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Quando si parla di invecchiamento, sappiamo che esso non è un processo uniforme e uguale per tutti. Infatti chi di noi non ha incontrato persone che rimangono attive e indipendenti anche in età molto avanzata (80-85 anni e oltre), mentre altre sperimentano un rapido declino della loro salute. Tra gli individui che formano il primo gruppo, c'è un sottogruppo di persone che hanno più di 80 anni, chiamati 'super-anziani' (o superagers)

colorful ball lollipopsImage by pikisuperstar on Freepik

In generale, consideriamo 'super-anziano' un individuo che abbia più di 80 anni e che nel 'Test di richiamo delle 15 parole' ne ricordi almeno 9, che è il punteggio tipico per una persona di 65 anni. Per contestualizzare questo concetto, basta considerare che un punteggio tipico per una persona di 80-85 anni è di circa 5 parole su un totale di 15 ed è considerato normale per quell'età.


Quindi, le domande sono:

  • Quali sono le ragioni, o i meccanismi, responsabili del diventare un 'super-anziano'?
  • È possibile ritardare o prevenire completamente il declino cognitivo legato all'età?


Studi recenti ci hanno fornito spunti molto interessanti per rispondere a queste domande. In sintesi, sebbene abbiano scoperto che i super-anziani sono un gruppo eterogeneo, c'è un fattore che li unisce. È il modo in cui percepiscono l'importanza delle relazioni sociali e come vivono e gestiscono le relazioni sociali. Detto semplicemente: per restare 'giovani' il nostro cervello deve avere degli amici. Le relazioni sociali sono fondamentali. Esse sono probabilmente uno dei migliori alimenti di cui possiamo nutrire il nostro cervello!

 

L'importanza critica delle connessioni

Noi umani siamo intrinsecamente esseri sociali. Il cervello umano è predisposto a prosperare grazie alle interazioni sociali. Studi hanno dimostrato come l'isolamento sociale sia un fattore di rischio per il declino cognitivo e la demenza. La solitudine e l'isolamento sociale a lungo termine possono avere un impatto reale sulla salute del cervello. Secondo alcune ricerche recenti, la solitudine è in aumento anche negli Stati Uniti, con una media di 1 adulto su 3 di età pari o superiore a 50 anni che dichiara di soffrire regolarmente di questa condizione.

 

Impegno sociale e salute del cervello

L'impegno sociale è un forte stimolatore cognitivo. Quando ci impegniamo in attività sociali, siamo tipicamente portati a svolgere e a essere coinvolti in diversi compiti, che possono includere la risoluzione di problemi, il ragionamento, il dialogo e la conversazione, ecc. È noto che tutte queste attività stimolano diverse regioni cerebrali, circuiti neuronali, che in ultima analisi promuovono l'acutezza cognitiva, la resilienza e la flessibilità.

 

Impegno sociale e benessere emotivo

Un altro aspetto importante dell'impegno sociale è che si traduce in una maggiore produzione di sostanze chimiche importanti nel nostro cervello, come la dopamina e l'ossitocina. Queste sostanze chimiche sono chiamate neurotrasmettitori perché 'trasmettono' un messaggio ad altre parti del cervello. È importante sottolineare che si tratta di messaggi 'positivi', poiché riducono lo stress e migliorano l'umore. Entrambi contribuiscono a migliorare la salute del cervello e persino a proteggere dalle malattie neurodegenerative.

 

Impegno sociale e struttura cerebrale

Studi dimostrano che la solitudine è associata a una struttura cerebrale anomala sia nella materia bianca che in quella grigia, insieme a un'attività cerebrale anomala in diverse regioni, tra cui la corteccia prefrontale e l'ippocampo, due regioni coinvolte nella regolazione emotiva e nella memoria. Al contrario, studi simili condotti su individui regolarmente impegnati socialmente risultano protetti dai cambiamenti in queste regioni cerebrali.

 

Impegno sociale e riserva cognitiva

Un altro aspetto importante dei benefici dell'impegno sociale è l'effetto sulla cognizione. Infatti, studi hanno dimostrato che l'impegno sociale favorisce la riserva cognitiva, ovvero la capacità del cervello di mantenere una normale funzione cognitiva nonostante cambiamenti, danni o declino legati all'età.

 

***********

In sintesi, l'impatto della socializzazione sulla salute cerebrale è profondo, poiché sembra essere alla base dell'essere un 'super-anziano', un individuo che sfida le regole 'standard' della biologia dell'invecchiamento. L'effetto della socializzazione sulla salute cerebrale è multiforme anche da un punto di vista biologico, andando dall'aumento dei neurotrasmettitori endogeni all'incremento dei circuiti e dell'attività neuronale.


È importante sottolineare che, quando coltiviamo forti legami sociali con gli altri e promuoviamo un ambiente che favorisce maggiori interazioni e un maggiore senso di comunità, raggiungiamo due obiettivi principali: migliorare le nostre capacità cognitive e, allo stesso tempo, rafforzare la resilienza del cervello contro il declino cognitivo legato all'età e gli insulti neurodegenerativi che altrimenti potrebbero sfociare in malattie come l'Alzheimer e altre forme di demenza.

 

 

 


Fonte: Domenico Praticò in Pratico Lab

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