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Anche quando invecchiamo abbiamo bisogno di 'ciceroni'

GroES-GroEL_top.pngL'invecchiamento è il fattore di rischio più significativo ed universale per lo sviluppo di malattie neurodegenerative, come la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), l'Alzheimer, il Parkinson e l'Huntington.


Questo rischio aumenta in modo sproporzionato con l'età, ma nessuno realmente sa perché.


Ora un team di scienziati della Northwestern University, della Proteostasis Therapeutics Inc. e dell'Università di Harvard ha scoperto alcuni indizi.


Questi ricercatori sono stati i primi a rilevare che la qualità dei geni protettivi chiamati chaperoni molecolari [ciceroni, guide] diminuisce drasticamente nel cervello degli esseri umani più anziani, sani e non, e che il declino è accelerato ancora di più negli esseri umani con malattie neurodegenerative.


I chaperoni molecolari sono uno speciale insieme di geni altamente conservati che vigilano sulla cellule, mantenendole sane con l'intero organismo, per prevenire i danni alle proteine. I ricercatori hanno scoperto in particolare il declino di 100 geni, circa un terzo di tutti i geni chaperoni molecolari umani. Poi, con ulteriori studi, hanno scremato il numero fino a 28 geni umani specificamente coinvolti nella neurodegenerazione associata all'età. Questi geni cruciali possono essere la base per un biomarcatore, un indicatore precoce della malattia e un bersaglio per nuove terapie.


"Immaginiamo di avere dei biomarcatori che dicono ai medici come andiamo in termini di invecchiamento, avvertendoli di eventuali problemi molto prima della comparsa dei deficit neurologici", ha detto Richard I. Morimoto della Northwestern,  uno degli scienziati senior dello studio. "Questo sarebbe uno strumento straordinario, soprattutto considerando l'aumento della speranza di vita in molte parti del mondo".

"Diciamo che una persona ha 50 anni, ma vediamo che i suoi chaperoni molecolari sono deperiti e non stanno riparando le proteine e i danni cellulari. I chaperoni si comportano come se avessero 85 o 90 anni. Questo è un segno che è opportuno un intervento medico", ha detto.


Morimoto, professore di Biologia al Dipartimento di Bioscienze Molecolari, e direttore del Rice Institutefor Biomedical Research in Northwestern alla Northwestern, continua: "I chaperoni molecolari sono in realtà la barriera che abbiamo tra la malattia e la non malattia", ha detto Morimoto. "Se questo sistema critico si deteriora, arrivano le proteine misfolded [mal ripiegate] e ​​danneggiate, e, infine, tessuti diventano disfunzionali e morire. Se fossimo in grado di mantenere sani i chaperoni, potremmo mantenere la persona in buona salute".


Per arrivare alla sottorete di 28 geni cruciali, gli scienziati hanno combinato l'analisi genomica del tessuto cerebrale umano, sia di individui sani che di quelli con malattie neurodegenerative (Alzheimer, Parkinson e Huntington), con studi funzionali sul C. elegans, un verme trasparente. (Il verme ha un ambiente biochimico simile a quello degli esseri umani ed è uno strumento di ricerca molto usato per lo studio delle malattie umane).


"Con nostra sorpresa, i risultati degli studi su esseri umani e sul C. elegans ci hanno detto la stessa cosa: il 10 per cento dei 332 geni umani sono molto importanti per la salute delle cellule", ha detto Morimoto. "Ora siamo scesi a 28 geni. Questo ci dice su cosa ci dobbiamo concentrare realmente".


Dopo aver osservato il drammatico declino della salute dei chaperoni molecolari negli esseri umani sani e con malattie neurodegenerative, i ricercatori hanno «rimosso» sistematicamente e individualmente tutti i 219 geni chaperoni del C. elegans (su modelli di malattie neurodegenerative) per vedere l'effetto che ha la loro assenza sulla funzionalità di un animale.


Essi hanno identificato una sottorete di 16 geni chaperoni molecolari nel C. elegans che sono fondamentali per prevenire il misfolding e i danni alla cellula. Questi geni corrispondono a 28 geni «cugini» umani. Gli esseri umani codificano circa 25.000 geni, e ridurre ad un piccolo numero di geni l'esecuzione di un qualsiasi processo può aiutare gli scienziati a mettere le loro mani su ciò che è più importante.


"E' molto più facile migliorare una manciata di geni, come quelli che abbiamo identificato", ha detto Morimoto. "Il passo successivo è capire la base del declino di questi chaperoni specifici e sviluppare trattamenti che impediscono il loro declino. L'obiettivo non è far vivere le persone per sempre, ma piuttosto far corrispondere quanto più possibile la durata della salute con la durata della vita, per migliorare la qualità della vita vissuta".

 

*******
Lo studio, che sarà pubblicato nel numero del 6 novembre della rivista Cell Reports, è stato sostenuto dalla Proteostasis Therapeutics, Inc., dal National Institutes of Health, dalla Ellison Medical Foundation e dalla Daniel F. and Ada L. Rice Foundation.

Ed è stato condotto sia alla Northwestern che  alla Proteostasis Therapeutics con la collaborazione di Kai Orton, della Northwestern; Thomas Rolland e Marc Vidal, del Dana-Farber Cancer Institute e della Harvard Medical School; e Shinichiro Wachi, James H. Soper, Yitan Zhu, Adriana Villella, Dan Garza e Hui Ge, della Proteostasis Therapeutics, Inc.

Nota del redattore: Richard Morimoto è co-fondatore e membro del comitato scientifico consultivo della Proteostasis Therapeutics Inc., ma la società non ha dato alcuna sovvenzione al laboratorio di Morimoto alla Northwestern.

 

 

 

 

 


Fonte: Megan Fellman in Northwestern University  (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti:  Marc Brehme, Cindy Voisine, Thomas Rolland, Shinichiro Wachi, James H. Soper, Yitan Zhu, Kai Orton, Adriana Villella, Dan Garza, Marc Vidal, Hui Ge, Richard I. Morimoto. A Chaperome Subnetwork Safeguards Proteostasis in Aging and Neurodegenerative Disease. Cell Reports, 2014; DOI: 10.1016/j.celrep.2014.09.042

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