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Due studi mostrano un legame tra dieta e funzioni cognitive

MRI on mouseLa Dott.ssa Ai-Ling Lin ha appena pubblicato due studi che dimostrano che la dieta chetogenica, la restrizione calorica o la rapamicina farmaceutica possono prevenire il declino cognitivo negli animali (Foto: Mark Mahan)Tutti abbiamo sperimentato quella «voce dalla pancia» (o istinto), quando sappiamo nel profondo che qualcosa è vero.


Questo fenomeno, e altri, descrivono proprio ciò che gli scienziati hanno ora dimostrato: che l'intestino e il cervello sono più collegati di quanto si pensava finora, e in effetti la salute di uno può influenzare l'altro.


Facendo tesoro di questo concetto scientifico relativamente nuovo, Ai-Ling Lin (a sinistra nella foto), e i suoi colleghi dell'Università del Kentucky, hanno pubblicato due studi che dimostrano l'effetto della dieta sulla salute cognitiva negli animali.


Il primo, apparso su Scientific Reports, ha dimostrato che la funzione neurovascolare è migliorata nei topi che hanno seguito un regime di dieta chetogenica.


"L'integrità neurovascolare, compreso il flusso sanguigno cerebrale e la funzione della barriera emato-encefalica, ha un ruolo importante nelle capacità cognitive", ha detto la Lin. "La scienza recente ha suggerito che l'integrità neurovascolare potrebbe essere regolata dai batteri nell'intestino, così abbiamo deciso di vedere se la dieta chetogenica potenzia la funzione vascolare cerebrale e riduce il rischio di neurodegenerazione in topi giovani sani".


La Lin e collegi hanno considerato la dieta chetogenica, caratterizzata da livelli alti di grassi e bassi di carboidrati, un buon candidato per lo studio, in quanto ha già mostrato effetti positivi per i pazienti con altri disturbi neurologici, compresa l'epilessia, il Parkinson e l'autismo.


Due gruppi di nove topi, da 12 a 14 settimane di età, hanno ricevuto la dieta chetogenica (KD) oppure una dieta regolare. Dopo 16 settimane, il team ha visto che i topi KD avevano un aumento significativo nel flusso sanguigno cerebrale, un migliore equilibrio nel microbioma nell'intestino, livelli più bassi di glucosio nel sangue e di peso corporeo, e un aumento benefico nel processo che elimina l'amiloide-beta dal cervello, un segno distintivo del morbo di Alzheimer (MA).


"Anche se le modifiche dietetiche, in particolare la dieta chetogenica, hanno dimostrato efficacia nel trattamento di alcune malattie, abbiamo scelto di testare i topi giovani sani usando la dieta come misura preventiva potenziale", ha detto la Lin. "Siamo stati lieti di vedere che potremmo effettivamente usare la dieta per mitigare i rischi del MA".


Secondo la Lin, gli effetti benefici visti con la dieta chetogenica sono potenzialmente dovuti all'inibizione di un sensore di nutrienti chiamato mTOR (mechanistic target of rapamycin = obiettivo meccanicistico della rapamicina), che ha dimostrato di influenzare l'estensione della longevità e di promuovere la salute.


Oltre alla dieta chetogenica, la Lin ha detto che l'mTOR può essere inibito anche dalla semplice restrizione calorica o dalla rapamicina farmaceutica.


****

Il 2° studio, pubblicato su Frontiers in Aging Neuroscience, ha usato scansioni per esplorare in vivo gli effetti della rapamicina, della dieta chetogenica o della semplice restrizione calorica sulla funzione cognitiva di topi giovani e anziani.


"Il nostro precedente lavoro ha già dimostrato l'effetto positivo della rapamicina e della restrizione calorica sulla funzione neurovascolare", ha detto la Lin. "Abbiamo ipotizzato che le neuroscansioni potrebbero permetterci di vedere quei cambiamenti nel cervello vivente".


Ancora più allettante è che i suoi dati suggerivano che la restrizione calorica funzionava come una sorta di 'fonte di giovinezza' per i roditori anziani, le cui funzioni neurovascolari e metaboliche erano migliori di quelle dei topi giovani in regime di dieta senza restrizioni.


La Lin sottolinea che è troppo presto per sapere se i regimi conferiranno lo stesso beneficio agli esseri umani, ma dal momento che la rapamicina e altri inibitori mTOR sono già stati approvati dalla FDA e sono ampiamente prescritti per altre malattie, è realistico pensare che lo studio sull'uomo possa seguire in tempi relativamente brevi.


Linda Van Eldik PhD, direttrice del Sanders-Brown Center on Aging della University of Kentucky, ha affermato che il lavoro della Lin giustifica una transizione verso studi simili sull'uomo, dal momento che tutti i metodi usati dalla Lin sui modelli animali possono essere prontamente applicati all'uomo.


"Il laboratorio di Ai-Ling è stato uno dei primi ad usare la neuroscansione per vedere questi cambiamenti in un cervello vivente e il collegamento potenziale con i cambiamenti nel microbioma intestinale", ha detto. "Il suo lavoro ha enormi implicazioni per i futuri studi clinici sui disordini neurologici nelle popolazioni anziane".


La Lin e il suo laboratorio stanno già facendo proprio questo: progettare una sperimentazione clinica per comprendere il ruolo del microbioma intestinale nella disfunzione neurovascolare (un fattore di rischio del MA) e nell'invecchiamento in buona salute.


"Useremo la neuroscansione per identificare l'associazione tra l'equilibrio del microbioma intestinale e la funzione vascolare cerebrale negli individui over-50, con l'obiettivo finale di progettare e testare interventi nutrizionali e farmacologici che possano prevenire il MA", ha detto.

 

 

 


Fonte: Laura Wright in University of Kentucky (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti:

  1. David Ma, n>, M. Paul Murphy, Brent S. Sokola, Björn Bauer, Anika M. S. Hartz & Ai-Ling Lin. Ketogenic diet enhances neurovascular function with altered gut microbiome in young healthy mice. Scientific Reports, 27 Apr 2018 DOI: 10.1038/s41598-018-25190-5
  2. Jennifer Lee, Lucille M. Yanckello, David Ma, Jared D. Hoffman, Ishita Parikh, Scott Thalman, Bjoern Bauer, Anika M. S. Hartz, Fahmeed Hyder and Ai-Ling Lin. Neuroimaging Biomarkers of mTOR Inhibition on Vascular and Metabolic Functions in Aging Brain and Alzheimer’s Disease. Front. Aging Neurosci., 26 July 2018 DOI: 10.3389/fnagi.2018.00225

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