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Individuato il gene della Tau corresponsabile dell'insorgenza dell'Alzheimer

Individuato il gene della Tau corresponsabile dell'insorgenza dell'AlzheimerUn team internazionale di scienziati, guidati da ricercatori della University of California di San Diego, ha appurato che il gene della proteina tau associata ai microtubuli (MAPT) aumenta il rischio di sviluppare l'Alzheimer (AD).


Il gene MAPT (Microtubule-Associated Protein Tau) codifica la proteina tau, che è coinvolta in diverse malattie neurodegenerative, compreso il Parkinson (PD) e l'AD.


Questi risultati forniscono una visione innovativa sulla neurodegenerazione di Alzheimer, aprendo forse la porta ad una migliore diagnosi clinica e trattamento. La ricerca è pubblicata online dal 18 febbraio su Molecular Psychiatry.


L'Alzheimer, che colpisce circa 5 milioni di americani, è di solito caratterizzata da un progressivo declino delle capacità cognitive, come la memoria e il linguaggio, e da cambiamenti comportamentali. Mentre alcuni studi recenti di associazione dell'intero genoma di AD (che cercano piccole variazioni nell'intero genoma umano) hanno suggerito che il MAPT è associato all'aumento del rischio di AD, altri studi non hanno trovato alcuna associazione. Al contrario, un certo numero di studi hanno trovato una forte associazione tra MAPT e altre patologie neurodegenerative, come il PD.


"Anche se una mole enorme di lavoro dimostra il coinvolgimento della proteina tau nell'Alzheimer, il ruolo del gene MAPT associato alla tau non è ancora chiaro", ha detto Rahul S. Desikan, MD, PhD, ricercatore e residente di radiologia alla UC San Diego e primo autore dello studio.


Nella nuova ricerca pubblicata su Molecular Psychiatry, condotta con i collaboratori di tutto il paese e del mondo, Desikan e colleghi hanno ristretto la loro ricerca. Piuttosto che guardare a tutti i possibili loci (sedi di geni specifici), gli autori si sono concentrati solo sui loci associati al PD e hanno valutato se questi loci sono associati anche all'AD, aumentando così la loro potenza statistica per la scoperta di geni di AD.


Con questo approccio, hanno scoperto che i portatori dell'allele MAPT deleterio (una forma alternativa del gene) hanno un rischio più alto di sviluppare l'AD e più probabilità di avere una maggiore atrofia cerebrale rispetto ai non portatori.


"Questo studio dimostra che i depositi di tau nel cervello di soggetti con Alzheimer non sono solo una conseguenza della malattia, ma in realtà contribuiscono allo sviluppo e alla progressione della malattia", ha detto Gerard Schellenberg, PhD, professore di patologia e medicina di laboratorio all'Università della Pennsylvania, ricercatore principale dell'Alzheimer’s Disease Genetics Consortium e co-autore dello studio.


"Un aspetto importante è stata la natura collaborativa di questo lavoro. Grazie ai collaboratori del Consorzio, del Parkinson's Disease Genetics Consortium International, del Genetic and Environmental Risk in Alzheimer’s Disease, della Cohorts for Heart and Aging Research in Genomic Epidemiology, del deCODE Genetics e della coorte DemGene, abbiamo avuto accesso a un gran numero di set di dati genetici di Alzheimer e di Parkinson che potremmo usare per identificare e replicare la nostra scoperta sul MAPT", ha dichiarato Ole A. Andreassen, MD, PhD, professore di psichiatria biologica all'Università di Oslo e co-autore senior.


Sudha Seshadri, MD, professore di neurologia alla Boston University, il ricercatore principale del Gruppo di Lavoro di Neurologia all'interno del consorzio Cohorts for Heart and Aging Research in Genomic Epidemiology, e co-autore dello studio, ha aggiunto: "Anche se sappiamo dal tempo di Alois Alzheimer che sia le placche (con amiloide) che i grovigli di tau sono caratteristiche chiave della patologia di Alzheimer, i tentativi di prevenire o rallentare la progressione della malattia clinica si sono concentrati sulla via amiloide. Fino a quest'anno nessuno aveva dimostrato in modo convincente che il gene MAPT (tau) modificasse il rischio di AD e questo, combinato con la maggiore facilità di vedere l'amiloide in vita, ha portato alcuni ricercatori a ipotizzare che i cambiamenti della tau fossero secondari rispetto ai cambiamenti amiloidi. La recente associazione tra variante genetica nel gene MAPT e rischio di AD e la disponibilità emergente delle scansioni tau ci stanno ora portando a riconoscere che forse i cambiamenti della tau sono fondamentali nel percorso fisiopatologico dell'AD e questo percorso deve essere mirato con più intensità".


Questi risultati sottolineano l'importanza di utilizzare un approccio multi-modale e multi-disciplinare per valutare la neurodegenerazione di Alzheimer. "Questi risultati suggeriscono che la combinazione tra misure genetiche, molecolari e di neuroimaging può essere utile anche per rilevare e quantificare gli effetti biochimici degli interventi terapeutici", ha detto Anders M. Dale, PhD, professore di neuroscienze e di radiologia e direttore del Center for Translational Imaging and Precision Medicine alla UC San Diego e autore senior dello studio.

 

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La (lunga) lista dei collaboratori è nel documento di ricerca pubblicato. Il finanziamento è venuto, in parte, dal National Institutes of Health, dal Consiglio norvegese della ricerca, dall'Autorità Sanitaria del Sud Est della Norvegia, dalla Norwegian Health Association e dalla KG Jebsen Foundation.

 

 

 

 

 


Fonte: University of California, San Diego (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti:  R S Desikan, A J Schork, Y Wang, A Witoelar, M Sharma, L K McEvoy, D Holland, J B Brewer, C-H Chen, W K Thompson, D Harold, J Williams, M J Owen, M C O'Donovan, M A Pericak-Vance, R Mayeux, J L Haines, L A Farrer, G D Schellenberg, P Heutink, A B Singleton, A Brice, N W Wood, J Hardy, M Martinez, S H Choi, A DeStefano, M A Ikram, J C Bis, A Smith, A L Fitzpatrick, L Launer, C van Duijn, S Seshadri, I D Ulstein, D Aarsland, T Fladby, S Djurovic, B T Hyman, J Snaedal, H Stefansson, K Stefansson, T Gasser, O A Andreassen, A M Dale. Genetic overlap between Alzheimer’s disease and Parkinson’s disease at the MAPT locus. Molecular Psychiatry, 2015; DOI: 10.1038/mp.2015.6

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