Ricerche
Il modo in cui il cervello elabora le parole può essere marcatore precoce di demenza
Immagine: NeuroscienceNews.com
La demenza iniziale è in genere associata a problemi di memoria e di pensiero; ma gli anziani dovrebbero anche essere vigili riguardo i problemi di udito e di comunicazione, secondo le recenti scoperte di uno studio congiunto tra Baycrest e Università di Memphis.
Tra gli anziani che, su un test per individuare la demenza, hanno ottenuto punteggi inferiori a quelli normali di riferimento, ma che non avevano problemi notabili di comunicazione, gli scienziati hanno scoperto un nuovo predittore potenziale di demenza precoce nelle anormalità di funzionamento nelle aree del cervello che elaborano il discorso (il tronco cerebrale e la corteccia uditiva).
Queste aree sono ritenute più resistenti all'Alzheimer e tuttavia questa ricerca dimostra che, quando il cervello converte il suono del parlato in parole comprensibili, avvengono inizialmente dei cambiamenti. La scoperta potrebbe essere il primo segno di declino della funzione del cervello collegata alla comunicazione, che insorge prima che le persone diventino consapevoli di questi problemi.
La tecnica di ricerca di questo studio, per misurare l'attività elettrica cerebrale via elettroencefalogramma (EEG) in queste regioni del cervello, ha anche previsto con l'80% di precisione il deterioramento cognitivo lieve (MCI), una condizione che rischia di trasformarsi in Alzheimer. Questo test potrebbe diventare una valutazione diagnostica economica e obiettiva per gli anziani.
Lo studio, pubblicato online sul Journal of Neuroscience, ha esaminato anziani con acuità uditiva simile, senza storia nota di malattie neurologiche o psichiatriche.
L'attività del cervello all'interno del tronco cerebrale di questi anziani ha dimostrato una elaborazione anormalmente grande del suono vocale, da 7 a 10 millisecondi dopo che il segnale è arrivato all'orecchio, un segno possibile di problemi maggiori di comunicazione in futuro.
"Questo apre una nuova porta per identificare marcatori biologici per la demenza, in quanto si potrebbe considerare l'utilizzo dell'elaborazione del suono del parlato da parte del cervello come modo nuovo di diagnosticare prima la malattia", dice il Dott Claude Alain, autore dello studio e ricercatore senior al Rotman Research Institute del Baycrest e professore nel dipartimento di psicologia dell'Università di Toronto. "Perdere la capacità di comunicare è devastante e questa scoperta potrebbe portare allo sviluppo di trattamenti o interventi mirati per mantenere questa capacità e rallentare la progressione della malattia".
Lo studio ha coinvolto 23 anziani da 52 a 86 anni di età. I partecipanti sono stati divisi in due gruppi, in base ai risultati del test di demenza Montreal Cognitive Assessment (MoCA). I ricercatori hanno misurato l'attività nel tronco cerebrale mentre i partecipanti guardavano un video e l'attività cerebrale nella corteccia uditiva mentre i partecipanti identificavano suoni vocali e infine hanno combinato le due serie con metodi statistici per prevedere l'MCI.
"Quando sentiamo un suono, il cervello che invecchia normalmente lo tiene sotto controllo durante l'elaborazione, ma quelli con MCI perdono questa inibizione, e, come il crollo di una diga, la loro risposta neurale agli stessi suoni diventa eccessiva", dice il Dott Gavin Bidelman, primo autore dello studio e assistente professore all'Università di Memphis. "Questo biomarcatore funzionale potrebbe aiutare ad identificare le persone che devono essere controllate più da vicino per il rischio di sviluppare una demenza".
I passi successivi comportano studiare se anche gli individui che hanno già una demenza, o sono passati presto dall'MCI alla demenza, dimostrano questi stessi cambiamenti nell'attività cerebrale quando sentono parlare.
Fonte: Baycrest Centre for Geriatric Care (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Gavin M. Bidelman, Jill E. Lowther, Sunghee H. Tak and Claude Alain. Mild cognitive impairment is characterized by deficient brainstem and cortical representations of speech. Journal of Neuroscience 7 March 2017, 3700-16; DOI: https://doi.org/10.1523/JNEUROSCI.3700-16.2017
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