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E' possibile tracciare la progressione dell'Alzheimer prima della demenza

Dei ricercatori che comprendono Anne Fagan, a destra, e la studentessa laureata Courtney Sutphen, hanno dimostrato che i marcatori nel fluido spinale umano e altri indicatori possono aiutare a monitorare la progressione dell'Alzheimer preclinico. (Credit: Michael C. Purdy)Da anni gli scienziati stanno cercando di capire come l'Alzheimer danneggia il cervello PRIMA che siano clinicamente rilevabili la perdita di memoria e la demenza.


La maggior parte dei ricercatori ritiene che questa fase preclinica, che può durare dieci o più anni prima della comparsa dei sintomi, sia la fase critica in cui la malattia potrebbe essere controllata o fermata, prevenendo dall'inizio il fallimento della capacità di memorizzare e di pensare.


Su Lancet Neurology di Ottobre sono riportati importanti progressi in questo tentativo. Gli scienziati del Charles F. and Joanne Knight Alzheimer Disease Research Center della Washington University School of Medicine di St. Louis, lavorando in collaborazione con i ricercatori dell'Università di Maastricht nei Paesi Bassi, hanno contribuito a validare un nuovo sistema proposto, atto ad identificare e classificare gli individui con Alzheimer preclinico.


I loro risultati indicano che l'Alzheimer preclinico può essere rilevato durante la vita di una persona, è comune negli anziani cognitivamente normali ed è associato a declino mentale e mortalità futuri. Secondo gli scienziati, questo suggerisce che l'Alzheimer preclinico potrebbe essere un bersaglio importante per l'intervento terapeutico.


Un gruppo di esperti di Alzheimer, convocati due anni fa dal National Institute on Aging in collaborazione con l'Alzheimer's Association, ha proposto il sistema di classificazione. Esso si basa su precedenti sforzi per definire e monitorare i cambiamenti dei biomarcatori durante la malattia preclinica.


Secondo i ricercatori dell'Università di Washington, i nuovi risultati offrono motivo di incoraggiamento, dimostrando, per esempio, che il sistema può aiutare a predire quali individui cognitivamente normali svilupperanno i sintomi dell'Alzheimer e quanto rapidamente diminuirà la loro funzione cerebrale. Ma essi evidenziano anche ulteriori domande alle quali si dovrà rispondere prima che il sistema di classificazione sia adatto per l'uso nella pratica clinica.


"Per [pervenire] a nuovi trattamenti, é importante sapere il punto dove si trovano gli individui sul percorso della demenza di Alzheimer, per aiutarci a migliorare la progettazione e la valutazione degli studi clinici", ha detto l'autore senior Anne Fagan, PhD, professore di ricerca in neurologia. "Ci sono molti passi da fare prima di poter applicare questo sistema alla pratica clinica, compresa la standardizzazione del modo di raccogliere e valutare i dati degli individui, e definire quale dei nostri indicatori di malattia preclinica sono i più precisi. Ma i dati della ricerca sono interessanti e molto incoraggianti".


Il sistema di classificazione divide l'Alzheimer preclinico in tre fasi:

  • Fase 1: I livelli di beta amiloide, un frammento di proteina prodotta dal cervello, cominciano a cadere nel liquido spinale. Questo indica che la sostanza comincia ad accumularsi in placche nel cervello.
  • Fase 2: I livelli di proteina tau iniziano a salire nel fluido spinale, il che indica che le cellule cerebrali cominciano a morire. Livelli di beta amiloide sono ancora anormali e possono continuare a scendere.
  • Fase 3: In presenza di livelli anomali dei biomarcatori amiloide e tau, possono essere rilevati cambiamenti cognitivi sottili dai test neuropsicologici. Da soli, questi cambiamenti non possono stabilire una diagnosi clinica di demenza.


I ricercatori hanno applicato tali criteri ai partecipanti della ricerca studiati dal 1998 al 2011 al Centro Knight di Ricerca di Alzheimer. Il centro raccoglie annualmente una vasta quantità di dati cognitivi, di biomarcatori e altri, sulla salute di volontari normali e con deterioramento cognitivo, per essere usati in studi di Alzheimer. Gli scienziati hanno analizzato le informazioni su 311 individui di 65 anni e oltre, cognitivamente normali al momento della prima valutazione. Ogni partecipante è stato valutato al centro almeno due volte all'anno, il partecipante a questo studio con la serie maggiore di dati é stato seguito per 15 anni.


Al test iniziale, il 41 per cento dei partecipanti non aveva indicatori dell'Alzheimer (fase 0); il 15 per cento era nello stadio 1 della malattia preclinica; il 12 per cento era nello stadio 2; e il 4 per cento era nella fase 3. Il resto dei partecipanti sono stati classificati con disturbi cognitivi causati da condizioni diverse dall'Alzheimer (23 per cento) o non ha soddisfatto nessuno dei criteri proposti (5 per cento).


"Un totale del 31 per cento dei nostri partecipanti aveva la malattia preclinica", ha detto la Fagan. "Questa percentuale corrisponde ai risultati di studi autoptici del cervello di individui anziani, che hanno dimostrato che circa il 30 per cento delle persone cognitivamente normali hanno la patologia di Alzheimer preclinico nel loro cervello".


Gli scienziati ritengono che il tasso di declino cognitivo aumenti quando le persone passano da una fase all'altra dell'Alzheimer preclinico. I nuovi dati supportano questa ipotesi. Cinque anni dopo la prima valutazione, l'11 per cento del gruppo di fase 1, il 26 per cento del gruppo di stadio 2, e il 52 per cento del gruppo di fase 3, aveva avuto la diagnosi di Alzheimer sintomatico.


I soggetti con Alzheimer preclinico avevano una probabilità sei volte maggiore di morire nei successivi dieci anni rispetto agli anziani senza Alzheimer preclinico, ma i ricercatori non sanno perché. "I fattori di rischio dell'Alzheimer potrebbero anche essere associati con altre malattie pericolose per la vita", ha detto la Fagan. "E' anche possibile che la presenza dell'Alzheimer impedisca la diagnosi e il trattamento di altre condizioni o contribuisca a problemi di salute in altre parti del corpo. Non abbiamo abbastanza dati ancora per dirlo, ma è un problema su cui stiamo continuando a indagare".

 

 

 

 

 


Fonte: Washington University School of Medicine.

Riferimenti: Vos SJB, Xiong C, Visser PJ, Jasielec MS, Hassenstab J, Grant EA, Cairns NJ, Morris JC, Holtzman DM, Fagan AM. Preclinical Alzheimer’s disease and its outcome: a longitudinal cohort study.. Lancet Neurology, September 2013

Pubblicato in Science Daily (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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