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Il bilinguismo può proteggere il cervello anche nei primi stadi della demenza?

Uno studio condotto da ricercatori di psicologia della York University (Toronto / Canada) fornisce nuove prove che il bilinguismo può ritardare i sintomi della demenza.


Il morbo di Alzheimer (MA) è la forma più comune di demenza, che costituisce dal 60 al 70% dei casi di demenza. Di tutte le attività con benefici neuroplastici, l'uso del linguaggio è la più sostenuta, consumando la maggior parte del tempo nel giorno. E attiva anche aree nell'intero cervello.


Ellen Bialystok, professoressa di psicologia della York, ha testato con il suo team la teoria che il bilinguismo può aumentare la riserva cognitiva e quindi ritardare l'età di insorgenza dei sintomi del MA nei pazienti anziani.


Il loro studio è ritenuto il primo a studiare i tempi di conversione dal lieve deterioramento cognitivo (MCI, mild cognitive impairment) al MA nei pazienti monolingue e bilingue. Anche se il bilinguismo ritarda l'insorgenza dei sintomi, dice la Bialystok, una volta che il MCI è diagnosticato, il declino verso il MA conclamato è molto più veloce nelle persone bilingue che nelle persone monolingue, perché nei bilingue la malattia è in realtà più avanzata.


“Immagina di bloccare con sacchi di sabbia una rottura negli argini di un fiume. Ad un certo punto il fiume vincerà“, dice la Bialystok. “La riserva cognitiva trattiene la corrente e, nel punto in cui la persona era quando ha avuto la diagnosi di MCI, aveva già una patologia sostanziale, ma non c'era alcuna prova di ciò perché lei era in grado di funzionare per merito della riserva cognitiva. Quando non potrà più farlo, le paratie vengono completamente travolte, e si rompono più velocemente”.


Nello studio durato 5 anni, i ricercatori hanno seguito 158 pazienti che avevano avuto la diagnosi di MCI. Li hanno classificati tra bilingue con riserva cognitiva elevata e monolingue con riserva cognitiva bassa. I pazienti dei due gruppi sono stati abbinati per età, istruzione e livello cognitivo del momento della diagnosi di MCI. I ricercatori li hanno seguiti nei loro appuntamenti a intervalli di 6 mesi nella clinica della memoria in un ospedale per vedere il punto in cui le diagnosi cambiavano da MCI a MA.


Il tempo di conversione dei bilingui, 1,8 anni dopo la diagnosi iniziale, era significativamente più veloce di quanto lo fosse per i monolingui, che ci mettevano 2,6 anni per passare al MA. Questa differenza suggerisce che i pazienti bilingui avevano più  neuropatologia nel momento in cui hanno avuto la diagnosi di MCI rispetto ai monolingui, anche se esibivano lo stesso livello di funzione cognitiva.


Questi risultati aumentano il crescente corpo di evidenze che dimostrano che i bilingui sono più resilienti alla neurodegenerazione rispetto ai monolingui. Essi operano a un livello superiore di funzionamento per merito della riserva cognitiva, quindi molti di questi individui saranno indipendenti più a lungo, dice la Bialystok.


Questo studio aggiunge nuove prove, mostrando che il declino è più rapido una volta che si attraversa una soglia clinica, presumibilmente perché c'è già più malattia nel cervello.


“Dato che non esiste alcun trattamento efficace per il MA o per la demenza, il meglio che si può sperare è mantenere il funzionamento di queste persone, in modo che possano vivere in modo indipendente e non perdere il collegamento con la famiglia e gli amici. È [un risultato] enorme".

 

 

 


Fonte: York University/Toronto (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Matthias Berkes, Ellen Bialystok, Fergus Craik, Angela Troyer, Morris Freedman. Conversion of Mild Cognitive Impairment to Alzheimer Disease in Monolingual and Bilingual Patients. Alzheimer Disease & Associated Disorders, 13 Feb 2020, DOI

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Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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