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Le speranze nel mezzo dei fallimenti di farmaci di Alzheimer

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Solo poche settimane fa, lo studio di uno dei farmaci più promettenti contro l'Alzheimer (l'aducanumab) è stato interrotto perché ha dimostrato di non aver possibilità di rallentare il ​​declino cognitivo. Questa è stata una notizia devastante non solo per le 3.200 persone arruolate nell'esperimento, ma per l'intera comunità mondiale dell'Alzheimer. E' stato particolarmente devastante perché nei test precedenti l'aducanumab si era dimostrato molto promettente nel rallentare il declino cognitivo.


Il fallimento dell'aducanumab ha aumentato il crescente scetticismo riguardo l'«ipotesi amiloide» del morbo di Alzheimer (MA), che propone che l'amiloide-beta (una proteina naturale che si raggruppa in modo anomalo nel MA) sia il principale motore della cascata di alterazioni cellulari anomale che caratterizzano la malattia. Secondo l'ipotesi amiloide, il blocco degli effetti dell'amiloide-beta dovrebbe arrestare o modificare la traiettoria del processo patologico. Sfortunatamente, questo non si è dimostrato vero.


La ricerca di un farmaco per il MA è stata resa più difficile lo scorso anno dall'uscita di molte case farmaceutiche dal mercato del MA. Sono passati 15 anni dall'approvazione dell'ultimo farmaco per MA (il Namenda). Attualmente, i quattro farmaci primari usati per il trattamento del morbo possono migliorare i sintomi per alcuni individui, ma non sono in grado di alterare il processo di base della malattia.


Dato che i cambiamenti cellulari legati al MA nel cervello si sviluppano spesso 10-20 o più anni prima che sia diagnosticato, e dato che molteplici fattori aumentano il rischio di MA, molti ricercatori ritengono che la malattia potrebbe essere gestita meglio con trattamenti multicomponente, come altre condizioni croniche tipo le malattie cardiache e il diabete.


Mentre i ricercatori continuano a studiare altri bersagli potenziali per i farmaci - tra cui la tau (una proteina naturale che si aggroviglia in modo anomalo nel MA), l'infiammazione e i problemi vascolari (ad esempio diabete, pressione alta e problemi di colesterolo) - c'è stata una simultanea e forte attenzione all'impatto dei fattori dello stile di vita nella riduzione del rischio di MA.


Per anni, gli studi hanno dimostrato che l'esercizio fisico, la dieta, il sonno, l'impegno cognitivo e la gestione dello stress possono ridurre il rischio di MA. Tuttavia, fino a poco tempo fa, non c'erano grandi studi randomizzati controllati che dimostrassero una relazione causa-effetto tra fattori dello stile di vita e funzionamento cognitivo per le persone a rischio di compromissione cognitiva.


Questo è cambiato nel 2014 con il FINGER (Finnish Geriatric Intervention Study To Prevent Cognitive Impairment and Disability), uno studio di due anni randomizzato e controllato che ha esaminato l'impatto dello stile di vita e dei fattori di rischio vascolare in 1.260 persone da 60 a 77 anni. Sebbene i partecipanti avessero un funzionamento cognitivo normale, erano a rischio di declino cognitivo futuro (ad esempio, a causa della presenza di fattori di rischio cardiovascolari come ipertensione e problemi di colesterolo).


I risultati hanno dimostrato che un approccio multicomponente incentrato sulla nutrizione (una variante della dieta mediterranea), l'esercizio fisico, l'allenamento cognitivo individualizzato e le attività sociali hanno ridotto del 30% il rischio di declino cognitivo.


Uno dei risultati più promettenti è stato che il rischio ridotto di declino non era limitato dall'età, dal sesso, dalle prestazioni cognitive, dallo stato socioeconomico o persino dal livello di rischio cardiovascolare. Inoltre, quelli con un rischio genetico per il MA hanno avuto un beneficio terapeutico simile a quelli senza rischio genetico.


Il successo del FINGER Study ha contribuito allo sviluppo di un esperimento simile da parte dell'Alzheimer's Association, l'U.S. POINTER (United States Study to Protect Brain Health Through Lifestyle Intervention to Reduce Risk) e di studi simili in tutto il mondo. L'U.S. POINTER ha iniziato a iscrivere partecipanti quest'anno e continuerà fino al 2020.


Sia U.S. POINTER che FINGER fanno parte di un consorzio globale, il World Wide FINGERS (WW-FINGERS), che mira a combinare i risultati della ricerca sullo stile di vita e sul funzionamento cognitivo. Un'altro esperimento imminente, il MIND-AD, utilizzerà il protocollo FINGER in coloro a cui è già stato diagnosticato il MA lieve.


Nell'attendere i risultati di esperimenti multicomponente sullo stile di vita e possibili farmaci futuri, è incoraggiante vedere le speranze e le indicazioni fornite dalla ricerca sull'impatto positivo dell'esercizio fisico, della dieta e dell'impegno cognitivo, specialmente per quelli che hanno un rischio di deterioramento cognitivo.

 

 

 


Fonte: Michelle Braun PhD/ABPP, neuropsicologa clinica certificata da Yale e Harvard e esperta di salute del cervello.

Pubblicato su Psychology Today (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Referenze:

  • Ngandu, T., Lehtisalo, J., Solomon, A., Levalahti, E., et al. (2015). A 2 year multidomain intervention of diet, exercise, cognitive training, and vascular risk monitoring versus control to prevent cognitive decline in at-risk elderly people (FINGER): a randomised controlled trial. Lancet, 385,2255-63.
  • Rosenberg, A., Ngandu, T., Rusanen, M., Antikainen, R., et al. (2018). Multidomain lifestyle intervention benefits a large elderly population at risk for cognitive decline and dementia regardless of baseline characteristics: The FINGER trial. Alzheimer’s Dementia,14,263-270.
  • Solomon, A., Turunen, H., Ngandu, T., Peltonen, M., et al. (2018). Effect of the Apolipoprotein E Genotype on Cognitive Change During a Multidomain Lifestyle Intervention: A Subgroup Analysis of a Randomized Clinical Trial. JAMA Neurology, 75,462-470.

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