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Per definizione la malattia di Alzheimer è un processo degenerativo irreversibile che distrugge in modo lento ma progressivo le cellule cerebrali. Partendo da questa considerazione il malato è destinato, attraverso il progredire della malattia, a diventare sempre più incapace di provvedere ai propri interessi: giuridicamente parlando, diventa incapace di intendere e di volere. Tale incapacità si distingue in naturale o legale.

  • Per incapacità naturale s’intende quella di una persona che, per una qualsiasi ragione, non riesce a provvedere ai propri interessi, dai più semplici (pagamenti di bollette, operazioni bancarie, ecc.) ai più complessi (compra-vendite, redazione d’atti).
  • Per incapacità legale s’intende quella che, in seguito ad una domanda, è riconosciuta da un giudice. Si distingue tra interdizione o inabilitazione.

 

Interdizione, Inabilitazione e Amministratore di sostegno

Spesso le famiglie rifiutano di procedere verso l’Interdizione o l’Inabilitazione del malato, perché ritengono che siano una sorta di perdita della dignità della persona, ma di fatto non è così. È importante trattare quell’uomo o quella donna malata come una persona sino al momento della morte. Per iniziare la procedura per l’interdizione o per l’inabilitazione, si rivolge una richiesta al Giudice del Tribunale competente per territorio il quale, esaminati gli atti, la documentazione medica e, fatti i dovuti accertamenti, potrà pronunciare l’interdizione (art. 414 c.c.) o l’inabilitazione (art. 415 c.c.).


Nell’interdizione il giudice nomina un tutore che opera in nome e per conto del malato, compiendo tutti gli atti che il soggetto incapace avrebbe potuto compiere, esclusi quelli personalissimi, come il testamento e il matrimonio. Il tutore compie gli atti in modo autonomo; deve chiedere l’autorizzazione al tribunale quando l’atto è di straordinaria amministrazione (es. la vendita di un immobile; altro esempio: se una persona incapace di intendere e di volere subisce un incidente stradale, non potrà attenere il risarcimento senza l’intervento di un tutore). Quando fare la tutela? L’interdizione si fa normalmente quando è proprio necessaria. In modo particolare nella patologia di Alzheimer bisogna ricorrevi quando si devono tutelare interessi di una certa entità prima che il soggetto diventi incapace di intendere e di volere.


Nell’inabilitazione il malato continua a svolgere tutti gli atti d’ordinaria amministrazione, mentre il giudice nomina un curatore che assiste il soggetto per gli atti di straordinaria amministrazione. Sono atti d’ordinaria amministrazione quelli di gestione del patrimonio. Sono atti di straordinaria amministrazione quelli che dispongono del proprio patrimonio. Ad esempio: la persona inabilitata, se è proprietaria di un appartamento concesso in affitto, può riscuotere il canone, concludere un nuovo contratto di locazione, vale a dire atti d’ordinaria amministrazione, relativi alla gestione dell’immobile. Se la persona avesse l’intenzione di vendere l’appartamento, pur disponendo dell’immobile, deve essere affiancata dal curatore perché l’atto diventa di straordinaria amministrazione.


Per legge le persone che possono chiedere l’interdizione (e che in ogni caso devono essere informate di tale richiesta) sono:

  • il coniuge i parenti entro il V° grado (genitori, figli, fratelli, nipoti, zii, primi cugini) e gli affini entro il II° grado (suoceri, cognati, generi, nuore),
  • il curatore (se già nominato),
  • il pubblico ministero (cui sarà fatta la segnalazione).


A questo punto occorre fare due considerazioni:

  • La procedura d’interdizione si svolge come una normale causa, per questo è richiesta l’assistenza legale. L’interdicendo ha diritto di difendersi (i costi saranno, quindi, di una certa rilevanza).
  • L’interdizione è pubblica: il provvedimento è registrato in tribunale, è consultabile da chiunque ed è annotato a margine dell’atto di nascita. Ne consegue che l’interdetto subisce una vera e propria “schedatura”.


Spesso le famiglie si domandano se ci siano soluzioni alternative. Nella fase iniziale della malattia, quando si presentano i primi problemi, può essere utile la co-intestazione del c/c bancario in modo che il familiare che cura possa disporre del denaro per l’assistenza. Prima che la malattia diventi molto grave è bene che il malato conferisca ad una persona di fiducia la “Procura Generale”.


La procura generale è un atto pubblico che si compie davanti ad un notaio, nel quale è bene specificare in modo dettagliato, tutti i poteri delegabili, compresi quelli di straordinaria amministrazione. Il conferimento della procura generale non impedisce al malato di agire in proprio, quindi esiste il rischio che possa compiere atti pregiudizievoli economicamente per sé e per la propria famiglia. Con l’interdizione, invece, non esiste alcun rischio perché il suo effetto è di annullabilità di qualsiasi atto compiuto dall’interdetto.


Con la legge entrata in vigore il 19 Marzo 2004 si è voluta una riforma del c.c. che ha introdotto una nuova figura: l’Amministratore di Sostegno, che ha il compito di tutelare le persone prive in tutto o in parte di autonomia nelle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo.

 

Fonte: Vademecum 2010 Associazione Alzheimer Riese, a cura di Dr.ssa Daniela Bobbo, Dr.ssa Elena Mascalzoni

La responsabilità civile e penale

In sede penale il soggetto incapace di intendere e di volere, se commette dei reati, non è imputabile. Il malato d’Alzheimer, a un certo stadio della patologia, diventa incapace di intendere e di volere e non sarà quindi imputabile. Spetterà al giudice, se si dovesse giungere a un processo penale, accertare che al momento del fatto la persona non aveva la capacità di intendere e di volere.


In sede civile il risarcimento di danni o l’inefficacia di atti e contratti è molto più complesso e articolato. Se il malato d’Alzheimer, incapace naturale, commette un fatto che lo obbligherebbe a risarcire il danno (esempio: il malato si trova sul balcone, lascia cadere un vaso che aveva in mano, procurando lesioni a un passante), il codice civile prevede che il risarcimento è a carico di chi era tenuto alla sorveglianza dell’incapace. Chi assiste, deve dimostrare di aver svolto il suo compito di sorveglianza con la massima diligenza e di non aver potuto impedire il fatto. È molto più difficile rendere nulli, invece, atti o contratti compiuti da persona incapace naturale. Non è facile dimostrare che, quando si è verificato l’evento, la persona era incapace. Inoltre l’incapacità è considerata in modo diverso secondo la natura dell’atto stesso: patrimoniale o non patrimoniale.


In conclusione: se da un lato è consigliabile per il decoro della persona e dei suoi familiari, non ricorrere all’interdizione, è prudente suggerire di ricorrervi, quando gli interessi da salvaguardare sono di una certa entità.

 

Fonte: Vademecum 2010 Associazione Alzheimer Riese, a cura di Dr.ssa Daniela Bobbo, Dr.ssa Elena Mascalzoni

La legge 104 / 1992

La legge 104, approvata nel 1992, tratta l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone con disabilità psico-fisiche. Il malato di Alzheimer, possedendo queste disabilità, usufruisce di questa legge, specialmente negli articoli che vanno dal 7 all'11, che trattano l'assistenza socio-sanitaria dell'infermo.


Negli articoli sopra citati il disagio del malato viene "attutito" dalla presenza costante di volontari o da uno staff medico che prenda in cura il malato per un’eventuale riabilitazione. Oltre agli interventi di tipo puramente medico l'articolo 8 tratta anche l'impegno da parte di operatori sociali (le categorie di quest'ultimi sono trattate nell'art. 9 comma 3) a svolgere attività con i diversamente abili che implichino il contatto sociale (dall'andare a prendere la pensione all'andare a mangiare un gelato).


In questa legge si affida quasi totalmente la gestione dei malati alle associazioni e agli enti territoriali. Lo Stato però, nel caso il malato debba affrontare un viaggio all'estero per motivi di tipo medico, s’impegnerà ad aiutare il malato nell'alloggio, nel caso la clinica non preveda il ricovero post o pre-operatorio. Testo integrale della legge qui.

 

Fonte: Vademecum 2010 Associazione Alzheimer Riese, a cura di Dr.ssa Daniela Bobbo, Dr.ssa Elena Mascalzoni

 

 

Come valuta la demenza l'INPS e chi paga la retta dei ricoveri per Alzheimer?

Linee di indirizzo INPS per la valutazione medico legale delle demenze
Gratis i ricoveri per Alzheimer, tutto è a carico del Servizio sanitario nazionale

La decisione è della Corte di Cassazione, che con una sua sentenza dei giorni scorsi ha rigettato il ricorso di un comune veneto che forniva assistenza a pagamento e che chiedeva il versamento di una retta considerevole alla famiglia. Una vicenda che si trascinava da ben vent'anni e che ora è arrivata alla parola finale: secondo i giudici per questo tipo di patologia assistenza e cura non si possono scindere e tutto è a carico del Ssn

ROMA - I familiari dei malati di Alzheimer non devono versare alcuna retta ai Comuni per il ricovero dei loro cari in strutture per lungodegenti, in quanto si tratta di importi a totale carico del Servizio sanitario nazionale: questo perché il tipo di patologia non consente di fare distinzione tra spese per la cura e spese per l'assistenza. La sottolineatura arriva dalla Cassazione nella sentenza 4558: la sentenza ha respinto il ricorso di un Comune veneto che forniva assistenza a pagamento.

Con questo verdetto, i supremi giudici hanno dato ragione al marito e ai figli di una donna, ricoverata nel 1992 nella casa di cura 'Costante Gris' di Mogliano Veneto perché, per effetto dell'Alzheimer, non era autosufficiente e aveva bisogno di assistenza continua per tutto, anche per deglutire. Il Comune trevigiano di Carbonera, dove la famiglia risiedeva, aveva preteso una retta di quasi 2 milioni e mezzo al mese di vecchie lire solo per pagare l'assistenza, oltre ai costi del ricovero sanitario vero e proprio. Il Comune sosteneva che si sarebbe dovuto fare carico di tali spese solo se la malata fosse stata "indigente", ma non era questo il caso dato che i congiunti avevano un loro reddito e, dunque, secondo il Comune dovevano pagare.

In primo grado il Tribunale di Treviso aveva dato ragione all'ente locale, e aveva condannato i familiari a pagare la retta e quasi 50 milioni di lire per l'assistenza. Invece, la Corte di Appello di Venezia, nel 2005, annulla la condanna alle spese. Ora anche la Cassazione si schiera con le famiglie dei malati di Alzheimer e afferma che quando ci sono condizioni di salute che richiedono una "stretta correlazione" tra "prestazioni sanitarie e assistenziali, tale da determinare la totale competenza del Sevizio sanitario nazionale", non "vi è luogo per una determinazione di quote nel senso invocato dal Comune di Carbonera".

Una simile distinzione tra gli aspetti della cura e quelli dell'assistenza, spiega la Suprema Corte, "presuppone una scindibilità elle prestazioni" che non ricorre nell'ipotesi dei malati di Alzheimer, che hanno bisogno di una "stretta correlazione" di prestazioni sanitarie e assistenziali, con "netta prevalenza degli aspetti di natura sanitaria". E poco hanno potuto ottenere i legali assunti dal Comune per l'udienza in Cassazione - tra i quali l'avvocato Luigi Manzi, uno dei maggiori civilisti - i quali hanno fatto presente che la giunta comunale si era adeguata alla Regione che suddivide il budget in quote giornaliere di spesa sanitaria rimborsabile, ad esclusione dei costi di assistenza. Per la Cassazione, in fatto di sanità, la legge che più conta «è il nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana".

 

Fonte: Superabile Inail del 29 marzo 2012

 

... e nuova ordinanza della Corte di Cassazione che riconferma il diritto

Malato di Alzheimer: la casa di cura la paga lo Stato?

Chi si fa carico delle spese per un malato di Alzheimer ricoverato in una casa di riposo? Scopriamo se lo Stato copre i costi e quali sono le condizioni per beneficiare di tale assistenza.

 

Quando un familiare viene colpito dalla malattia di Alzheimer, spesso ci si trova di fronte a numerose sfide, tra cui la necessità di garantire una cura adeguata e una assistenza qualificata. In questa situazione, una delle domande più comuni riguarda il pagamento delle spese per la permanenza in una casa di cura. È possibile che lo Stato – tramite il Servizio Sanitario Nazionale – si faccia carico di tali costi? In questo articolo, esploreremo le regole e le condizioni in base alle quali lo Stato può sostenere le spese di un malato di Alzheimer in una casa di riposo. Lo faremo alla luce di una recente ordinanza della Cassazione [1] che spiega come muoversi in ipotesi del genere.

 

Chi paga le spese per la casa di cura per il malato di Alzheimer?

Di norma, quando un malato di Alzheimer viene ricoverato in una casa di cura, le prestazioni della struttura sono così suddivise: c’è una componente sanitaria che viene posta a carico del servizio sanitario nazionale (SSN) e c’è una componente alberghiero-assistenziale che invece finisce a carico del paziente e dei suoi familiari.

 

Quando lo Stato paga per il ricovero di un malato di Alzheimer in una casa di riposo?

La regola che abbiamo appena enunciato conosce però un’eccezione. Secondo la Cassazione, le spese del ricovero nella RSA sono integralmente a carico dello Stato quando la terapia e l’assistenza sono strettamente interconnesse. Se è necessario un piano terapeutico personalizzato per evitare che la malattia degeneri, mettendo a rischio la salute del paziente e di terzi, allora le prestazioni erogate dalla struttura (sia la componente sanitaria che quella alberghiero-assistenziale) non possono essere separate.

Poniamo il caso di Maria, affetta da Alzheimer in uno stadio avanzato. Il medico curante stabilisce che un piano terapeutico personalizzato, che prevede una costante assistenza e una sorveglianza medica, è indispensabile per la sua salute e sicurezza. In questa situazione, lo Stato potrebbe farsi carico delle spese per il ricovero di Maria in una casa di riposo.

Non rileva, dunque, che fosse stato concordato o comunque previsto, per quel singolo paziente, un piano terapeutico personalizzato e neppure rileva la corretta attuazione di detto piano in conformità con gli impegni assunti verso il paziente o i familiari al momento del ricovero. Rileva invece che quel piano terapeutico personalizzato fosse dovuto, e che quindi sussistesse la necessità, per il paziente, in relazione alla patologia della quale risultava affetto (morbo di Alzheimer), dello stato di evoluzione al momento del ricovero e della prevedibile evoluzione successiva della suddetta malattia, di un trattamento sanitario strettamente e inscindibilmente correlato con l’aspetto assistenziale perché volto, attraverso le cure, a rallentare l’evoluzione della malattia e a contenere la sua degenerazione, per gli stati più avanzati, in comportamenti autolesionistici o potenzialmente dannosi per i terzi.

 

Cosa succede se le prestazioni sanitarie e alberghiero-assistenziali possono essere separate?

Se, sulla base della storia sanitaria personale dell’ospite, le prestazioni sanitarie e alberghiero-assistenziali possono essere distinte, allora parte della retta può essere a carico del paziente. Ciò significa che il servizio sanitario nazionale non coprirà interamente i costi del ricovero, ma solo la parte riconducibile al piano terapeutico personalizzato.

Supponiamo che Giulio, affetto da Alzheimer in uno stadio iniziale, richieda solo un’assistenza generale e non necessiti di un piano terapeutico personalizzato. In questa situazione, la famiglia di Giulio potrebbe essere responsabile del pagamento di una quota della retta della casa di riposo.

 

Cosa dice la giurisprudenza?

La giurisprudenza si è spesso spesa in favore delle famiglie dei malati, ritenendo che le spese per le cure debbano essere integralmente sostenute dallo Stato. Lo ha detto, più volte, la Cassazione [2], ma anche i tribunali di merito come quelli di Verona [3] e di Milano [4]. Di tanto abbiamo già parlato in Alzheimer: il Ssn deve pagare ricovero e cure. Secondo la Suprema Corte, le rette di ricovero presso enti pubblici o case di cura convenzionate non devono essere sostenute dal paziente o dai suoi parenti, trattandosi di spese che devono essere poste a carico esclusivo del Servizio Sanitario Nazionale. 

 

 

 


Fonte: Angelo Greco in La Legge per Tutti

Riferimenti:

  1. Cass. ord. n. 13714/2023.
  2. Cass. Civ. sent. n. 4558 del 23.03.2012.
  3. Trib. Verona sent. n. 689 del 21.03.2016.
  4. Trib. Milano sent. n. 7020 del 5.06.2015.

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