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Le 'pulizie di casa' delle cellule umane ritardano la vecchiaia e contrastano le neurodegenerazioni

Cells full of damaged mitochondriaCellule cerebrali (in blu con nucleo in bianco) che sono piene di mitocondri danneggiati (rosso). Alcuni di questi ultimi sono stati puntati dai recettori autofagici (verdi), che si accumulano più velocemente con il meccanismo rivelato dalla ricerca. (Fonte: dott. Padman)

I ricercatori della Monash University in Australia hanno chiarito un processo chiave presente in tutte le cellule umane, che contribuisce a malattie come il cancro, le malattie neurodegenerative (tipo l'Alzheimer) e l'invecchiamento. La scoperta rivela come le cellule si liberano efficientemente della spazzatura cellulare, che quando si accumula, può innescare la morte [delle cellule] e i problemi di salute associati all'età.


L'autofagia è la 'squadra di pulizia' della cellula, usata dalle cellule per scomporre i detriti come proteine ​​rotte, frammenti di membrana cellulare, virus o batteri. Per raccogliere questa spazzatura, le cellule usano membrane specializzate che intrappolano il carico per riciclarlo in nuove parti ed energia.


Senza un'autofagia efficace le cellule vengono soffocate dai propri componenti danneggiati, che possono contribuire allo sviluppo di una serie di malattie, tra cui diabete, distrofia muscolare, Parkinson e Alzheimer.


Il laboratorio del dott. Michael Lazarou del Monash Biomedicine Discovery Institute ha pubblicato oggi dei dati su Nature Communications che sfatano credenze precedenti su come le cellule puntano la loro spazzatura. Le cellule prendono di mira diversi tipi di carico usando 'recettori dell'autofagia', che possono legare il carico, come pure le membrane che intrappolano.


Fino a poco tempo fa si pensava che questi recettori di autofagia reclutassero le membrane sul carico, ma le ricerche condotte dal dott. Benjamin Padman del laboratorio di Lazarou dimostrano che non è così.


Il dott. Padman ha rimosso la capacità dei recettori autofagici di legare le membrane e ha scoperto che ciò non ha fermato il processo di autofagia. In collaborazione con il Dr Lan Nguyen, capo del BDI Computational Network Modelling Laboratory della Monash, i ricercatori hanno invece scoperto che le cellule amplificano il tasso di autofagia.


"Il modo in cui ci pensavo è totalmente capovolto", ha detto il dott. Padman. "I recettori dell'autofagia non reclutano le membrane, sono le membrane a reclutare più recettori autofagici per accelerare le cose".


Secondo il dott. Padman, ci sono una serie di terapie e trattamenti attualmente in fase di sviluppo a livello globale che mirano a controllare l'attività di queste proteine ​​"che, secondo i nostri risultati, non funzionano come pensavamo finora".


"La squadra di pulizia dell'autofagia è sempre al lavoro nelle nostre cellule, ma a volte può avere problemi a tenere il passo. Se riuscissimo a trovare farmaci che prendono di mira questo meccanismo di amplificazione, potremmo aiutare le cellule neuronali ad affrontare l'accumulo di proteine spazzatura legato all'Huntington e all'Alzheimer", ha detto il dott. Padman.

 

 

 


Fonte: Monash University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Benjamin Scott Padman, Thanh Ngoc Nguyen, Louise Uoselis, Marvin Skulsuppaisarn, Lan K. Nguyen, Michael Lazarou. LC3/GABARAPs drive ubiquitin-independent recruitment of Optineurin and NDP52 to amplify mitophagy. Nature Communications, 24 Jan 2019, DOI: 10.1038/s41467-019-08335-6

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Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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