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L'alluminio di pentole e antitraspiranti porta all'Alzheimer?

 

Ho visto amici rodersi sul collegamento presunto tra alluminio e Alzheimer e mi sono spesso chiesta se i loro timori sono fondati su fatti. Dovrebbero smettere di usare pentole di alluminio o antitraspiranti contenenti alluminio?

Ho sempre sentito dire che i pericoli per la salute dall'alluminio sono solo montature giornalistiche. Allora, di cosa stiamo parlando?


Il collegamento tra alluminio e Alzheimer è più un mito che una controversia scientifica di lunga data. E' iniziato nel 1965, quando dei ricercatori hanno scoperto che iniettando nel cervello di conigli dell'alluminio ha indotto lo sviluppo di grovigli neurofibrillari, le proteine ​​contorte presenti nelle cellule cerebrali dei pazienti con Alzheimer, una malattia degenerativa del cervello che distrugge la memoria e la cognizione.


La scoperta ha stimolato una corsa alla ricerca. Appena otto anni più tardi, un gruppo canadese, studiando tessuto cerebrale di pazienti deceduti di Alzheimer, ha scoperto che alcune parti del loro cervello avevano da due o tre volte più alluminio di un cervello normale. Nel 1980, Daniel Perl e Arnold Brody erano riusciti a sbirciare realmente all'interno di cellule cerebrali umane con grovigli - e hanno trovato alluminio anche lì. "Ciò ha davvero cambiato l'intero aspetto della cosa", ricorda Perl, ora professore di patologia alla Uniformed Services University of the Health Sciences di Bethesda. "Venivo chiamato continuamente, perché c'era tanto interesse nel pubblico".


Nonostante l'aumento di interesse, non si riusciva a capire cosa questo significasse per la salute umana. Una parte del problema è che le tecniche scientifiche erano - e sono tuttora - troppo imperfette per fornire una risposta. Sia che stessero studiando le cellule del cervello sia che stessero effettuando studi epidemiologici sull'intera popolazione per tracciare l'esposizione all'alluminio e il rischio di Alzheimer, i ricercatori mancavano degli strumenti per ottenere risultati molto precisi o conclusivi.


"L'alluminio è così comune, così diffuso nell'ambiente, che studiarlo è un compito difficile", dice John Savory, professore emerito di patologia all'Università della Virginia, che ha contribuito a scoprire che l'esposizione all'alluminio può causare sintomi neurologici e di tipo demenza in pazienti in dialisi. "Un granello di polvere appena può contaminare il campione, perché è dappertutto".

 

Si trova in natura

L'alluminio naturale è il terzo elemento per abbondanza sulla terra, per cui è davvero ovunque. Essendo presente nel terreno, può essere presente in alcuni alimenti, come gli spinaci e il tè. E' anche usato in un certo numero di processi industriali che lo mettono in stretto contatto con gli esseri umani. Sebbene molti studi sull'esposizione dell'alluminio si siano concentrati sull'acqua potabile (le aziende di servizio spesso usano sali di alluminio per rendere limpida e pura l'acqua), si trova anche nelle pentole e negli imballaggi alimentari, negli antiacidi, negli antitraspiranti e in un certo numero di farmaci, e in alcuni alimenti trasformati. Ciò rende "molto difficile" distinguere tra l'esposizione delle persone all'alluminio nel corso della vita, e l'effetto di tali esposizioni, dice Perl.


Non sorprende, quindi, che 30 anni di studi sul legame alluminio-Alzheimer hanno dato risultati contrastanti. Per esempio, uno studio del 1997 su quasi 1.000 uomini, provenienti da Inghilterra e Galles, ha trovato poca associazione tra l'incidenza dell'Alzheimer e la loro esposizione stimata all'alluminio attraverso l'acqua potabile, ma uno studio di 15 anni che ha seguito 1.925 uomini e donne francesi ha concluso che un elevato consumo di alluminio dall'acqua potabile potrebbe essere un fattore di rischio per l'Alzheimer. Una ricerca dell'Organizzazione Mondiale della Sanità del 2003 su sei studi epidemiologici di alta qualità sull'alluminio nell'acqua potabile come fattore di rischio per l'Alzheimer, ne ha trovato tre con un'associazione positiva, e tre senza.


Questi risultati sono differenti a causa delle difficoltà insite negli studi epidemiologici, che richiedono ai ricercatori di contare su record potenzialmente inesatti e di seguire le persone per lunghi periodi, dice Amy Borenstein, professore di epidemiologia al College of Public Health della University of South Florida. La Borenstein ha studiato il rischio di Alzheimer e l'esposizione all'alluminio attraverso antitraspiranti e pentole più di 20 anni fa, anche in questo caso con risultati poco chiari. "Facciamo del nostro meglio", dice, "studiare gli esseri umani è difficile".


Un altro problema è che l'argomento semplicemente non interessa più. Dal momento in cui i ricercatori di Alzheimer hanno perseguito strade più facilmente testabili per capire la malattia, come ad esempio i fattori di rischio genetici e la formazione di placche cerebrali (invece dei grovigli), l'alluminio si è perso per strada, dice Savory. "E' diventato molto, molto difficile ottenere finanziamenti per lavorare sull'alluminio. "Non appena si nomina l'alluminio, si è congedati con 'Beh, questa ipotesi è stata smentita anni fa' ", dice Savory. "Ma non è mai stata smentita. La verità è che nessuno lo sa".


Anche Perl ha incontrato difficoltà nel finanziare le sue ricerche sull'alluminio, e alla fine ha spostato i suoi sforzi sul legame tra traumi e malattie neurodegenerative. Anche se non crede - e non ha mai creduto - che l'alluminio causi l'Alzheimer, dice che il metallo potrebbe essere coinvolto in qualche modo nella progressione della malattia e che la mancanza di analisi potrebbe essere uno svantaggio per la ricerca di Alzheimer. "Non sappiamo che cosa causa il diabete, per esempio, ma possiamo trattarlo", dice Perl. "Quindi, solo perché qualcosa non è la . . . causa diretta di una malattia non vuol dire che non sia importante".


Ma la Borenstein crede che il contributo dell'alluminio al rischio di Alzheimer sia troppo piccolo per giustificare molte ricerche. "Ammesso che l'alluminio abbia un qualche ruolo, è molto piccolo", dice. "E ci sono molte altri fattori di rischio, molto più importanti da studiare". Questi altri fattori includono i geni così come le malattie metaboliche e vascolari (cose come il diabete e le malattie cardiache) che gli studi hanno dimostrato essere fortemente associati con l'Alzheimer; il livello di stimolazione intellettuale e il livello di istruzione, e di impegno sociale. Questi fattori un giorno potrebbero aiutare i ricercatori a curare, e anche a prevenire, la malattia, dice la Borenstein.


Perché allora questo mantiene preoccupato il consumatore? Si può cercare di limitare il consumo di alluminio, scegliendo i prodotti senza alluminio, dice Perl, "ma non capiamo abbastanza [sulla possibile associazione tra alluminio e Alzheimer] per dare buoni consigli". Per quello che vale, Perl e Borenstein non hanno sostituito le loro pentole, cambiato i loro antitraspiranti o rinunciato ad usare un foglio di alluminio. Neanche Savory l'ha fatto, anche se preferisce bere acqua potabile solo dal suo pozzo che, dice, ha livelli notevolmente più bassi di alluminio dell'acqua potabile della sua città.


Evitare del tutto l'alluminio non è possibile, perché il metallo è così onnipresente. Se l'Alzheimer ti preoccupa, fai meglio a mantenere la mente attiva e il cuore sano, dice la Borenstein. Nel lungo periodo, queste azioni saranno molto più utili per proteggere il cervello.

 

 

 

 

 

 


Pubblicato da Gisela Telis in Washington Post il 6 maggio 2013 (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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