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Eugenia Zukerman

Ce l'ho. La 'malattia'. Il morbo di Alzheimer. Convivo con esso da quasi quattro anni. Non è divertente. Beh, suppongo che questo non sia sempre vero. In realtà è un po' divertente a volte, se puoi crederci. E la cosa divertente è ciò verso cui ho sempre gravitato, come la musica e la scrittura, in particolare la poesia, su cui faccio affidamento ora più che mai. Ecco come la poesia mi ha aiutato in questa situazione demoniaca e l'ha resa un po' più sopportabile nel tempo.


Primo, sono una musicista. La maggior parte di noi musicisti ha un senso dell'umorismo perverso e distorto. Viene dal lavoro. Camminiamo sul filo del rasoio e non abbiamo paura di cadere, e cadiamo, di tanto in tanto. Quindi ci rialziamo, ci puliamo e riproviamo.


Ma se, in aggiunta, sei sfortunato e contrai una malattia mortale, hai due scelte: o sentirti molto dispiaciuto per te stesso o combattere il demone. E per me, il demone non è solo la malattia, ma l'autocommiserazione che l'accompagna.


Che sia tristezza o gioia, quando metto nero su bianco finisco inevitabilmente per scrivere con un certo grado di soddisfazione. Ovviamente ci sono vari gradi di soddisfazione. Quando mi sento triste, non cerco di distorcere il grado.


Quando sono felice, generalmente non divento pazzamente felice. Cerco di essere fedele a me stessa, ai miei sentimenti e alla profondità di quei sentimenti ... che siano gioiosi o tristi, sciocchi o profondi. Per qualche ragione, la rima sembra essere il mio mezzo per esprimermi. Forse è un'estensione del fare musica, o forse una combinazione delle due.


Cosa mi ispira a voler scrivere qualcosa? A volte è solo uno stato d'animo. Uno felice. A volte triste. A volte è solo qualcosa che ho visto che merita ulteriori indagini.


Penso che la mia area di ispirazione più fertile sia nella natura. Non è che non trovo le persone infinitamente interessanti, è solo che gli esseri umani sono prevedibili e spesso deludenti, me compresa.


Mi piace passeggiare nei boschi, da sola, ascoltare le foglie volteggiare, il cinguettio degli uccelli. È autunno mentre scrivo questo articolo, ed è l'autunno più glorioso e bello che abbia mai vissuto. Forse perché questo è il modo in cui la natura ci regala momenti di bellezza e gioia così necessari in un momento di terrore. Il demoniaco COVID perseguita il nostro mondo e deve ancora essere irradiato.


Per me, l'escursionismo, di solito da sola, mi dà una sensazione di gioia vigile. Vigile perché ci sono creature con cui condivido i sentieri, animali che potrebbero non accogliere le mie passeggiate solitarie. Ho un bastone da passeggio e tengo un fischietto in tasca, e ho visto creature predatrici, ma nessuna da vicino e di persona. Nel corso degli anni ho imparato a tenere le orecchie aperte come gli occhi e l'ascolto è una parte importante del piacere.


Lascia che ti porti con me in una radiosa mattina d'autunno. Per prima cosa cammineremo sulla strada dove il traffico è sporadico, ma dobbiamo tenere le orecchie aperte. La maggior parte degli automobilisti saluta piacevolmente. Poi c'è la svolta a destra alla base di una ripida collina, ed è da lì che inizio la salita. Poche auto usano questa collina e ci sono escursionisti prudenti, ma ci sono alcuni idioti che amano suonare il clacson.


Superata la cresta di questa ripida collina, c'è un panorama da togliere il fiato, soprattutto in questo periodo dell'anno. C'è una piacevole brezza che mi rinfresca, ed è tempo di fermarmi a guardare gli alberi e ascoltare gli uccelli e altri animali.


Quando torno a casa, spesso ho voglia di scrivere di cose che ho visto. E sedermi alla scrivania con una tazza di caffè mi fa andare avanti. Il più delle volte, le mie escursioni appaiono nei miei scritti, e il più delle volte mi trovo di umore eccitato, desiderosa di scrivere.


A volte mi siedo con tutte le immagini e i suoni che ho sentito nella mia testa durante una passeggiata nei boschi e ne scriverò, trasformando la mia escursione in una storia a cui probabilmente tornerò ad un certo punto. Non scrivo per piacere o perché sia pubblicato. Scrivo per sentirmi libera.


Vivere con una condanna a morte è difficile solo quando una persona ben intenzionata con uno sguardo corrucciato dice qualcosa per ricordarmi che sto vivendo in un tempo prestato.

"Come te la passi?", mi viene chiesto spesso.

"Molto bene!", di solito rispondo. "E tu come stai?"

Mi è stato anche chiesto: "In che modo scrivere poesie ti ha aiutato nella tua battaglia?"


Apprezzo la domanda ma metto in dubbio la risposta. Scrivere poesie è diverso per chiunque lo provi, e ciò che uno scrittore considera poesia è la bella prosa di un altro scrittore.


Alla domanda su come scrivere poesie abbia aiutato la mia battaglia contro l'Alzheimer, la mia risposta è semplice: ho sempre scritto poesie, da bambina, durante la pubertà, l'età adulta e ora da settantenne.


Ho sempre considerato scrivere poesie una necessità, qualcosa che in qualche modo mi è venuta fuori, che lo volessi o no, e ora che ho meno tempo per abitare questo pianeta, ma più tempo per riflettere sulla mia esistenza, sento una sorta di libertà di scrivere quello che voglio, quando voglio e perché scrivo.


Non ho raccolto accuratamente le mie poesie. Ne ho pubblicate alcune, ma non è stato qualcosa che volevo o avevo bisogno in modo spasmodico. E forse è per questo che ho apprezzato che mi chiedessero di spiegare perché scrivere poesie mi ha aiutato nella mia battaglia contro l'Alzheimer.


Può sembrare strano, ma è vero: non vedo la mia malattia come una battaglia contro niente e nessuno. Accetto di essere stata stranamente, casualmente, sfortunatamente, perversamente, toccata sulla spalla dal 'pezzo grosso' del cielo. Verrà il mio turno ...


Non so quando e non chiedo perché, perché sarebbe controproducente. Voglio mantenermi attiva, positiva, curiosa, felice, amante del divertimento e, soprattutto, prendermi cura degli altri, dando in tutti i modi buoni, cioè senza agenda, senza bisogno di favori, ma con un occhio a sfruttare al meglio ogni giorno. La poesia mi ha aiutato ogni giorno in questo e in ogni altro modo.

 

 

 


Fonte: Eugenia Zukerman in Psychology Today (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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