La possibilità di invertire gli effetti negativi cognitivi dei farmaci è di rilevante importanza per l'invecchiamento della popolazione, dei loro caregiver e delle famiglie, così come del sistema sanitario sovraccarico.
In un commento pubblicato su JAMA Internal Medicine, Noll Campbell, PharmD, e Malaz Boustani, MD, MPH, dell'Istituto Regenstrief e del Center for Aging Research dell'Indiana University, discutono la possibilità di invertire gli effetti negativi cognitivi dei farmaci prescritti di frequente agli anziani per malattie croniche come la depressione, l'ansia e l'incontinenza, e venduti al banco come aiuti per le allergie e per dormire.
Non è insolito per gli anziani prendere due, tre o più farmaci che hanno un impatto negativo sulle loro funzioni cerebrali. Negli ultimi dieci anni, i dottori Boustani e Campbell con i loro colleghi hanno condotto diversi studi che hanno scoperto delle associazioni tra l'esposizione ai farmaci anticolinergici (che bloccano l'acetilcolina, un neurotrasmettitore del sistema nervoso) e la diagnosi clinica di deterioramento cognitivo lieve o demenza. Nei pazienti con demenza si osservano da molto tempo bassi livelli di acetilcolina.
In uno studio del 2013, essi avevano riferito che i farmaci con forti effetti anticolinergici sono associati ad una diagnosi clinica di deterioramento cognitivo, se assunti continuativamente per almeno 60 giorni, in un anno. Un impatto simile è stato visto con 90 giorni di uso continuo in un anno nell'assunzione di più farmaci con effetto anticolinergico debole.
In questo articolo, pubblicato il 26 gennaio, i Drs. Campbell e Boustani auspicano ulteriori ricerche per determinare se il deficit cognitivo causato dagli effetti collaterali dei farmaci può essere invertito e per stabilire i rischi per la sicurezza derivanti dalla sospensione di questi farmaci.
Il loro commento accompagna uno studio osservazionale di 10 anni di Shelly Gray, PharmD, MS, della Università di Washington e colleghi, che segnala un rischio più alto di demenza con l'aumentare della dose e della durata di esposizione a farmaci con forti attività anticolinergica.
"Anche se lo studio della Gray suggerisce che gli effetti cognitivi avversi dei farmaci erano permanenti, ciò può rappresentare l'utilizzo della demenza come risultato - una condizione non reversibile - piuttosto che una diagnosi di deterioramento cognitivo lieve che può essere reversibile in alcuni anziani. I nostri studi precedenti hanno dimostrato piuttosto una forte associazione di questi farmaci nocivi con la diagnosi di deterioramento cognitivo lieve, che non con la demenza", ha detto il dottor Campbell.
"Abbiamo anche studiato popolazioni diverse. Lo studio della Gray era al 91 per cento su caucasici, e il 66 per cento aveva un'istruzione universitaria. Meno della metà aveva ipertensione, e solo l'8 per cento erano diabetici. I soggetti del nostro studio erano afro-americani per il 60 per cento, e quasi tutti i soggetti sono stati trattati per l'ipertensione, e 3 su 10 avevano una storia di ictus. Tassi più alti di comorbidità possono spiegare alcune delle differenze tra questi studi".
Secondo l'Alzheimer's Association, c'erano 5 milioni di persone con demenza negli Stati Uniti nel 2013, con una cifra stimata di 214 miliardi di dollari in costi di assistenza. Con la crescita della popolazione, l'associazione stima che il numero di anziani con demenza sarà di circa 16 milioni per il 2050, e il costo delle cure salirà a 1.200 miliardi di dollari.
"Anche se la comunità scientifica è attivamente impegnata nella ricerca, non esistono attualmente farmaci per prevenire l'Alzheimer e gli altri disturbi demenziali. Tuttavia, il nostro gruppo della IU e dell'Istituto Regenstrief si è concentrato sullo stop ai farmaci cognitivamente nocivi, come prevenzione sicura e conveniente dell'Alzheimer", ha detto il dottor Boustani, che dirige l'Healthy Aging Brain Center dell'Eskenazi Health Center.
Attualmente, lui ed il dottor Campbell stanno cercando finanziamenti per condurre un esperimento randomizzato e controllato per determinare la sicurezza dell'interruzione di tali farmaci e la reversibilità degli effetti cognitivi negativi.
Fonte: Indiana University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Noll L. Campbell, Malaz A. Boustani. Adverse Cognitive Effects of Medications. JAMA Internal Medicine, 2015; DOI: 10.1001/jamainternmed.2014.7667
Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.
Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare ad informarti. Clicca qui a destra: |