Harvard Medical School, il cui lavoro suggerisce che l'amiloide ha solo un ruolo modesto nella malattia. Samantha Budd Haeberlein, vice presidente dello sviluppo clinico della Biogen, ha una prospettiva diversa. Lei dice che anche se la tau è "forse il carnefice" delle cellule cerebrali, è l'amiloide "la pistola".


La Abbvie, che ha un farmaco per la tau nelle prime prove umane, dice che puntare la tau potrebbe avere alcuni vantaggi rispetto all'amiloide. L'accumulo di Tau è più lento dell'amiloide e continua con lo sviluppo dei sintomi, il che significa che potrebbe essere possibile trattare i pazienti con stadi più avanzati della malattia e comunque ottenere "un beneficio terapeutico di grande valore", ha detto Eric Karran, vice presidente del Foundational Neuroscience Center di Abbvie, a degli analisti a giugno.


La TauRx Pharmaceuticals prevede di presentare i risultati di uno studio di fase finale del suo farmaco tau a una grande conferenza di Alzheimer a fine luglio. Un risultato di successo avrebbe "implicazioni enormi" per l'intero settore della tau, dice Claude Wischik, co-fondatore della società.


Nel frattempo, i farmaci amiloidi continueranno a muoversi nei programmi. Merck, Biogen, e Roche Holding hanno in corso studi di trattamenti in fase avanzata, mentre la Eli Lilly sta ripetendo il test del solanezumab, che non ha avuto successo negli studi precedenti. Steven Paul, ex capo della ricerca di Eli Lilly, ora amministratore delegato di Voyager Therapeutics, è ottimista sui risultati dei farmaci attuali perché sono più potenti e si stanno sperimentando in fasi più precoci della malattia, quando hanno più probabilità di funzionare. "Abbiamo una maggiore possibilità di successo di quanto ne avessimo tre, quattro o cinque anni fa", dice.


Nonostante il cauto ottimismo, Michael Hutton, esperto medico della Eli Lilly, evoca uno "scenario da incubo", per cui i fondi per la ricerca e per lo sviluppo dell'Alzheimer si prosciugherà se gli ultimi esperimenti sui farmaci anti-amiloide riporteranno risultati poco brillanti il prossimo anno. Se ciò accadrà, "sospetto che vedremo il ritiro di alcune aziende farmaceutiche" dice.

 

 

 


Fonte: Robert Langreth/Cynthia Koons/Caroline Chen in Bloomberg.com (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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