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Il cibo spazzatura potrebbe provocare demenza, oltre a far ingrassare

Cibi grassi e dolci mettono a rischio di demenza?Rimpinzarsi di cibo spazzatura non solo fa ingrassare - potrebbe provocare anche la demenza. Stanno emergendo sempre più prove che una cattiva alimentazione provoca l'Alzheimer, avvelenando il cervello.

Poichè gli studi su animali coinvolgono con decisione l'ormone insulina nel processo, alcuni credono che l'Alzheimer sia un'altra versione del diabete.


Anche se l'affermazione può sembrare bizzarra, confermare il legame potrebbe accelerare la ricerca di un disperato bisogno di nuovi trattamenti per l'Alzheimer che, insieme ad altre forme di demenza, colpisce più di 800.000 cittadini britannici.


Pessime diete sono già collegate alla demenza, poichè pressione alta e colesterolo interrompono l'afflusso di sangue al cervello. Ma quest'ultima teoria punta ai livelli elevati di alimenti grassi e zuccherati che danneggiano il cervello interrompendo l'approvvigionamento di insulina. Nel diabete di tipo 2, la forma più comune della malattia, cibi non sani portano le cellule del corpo a diventare resistenti all'insulina di cui hanno bisogno per convertire lo zucchero in energia.


Brutte diete sono già collegate alla demenza, perchè pressione alta e colesterolo interrompono afflusso di sangue al cervelloLa rivista New Scientist di questa settimana ha detto che qualcosa di simile potrebbe accadere nell'Alzheimer, dove una cattiva alimentazione impedisce alle cellule del cervello di rispondere adeguatamente all'insulina.


L'insulina è necessaria per regolamentare le sostanze chimiche del cervello fondamentali per la memoria e l'apprendimento, per produrre e rafforzare le connessioni tra le cellule del cervello e per mantenere i vasi sanguigni che alimentano il cervello di sangue e ossigeno.


Nei test, i topi a cui era stata data una sostanza chimica che impediva al loro cervello di utilizzare l'insulina, hanno sviluppato i sintomi di Alzheimer. Suzanne de la Monte, della Brown University negli Stati Uniti, ha detto: "Sono diventati dementi. Non potevano imparare o ricordare". E scatenare il diabete ha creato cambiamenti di tipo Alzheimer nel cervello degli animali, compreso lo sviluppo delle placche beta-amiloidi appiccicose che intasano il cervello dei pazienti umani.


La prova che la resistenza all'insulina è cruciale arriva anche da uno studio della Università della Pennsylvania sul tessuto cerebrale preso da cadaveri. Il tessuto cerebrale di persone che non avevano avuto l'Alzheimer sembrava essere rifiorito alla vita quando è stato inondato di insulina. Ma le cellule del cervello dei pazienti di Alzheimer non hanno reagito per niente.


E quando i ricercatori hanno nutrito uomini e donne sani con cibi grassi ricchi di zucchero per un mese i livelli di insulina e di beta amiloide sono aumentati. New Scientist dice: "Se hanno ragione - e un crescente corpo di evidenza suggerisce che potrebbe essere - le conseguenze sono profondamente preoccupanti. Poichè gli alimenti calorici sono noti per alterare la risposta del nostro corpo all'insulina, senza volerlo potremmo avvelenare il nostro cervello ogni volta che mandiamo giù hamburger e patatine fritte". E aggiunge che i malati di diabete di tipo 2 - la forma che di solito è presente negli adulti di mezza età sovrappeso - possono essere particolarmente vulnerabili al diabete del cervello.


Con i tassi del diabete che stanno salendo alle stelle, la demenza potrebbe essere sulla buona strada per raggiungere proporzioni "epidemiche". Ma c'è qualche speranza. I primi studi di uno spray nasale per insulina hanno avuto risultati promettenti e i farmaci anti-diabete potrebbero rendere il cervello più sensibile all'insulina o contribuire a spezzare le placche velenose.


Il professore Clive Ballard, direttore di ricerca dell'Alzheimer's Society, ha detto: "Una persona su tre sopra i 65 anni svilupperà la demenza. Ricerche come questa ci indicano nuove direzioni per lo sviluppo del trattamento".

 

 

 

 

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Pubblicato da Fiona Macrae in DailyMail il 30 Agosto 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.

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