Piante e animali appartengono a regni diversi ma possono comunque influenzarsi l'uno con l'altro.
Abbiamo imparato tutti nella classe di biologia delle scuole superiori che piante e animali appartengono a regni della vita completamente diversi. Detto questo, come è possibile che le sostanze chimiche prodotte dalle piante possano influenzare la normale funzione di una specie dal regno animale?
È risaputo che il contenuto di molte piante diverse, dalla Belladonna al digitalis, alla corteccia di salice, può influenzare la salute. Molti dei nutrienti di cui abbiamo bisogno e molti dei nostri farmaci psicoattivi sono stati scoperti all'interno delle piante. I neuroscienziati nutrizionali e gli psicofarmacologi hanno studiato i meccanismi che sono alla base del modo in cui il contenuto delle piante altera la chimica del cervello e la funzione cerebrale.
Fondamentalmente, le piante contengono sostanze chimiche nutrienti, psicoattive o entrambe. Tutto ciò che gli umani consumano può influire, e spesso lo fa, sulla funzione cerebrale, in modi sottili e profondi e influenza il modo in cui pensiamo e sentiamo. Di recente ho scritto di uno studio che ha scoperto che il consumo quotidiano di estratti acquosi della pianta di forsythia potrebbe un giorno alleviare i deficit di memoria nei pazienti con Alzheimer.
Perché le piante hanno effetti così profondi su di noi? Le piante stanno cercando di controllare gli umani? In verità, le piante non hanno alcun interesse per gli umani. Da 200.000 anni, dall'origine della nostra specie, siamo e probabilmente rimarremo quasi del tutto irrilevanti per loro, nonostante il nostro ruolo nel riscaldamento globale. Come mai?
La Terra ospita più di 1 trilione di specie diverse: gli invertebrati come insetti, ragni e molluschi rappresentano l'80% di tutte quelle specie e le piante sono circa il 17%. In termini di numero di specie e biomassa totale, le piante e gli insetti sono le due specie dominanti sulla superficie del pianeta (gli organismi a cellula singola sono le specie dominanti nella crosta terrestre).
Negli ultimi 400 milioni di anni, piante e insetti hanno avuto una complicata relazione simbiotica: le piante hanno bisogno degli insetti per la propria sopravvivenza e per la propria procreazione e devono evitare di essere mangiate da loro. Il problema per le piante è che non sono mobili; non possono semplicemente scappare dagli insetti o schiacciarli con un ramo. La loro soluzione è stata quella di produrre una grande varietà di sostanze chimiche che influenzano il comportamento degli insetti per soddisfare le esigenze delle piante.
Questi prodotti chimici sono chiamati metaboliti secondari perché non hanno un ruolo primario nei processi biologici di una pianta in termini di esistenza quotidiana: sono prodotti semplicemente per le interazioni della pianta con gli insetti. Le piante non producono questi metaboliti secondari a nostro vantaggio o intrattenimento. Gli umani sono semplicemente astanti nel tiro alla fune tra piante e insetti; possiamo trarre benefici della loro battaglia o diventarne vittime.
Perché il nostro cervello risponde così profondamente ai prodotti chimici delle piante? Per scoprire la risposta, dobbiamo tornare indietro nel tempo a circa 1,3 miliardi di anni fa quando l'ultimo antenato comune di piante e animali viveva sul pianeta. Gli esseri umani e le piante condividono ancora più di 3.000 geni che sono fondamentali per la sopravvivenza che ci è stata lasciata in eredità da questa creatura. Questo messaggio genetico condiviso, a causa di una storia evolutiva condivisa, spiega perché il nostro cervello umano risponde al contenuto delle piante.
Piante, insetti e cervelli umani producono e usano sostanze chimiche che sono la base per i capitoli che seguono, che includono acetilcolina, dopamina, serotonina, acido γ-aminobutirrico, glutammato, oppiacei e prostaglandine. Il cervello umano sintetizza molte delle stesse sostanze chimiche psicoattive che esistono nelle piante, come la morfina e gli allucinogeni dimetiltriptamina e bufotenina. Tutti questi prodotti chimici esistevano già più di un miliardo di anni fa nell'ultimo antenato comune di piante, insetti e umani. Il consumo di queste antiche molecole può influenzare la nostra funzione cerebrale a causa della storia genetica condivisa.
Tutti abbiamo sperimentato le conseguenze della nostra storia evolutiva condivisa con le piante che mangiamo. Ad esempio, le banane acerbe contengono alti livelli del neurotrasmettitore serotonina. Quando mangi una banana acerba, la sua serotonina è libera di agire sui recettori della serotonina all'interno del tuo intestino. È probabile che la conseguenza sia l'aumento di attivazione dei muscoli nella parete dell'intestino, che di solito provoca diarrea.
La nostra storia condivisa con le piante sulla terra porta ad alcune previsioni interessanti per il futuro. Ad esempio, considera il seguente scenario di fantascienza: un'astronauta che visita un pianeta simile alla Terra entra in un bar per godere di una bevanda di una pianta locale fermentata. Si ubriaca o muore? No, non muore ed è improbabile che le sostanze chimiche nella bevanda influenzino il suo cervello. Il motivo è che l'astronave e la pianta su questo pianeta straniero non condividono un passato evolutivo.
Sebbene i loro aminoacidi possano essersi evoluti per la prima volta nello spazio, come si crede ora, fin da quel tempo lontano, i loro percorsi evolutivi indipendenti rendono altamente improbabile che usino molecole simili all'interno delle rispettive cellule. Pertanto, nessun astronauta, da Flash Gordon al Capitano Kirk e Luke Skywalker, dovrebbe preoccuparsi di entrare nei bar locali.
Fonte: Gary L. Wenk PhD, professore di psicologia, neuroscienza, virologia molecolare, immunologia e genetica alla Ohio State University
Pubblicato su Psychology Today (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti:
- Wenk GL, Your Brain on Food: How Chemicals Control Your Thoughts and Feelings, 3rd Ed. Oxford University Press.
- Kennedy DO, Plants and the Human Brain, 2014, Oxford University Press.
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